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Matteo Messina Denaro era "il più pericoloso dei Corleonesi stragisti perché capace del cambio di passo. Prima ha avuto un ruolo fondamentale negli attentati che hanno fatto sorgere nel presidente del consiglio dell’epoca Ciampi addirittura il timore di un golpe e poi ha saputo convertire l’organizzazione con il ritorno all’antica usanza della convivenza con le istituzioni. Con il suo arresto a Palermo lo Stato dimostra il suo primato bucando la sua rete di protezione formidabile, proprio nel suo territorio".
Ma "l’esperienza ci dice che gli arresti dei boss Corleonesi non hanno determinato la fine di Cosa Nostra. Non esistono vuoti di potere. Cosa Nostra ha un desiderio di ottenere l’eliminazione o l’affievolimento del carcere e ci sono molti mafiosi che stanno maturando le condizioni per accedere ai benefici. Per questo è importante il mantenimento della normativa sull’ergastolo ostativo. Il mafioso, per regola aurea, derivante dalla nostra esperienza di decenni di indagini, nasce e resta mafioso. Addirittura se posato, cioè accantonato dall’organizzazione deve mettersi a disposizione su richiesta".
Sono state queste le parole del procuratore aggiunto di Firenze Luca Tescaroli intervistato da 'Il Fatto Quotidiano' in merito alla cattura di Matteo Messina Denaro.
Potrebbe collaborare?
"Dobbiamo auspicare che questo avvenga perché il suo contribuito potrebbe essere fondamentale".
Il magistrato ha riassunto uno degli episodi più significativi della storia criminale del capo mafia di Castelvetrano: "la riunione con il capo dell’organizzazione Totò Riina alla quale partecipa con Giuseppe Graviano e Leoluca Bagarella, a settembre-ottobre del 1991 nel Trapanese. Riina disse che bisognava uccidere Giovanni Falcone e Maurizio Costanzo. Messina Denaro parte a febbraio 1992 per Roma, esegue i sopralluoghi, porta le munizioni ma Riina gli dice: 'Tornate giù. Non fate Costanzo. Bisogna fare prima la strage di Capaci'".
Una circostanza, questa, ancora da chiarire.
Le stragi, vennero poi portate nel continente (Roma, Firenze e Milano): "Dopo l’arresto di Riina il primo aprile 1993 Matteo Messina Denaro si incontra a Bagheria (ce lo racconta il collaboratore Vincenzo Sinacori) con Leoluca Bagarella e Giuseppe Graviano. Decidono di proseguire la campagna stragista". "Sempre Vincenzo Sinacori - ha detto il magistrato - ci dice che verso la metà di maggio 1993 Matteo gli mostrò un libro di Storia dell’arte sul quale erano raffigurati gli Uffizi e gli disse che dovevano saltare in aria. Le basi logistiche per gli attentati di Roma e Firenze le crea lui".
E poi ancora: "Nell’estate 1993 effettivamente sono insieme a Forte dei Marmi con le rispettive compagne. Poi si danno appuntamento a Gardaland. Dopo l’estate però (come ci dice sempre Sinacori) sono a Cefalù a incontrare Bagarella. A un certo punto arriva anche un senatore, Vincenzo Inzerillo".
"Nel giugno 1995 - ha detto Tescaroli al 'Fatto' - c’è l’arresto di Bagarella e Messina Denaro continua a gestire il potere quando si decide di chiudere la campagna stragista. Proprio lui insieme con Provenzano traghetta l’organizzazione dall’attacco eversivo con le bombe alla convivenza".
In conclusione Tescaroli ha ripreso il tema delle intercettazioni: "sono strumenti fondamentali. In questo caso e in tutte le indagini di mafia. Tradizionalmente sono importanti i collaboratori e le intercettazioni. I collaboratori sono stati fondamentali per ottenere le condanne definitive dei responsabili delle stragi del 1992 e 1993. Le collaborazioni di peso però ora si sono affievolite e in questo contesto sempre più le intercettazioni sono fondamentali. Non solo quelle per i reati di mafia ma anche per i reati spia come la corruzione, l’estorsione o il traffico di rifiuti. Sono cavalli di Troia per capire quel che fanno le mafie".

Fonte: ilfattoquotidiano.it

Foto © Paolo Bassani

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