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A tre giorni dall'arresto di Matteo Messina Denaro la Trattativa tra lo Stato e la Mafia ha trovato spazio alla Camera dei Deputati, ma non per essere condannata. Tra gli applausi della maggioranza, il ministro della giustizia Carlo Nordio ha detto che "il Comandante generale dei ROS, che praticamente è il padre di quello che ha fondato o, comunque, ha costruito questo organismo, che funziona così bene, è stato sottoposto, per 17 anni, a un processo penale, dal quale è stato assolto lo ripeto, assolto, alla fine, con formula piena, con una carriera rovinata e senza che alcuno lo abbia risarcito".
Un intervento a gamba tesa su un processo che, tra le altre cose, è ancora in corso in quanto la procura generale di Palermo ha presentato ricorso in Cassazione.
L’intervento del Guardasigilli sembra essere un chiaro riferimento al generale Mario Mori, ufficiale dei carabinieri assolto in secondo grado al processo Trattativa, assieme ad Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, "perché il fatto non costituisce reato".
Ma, se si vuole cantare la messa, bisogna farlo fino in fondo.
Secondo i giudici di Appello, contattando il sindaco mafioso Vito Ciancimino, "non vollero rafforzare la minaccia mafiosa allo Stato per strappare al Governo concessioni favorevoli agli interessi mafiosi, ma, semmai avrebbero voluto tali concessioni come male e come mezzo necessario per sventare una minaccia in atto". Ovvero fermare le stragi.
"Fu un'operazione - hanno scritto i giudici d'Appello - più di intelligence che non di polizia, e con l'obiettivo in effetti di disinnescare la minaccia stragista incuneandosi con proposte e iniziative fortemente divisive all'interno di spaccature già esistenti in Cosa nostra e persino all’interno dello schieramento egemone (quello dei corleonesi)".
In altre parole quei vertici del Ros avrebbero avuto l'intento di tessere "un'ibrida alleanza" con la cosiddetta "componente moderata (cioè quella di Provenzano ndr) e sempre più insofferente della linea dura imposta da Riina".
Ma non solo.
Nella stessa misura, secondo i giudici, va interpretata la scelta di "preservare la libertà di Provenzano", cioè di non arrestarlo.
Tutto avvenne non perché ci fossero collusioni o "patti" (promesse e benefici) da onorare ma perché i carabinieri del Ros ritenevano che la leadership di Provenzano "avrebbe di fatto garantito contro il rischio del prevalere di pulsioni stragiste o di un ritorno alla linea dura di contrapposizione violenta allo Stato".
Per i giudici di appello questi fatti non sono reato. Ma sono comunque fatti.


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L'ex commandante del Ros dei carabinieri, Mario Mori © Imagoeconomica


Questa è tutta la messa. E c'è ben poco per cui applaudire, dato che quella trattativa (che ci fu) non fermò affatto le stragi ma ne provocò altre.
Per le vittime di quelle bombe i risarcimenti ci saranno?
L'ex pm della laguna ha anche rilanciato il suo programma "garantista": svuotare il reato di abuso d’ufficio, "vi posso giurare sul mio onore che da me c’è stata una processione di sindaci che sono venuti a chiedermi, implorando, di eliminare questo errore".
Sulle intercettazioni Nordio è stato invece costretto ad una precipitosa correzione di tiro dopo che il Procuratore della Repubblica di Palermo ha dichiarato che proprio grazie alle intercettazioni era stato possibile arrestare Matteo Messina Denaro: adesso ripete che “il governo non ha mai inteso toccare minimamente le intercettazioni per mafia, terrorismo e quei reati satelliti”.
Eppure su un articolo di Libero del 4 gennaio 2023 aveva detto che "le intercettazioni innanzitutto non danno nessuna garanzia di attendibilità... sono spesso pilotate e sono di solito selezionate da un maresciallo di polizia che sceglie ciò che vuole e poi trattate dal pubblico ministero che a sua volta prende quello che gli serve. È tutta una serie di porcherie che vengono indirizzate verso la persona per distruggerla più o meno politicamente. Io questo lo scrivo da 25 anni”. E poi ancora: “Un mafioso vero non parla né al telefono, né al cellulare perché sa che c’è il trojan, né in aperta campagna perché ci sono i direzionali”.
Tuttavia la cronaca giudiziaria è piena di casi in cui dagli ascolti telefonici si sono raccolti indizi e prove importantissimi, anche decisivi per le successive condanne.
Un esempio sono le telefonate del 1980 in cui Vittorio Mangano, il boss di Cosa nostra ex stalliere di Silvio Berlusconi, aveva fatto riferimento a “cavalli”, in realtà partite di droga, da vendere e comprare. “Dimmi, per quei due cavalli di Milano, cosa faccio?”, gli aveva chiesto un esponente del clan degli Inzerillo. E lui aveva risposto di consegnarli “in quella piazza lì, in quell’albergo grande”, cioè l'Hotel Plaza di piazza Diaz, a 50 metri dal Duomo.
Tuttavia non sono mancati gli attacchi contro i “pm antimafia”, invitando il Parlamento a non farsi dettare la linea da loro.
Ma la discussione alla Camera si è ulteriormente agitata quanto il ministro ha riposto all'ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho: "Ognuno vede tutto attraverso la lente dei suoi pregiudizi e, avendo ascoltato il suo intervento - non metto in dubbio che avendo lei svolto molto bene il ruolo di procuratore nazionale antimafia, abbia una visione panmafiosa dello Stato -, sembra che il nostro Stato sia infiltrato dalla mafia in tutte quante le sue articolazioni". "Se è vero che noi oggi siamo circondati da una mafia che si è infiltrata dappertutto, la domanda è: ma dov’era allora l’Antimafia?" Si domanda Nordio. Ma la risposta ovvia la si può riassumere nell'intervento del procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri:Il vento sta soffiando al contrario rispetto a ciò di cui c’è realmente bisogno per arginare le mafie, la corruzione, i reati contro la pubblica amministrazione (oggi sempre più interconnessi) e, soprattutto, il riciclaggio che è ormai molto sofisticato”.
E poi la questione dell'ergastolo ostativo: Nordio ha condiviso pienamente l'emendamento per il quale sono stati esclusi dal novero dei reati ostativi anche le associazioni a delinquere di colletti bianchi finalizzate alla consumazione dei più gravi reati di corruzione, alcuni dei quali puniti sino a venti anni di galera, e che provocano danni di miliardi di euro alle casse dello Stato.


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Il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri © Imagoeconomica


Altra questione è quella carceraria.
All’inizio del suo mandato aveva pubblicamente assunto il proprio impegno prioritario di nuovi investimenti per migliorare la qualità della vita dei detenuti per poi rimangiarsi l’impegno e tagliando ben 36 milioni di euro nel prossimo triennio per l’amministrazione penitenziaria.
La giustificazione?
Il Guardasigilli, l'11 gennaio 2023, aveva detto che i soldi promessi non ci sono perché vengono sprecati per la spesa di intercettazioni inutili della magistratura.
Le 'riforme di Palazzo' di quest'ultimo periodo sono state condizionate dall'esigenze di abbattere il rischio penale per le classi dirigenti: vedi riforma Cartabia, con cui si è dato alla politica il potere di decidere quali reati perseguire e quali no, il criterio della improcedibilità e la separazione (de facto) delle carriere tra pm e giudice, una svolta che, giocoforza, porterà il pubblico ministero ad essere soggetto al potere politico.
A questo si aggiunge anche la forte depenalizzazione dei reati che riguardano la pubblica amministrazione (quelli dei colletti bianchi) annunciata da Nordio, con la causale della necessità di velocizzare i processi e ridurre i costi della giustizia.
Cambiano i tempi, ma non cambiano i vizi e la pretesa di impunità della componente più classista e illiberale della nostra classe dirigente” aveva detto al Senato Roberto Scarpinato, “Non a caso, ha individuato proprio in lei (riferendosi a Nordio, ndr) - sedicente liberale e garantista - il soggetto ideale per attuare il proprio lucido progetto di restaurare il nostro peggiore passato".

Foto © Deb Photo

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