Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Il collaboratore di giustizia invia una lettera alla Procura. Ieri in aula il teste Di Stefano porta riscontri utili

Il sequestro di Aldo Moro e il coinvolgimento della 'Ndrangheta; il summit tra personaggi influenti nell'organizzazione calabrese e alcuni esponenti della banda della Magliana, nel 1975, presso il ristorante 'Il Fungo' di Roma; il summit di 'Ndrangheta alla presenza di Bettino Craxi e Silvio Berlusconi; la doppia affiliazione 'Ndrangheta-Cosa nostra da parte di alcuni soggetti; il presunto ruolo del figlio di Rocco Santo Filippone come trafficante di armi da guerra. Sono questi gli argomenti che il collaboratore di giustizia, Girolamo Bruzzese, affronta in una lettera inviata al procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, che rappresenta l'accusa nel processo d'appello 'Ndrangheta stragista.
Il magistrato ha chiesto alla Corte d'asside d'appello (presidente Bruno Muscolo, ndr) l'acquisizione della missiva agli atti del processo, da aggiungere a quanto il pentito ha già raccontato in aula lo scorso 13 dicembre.
“Presidente, come anticipato la volta scorsa Bruzzese Girolamo ci ha mandato una missiva, relativa anche ad altre vicende, che nella copia omissata non sono riportate, in cui precisa alcune circostanze rispetto al suo esame - ha spiegato Lombardo - I contenuti che Bruzzese inserisce in questa missiva sono di particolare rilievo per il processo, perché hanno a che fare con argomenti  già affrontati, che il Bruzzese dice di aver appreso da Teodoro Crea e da suo padre, relativamente anche a vicende di cui ha parlato oggi il dottore Di Stefano”.
Il possibile coinvolgimento della 'Ndrangheta in quei drammatici giorni del 1978 che culminarono con l’assassino del leader della Democrazia Cristiana da parte delle Brigate Rosse era già emerso in passato. Della “possibile presenza del crimine organizzato in via Fani” ha parlato l'ultima relazione della commissione parlamentare antimafia. In passato, invece, era emersa una foto d'archivio del quotidiano “Il Messaggero”, che ritrarrebbe in via Fani un soggetto molto simile al boss di San Luca Antonio Nirta, nipote del capo clan suo omonimo (morto a 96 anni nel 2015).


moro aldo img 210185

L'ex presidente della DC, Aldo Moro © Imagoeconomica


Oggi è Bruzzese a rafforzare il convincimento che la 'Ndrangheta abbia avuto un ruolo nel rapimento avvenuto il 16 marzo 1978.
“Mio padre e Teodoro Crea mi dissero che la 'Ndrangheta aveva le sue responsabilità nel rapimento del presidente Moro - ha scritto Bruzzese - Il fermo avvenuto nel 1976/1977 a Roma, presso il ristorante Il Fungo dell'Eur, dei soggetti Giuseppe Piromalli, Paolo De Stefano, Pasquale Condello, Mammoliti Saverio e l'esponente della banda della Magliana, era un preliminare atto al rapimento Moro”.
In merito al ruolo che la 'Ndrangheta avrebbe avuto nel rapimento Moro, il collaboratore Bruzzese non ha aggiunto altri particolari.
Rispetto al summit in presenza di Craxi e Berlusconi, ha rappresentato Lombardo in aula, avrebbe precisato il giorno esatto, quantomeno come giorno della settimana, in cui lo stesso sarebbe avvenuto.
Nella lettera ci sono anche i riferimenti ai rapporti tra 'Ndrangheta e Cosa nostra. Secondo il pentito “i fratelli Girolamo e Giuseppe Piromalli, il nipote Pino Piromalli detto Facciazza, Luigi Mancuso, Nino Mammoliti, Nino Pesce e Paolo De Stefano avevano la doppia affiliazione alla 'Ndrangheta e alla mafia siciliana”.
Infine ha parlato del traffico di armi, che sarebbe stato gestito da un congiunto di Filippone, e di un grosso quantitativo esplosivo, e precisamente tritolo, che sarebbe stato in possesso delle cosche Mancuso e Piromalli. “Questi ne possedevano abbastanza - ha scritto - da tirare giù mezza montagna”.
Per l'acquisizione della lettera sarà necessario il consenso delle difese che valuteranno nei prossimi giorni. Successivamente la Corte deciderà se risentire in aula il pentito alla prossima udienza quando si terrà il controesame di Michelangelo Di Stefano, commissario capo della Dia di Reggio Calabria.
Quest'ultimo ieri è stato chiamato a deporre sulle ultime note informative a riscontro proprio delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia.
Rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo ha evidenziato quelli che sono i riscontri proprio alla testimonianza del pentito Bruzzese.


lombardo 1 utd 220523

Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo © Paolo Bassani


Lo scorso dicembre il collaboratore di giustizia aveva parlato del summit “avvenuto nella campagna di Polistena con un gruppo di grandi capi nel terreno di Peppe Piccolo in epoca successiva all’omicidio di Aldo Moro”. Un incontro a cui parteciparono, per l'appunto, Silvio Berlusconi e Bettino Craxi.
E' stato dunque verificata l'esistenza di un agrumeto nella disponibilità di Peppe Piccolo e al contempo si è dato conto della “presenza di Craxi a Reggio Calabria il 5 marzo del 78 al teatro Cilea e successivamente”.
Di Stefano ha anche rappresentato che Craxi è stato presente anche il primo giugno 1979.
Il leder socialista “proveniva da Palermo con un volo privato”. “Dall’archivio della fondazione Craxi - ha spiegato l’investigatore - abbiamo trovato altri spunti. Rileviamo una lettera del professor Cardillo di Milano rivolta a Craxi sul quinto centro siderurgico da costruire a Gioia Tauro”. Nella lettera letta in aula l’opera “che ricadeva in un territorio dove era riscontrata l’ingerenza dei Piromalli”, era ritenuta "inutile". Inoltre, ha confermato Di Stefano “ai parlamentari, che sostenevano quel progetto era nota l’infiltrazione mafiosa nel territorio”.
Per quanto concerne i contatti tra le famiglie siciliane e calabresi Di Stefano ha evidenziato alcuni contatti di rilievo, come la presenza di Pino Mandalari, commercialista di Totò Riina, che soggiornava a Villa San Giovanni quando avvenne l'omicidio del giudice Scopelliti”. E' dunque emerso che anche “Piromalli soggiornò in Sicilia dove strinse legami con i massimi vertici di Cosa nostra. Rapporti con i siciliani documentati anche dall’Fbi”.
Tra i riscontri effettuati anche la disponibilità di una Fiat Uno di colore verde, per la persona di Rocco Santo Filippone. Bruzzese aveva riferito di aver visto l'imputato a bordo della macchina, nel 2003, in occasione di un incontro. “Abbiamo rintracciato una nota dei carabinieri di Melicucco che riporta l’identificazione del figlio di Filippone a bordo di una Fiat Uno verde” ha ribadito in aula Di Stefano. L'udienza è stata rinviata al prossimo 10 febbraio.

Foto di copertina © ACFB

ARTICOLI CORRELATI

'Ndrangheta stragista: sentenza d'appello prevista entro l'11 marzo

Il pentito Bruzzese: ''Tutta la 'Ndrangheta si muoveva per eleggere Berlusconi e Forza Italia''

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos