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Detenuto a L’Aquila, resta in isolamento

I magistrati della Procura di Palermo e i carabinieri del Ros avrebbero individuato un secondo covo utilizzato dal boss Matteo Messina Denaro, arrestato lunedì in una casa di cura di Palermo in cui da almeno un anno si recava per la chemioterapia. Il capomafia avrebbe fatto realizzare una sorta di bunker all'interno di un'altra abitazione sempre nella stessa area in cui era collocato l'appartamento in via Cb 31 (da un po’ di tempo rinominato dal comune in via San Vito), secondo le testimonianze raccolte, il capomafia avrebbe vissuto da qualche mese. Il nascondiglio è stato scoperto dai carabinieri e dal Gico della Finanza in una casa al primo piano di una palazzina di via Maggiore Toselli 34, a Campobello di Mazara. L'abitazione è di Errico Risalvato, 70 anni, assolto nel 2001 dall'accusa di mafia, ritenuto vicino al capomafia di Castelvetrano.
Sul posto si è recato anche il procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido. Al secondo covo gli investigatori sarebbero arrivati grazie all'analisi di alcuni dati catastali.
In serata si è appreso che all'interno vi era una stanza blindata a cui si accede dal fondo scorrevole di un armadio. 
A quanto è dato sapere nel bunker c'erano delle scatole: alcune piene di carte - ora al vaglio dei carabinieri del Ros - altre vuote. E c'è già chi ipotizza che forse, saputo dell'arresto del boss, qualcuno ne ha fatto sparire il contenuto. Sempre nel secondo covo sono stati trovati gioielli, collane, bracciali e anche pietre preziose di dimensioni consistenti. Dovrà essere ora una perizia ad accertare l'autenticità e il valore dei gioielli e delle pietre trovate.
Tornando al primo appartamento si è appreso ieri che lo stesso era stato comprato il 15 giugno 2022 da Andrea Bonafede, l’uomo che ha prestato l’identità al latitante. I soldi per l'acquisto gli furono dati proprio dal boss trapanese (quindicimila euro in contanti, in banconote da 50 euro). Dato non da poco che quando versò i soldi sul conto postale nessuno gli fece obiezioni allo sportello, nessuno fece partire una segnalazione di operazione sospetta.
Quell'appartamentino di sessanta metri quadri era stato perquisito ieri e al suo interno non sarebbero stati trovati documenti particolari: un dato che aveva indotto i magistrati a sospettare che quello fosse solo l'abitazione del boss e che l'ex primula rossa di Cosa nostra avesse disponibilità di un altro luogo.


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Da sinistra: il procuratore aggiunto di Palermo, Paolo Guido, e il procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia © Deb Photo


All'interno sono state trovate un'agenda, in cui Messina Denaro scriveva pensieri per la sua famiglia (in particolare per la figlia di 27 anni che non ha mai incontrato, ndr). 
Ma anche delle lettere d’amore, che si presume scritte di pugno dal latitante, in cui - fra testi passionali e riflessioni sul senso della vita e dei sentimenti - Messina Denaro mostra una vena di scrittore-filosofo.
Non c'era l’archivio con i documenti segreti di Totò Riina, di cui parlano da sempre i pentiti. Non c'erano pizzini, se si escludono alcuni messaggi contenuti all'interno dell'agenda. Insomma, più che una base un punto d'appoggio.
Del resto molta roba era contenuta ancora negli scatoloni. Sono state trovate ricette, scontrini, cartelle mediche ma anche alcuni foglietti con appunti sparsi e numeri di telefono (dati più interessanti rispetto a preservativi e viagra di cui molti hanno riportato ieri, ndr).
Le indagini, ovviamente, proseguiranno senza sosta, anche per ricostruire eventuali movimenti compiuti in questi mesi dall'Alfa 164, che sarebbe stata utilizzata dallo stesso latitante (la chiave la teneva in tasca al momento dell’arresto, ndr).
Ma un grande lavoro richiederà l'analisi del taccuino-agenda di colore bordeaux (contenente appunti e molti numeri di telefono) che il capomafia aveva con sé, oltre ai due telefoni cellulari. Sono già in mano agli esperti informatici dell’Arma.

Il mistero delle telecamere
Altro fronte investigativo è quello che riguarda i movimenti dell'ultimo periodo della latitanza. C'è da capire come sia stato possibile per Messina Denaro sfuggire alla cattura per un anno vivendo in uno dei paesi più controllati d'Italia. 
Basti pensare che a Campobello di Mazara si erano sviluppate diverse indagini sui fedelissimi del padrino. L'ultima aveva portato, lo scorso settembre, ad un maxi blitz con 35 arresti. Addirittura, come ricostruito da La Repubblica, una telecamera era stata montata in via Vittorio Emanuele 282, nei pressi del bar San Vito, ad appena 95 metri dal luogo in cui il boss avrebbe trascorso la propria latitanza.





Quella telecamera, accesa dal 2019, aveva registrato diversi movimenti, ma mai l'immagine dell'ex primula rossa sarebbe apparsa in quel luogo. Fatto strano tenuto conto che tutti quelli che escono dalla via Cb 31 sono costretti a passare davanti a quel bar, tanto che lo stesso Procuratore aggiunto, Paolo Guido, avrebbe ammesso che si tratta di "una storia incredibile". 

La vita di Matteo Messina Denaro detenuto
Sorridente con il personale che incrocia, molto attivo, veloce nell'organizzare la propria cella. E'  così che viene descritto l'atteggiamento di Matteo Messina Denaro, detenuto nel carcere di massima sicurezza de L'Aquila. 
Un comportamento "anomalo rispetto a come si comportano di solito i detenuti al 41 bis", così come sottolineato da alcune fonti interne. 
Addirittura il giorno dell'arrivo, durante le operaizoni di rito per la registrazione al carcere, si sarebbe lasciato andare ad alcune battute. "Fino a stamattina ero incensurato”, avrebbe detto rispondendo alle domande. Parole forti se si tiene conto che sulla sua fedina penale compaiono più ergastoli e condanne definitive. Un'altra domanda che gli è stata rivolta è se la sua famiglia ha precedenti. La risposta sarebbe stata in una battuta: "(sorride) a quale famiglia si riferisce?", lasciando intendere che c'è la famiglia di sangue, ma anche quella mafiosa. E quando l'agente chiede specificatamente dei propri familiari la risposta è una sola: "Forse qualche parente… " ben sapendo che la sorella, i fratelli il cognato e pure i nipoti sono in galera da tempo. Infine ha nominato come suo difensore di fiducia la nipote, l’avvocata Lorenza Guttadauro, moglie di Girolamo Bellomo, detto Luca, già arrestato, figlia di Rosalia Messina Denaro e di Filippo Guttadauro, fratello dell’ex capomafia di Brancaccio Giuseppe Guttadauro. Fino a oggi è sempre stato difeso nei processi da un difensore d’ufficio. Da domani, quando è prevista l'udienza del processo che lo vede imputato per le stragi del 1992 ci sarà anche la nipote.
Nelle sue prime ventiquattro ore in cella è sempre rimasto solo, nella stanza e con la televisione spenta.

Le reazioni in carcere
Secondo alcune indiscrezioni da parte degli altri capimafia di Cosa nostra detenuti non ci sarebbero stati particolari commenti. Nessun commento da parte di Giuseppe Graviano, il "gemello" di Messina Denaro nelle stragi e come lui possessore di inconfessabili segreti. Ed ugualmente in silenzio è rimasto Filippo Graviano, anche lui detenuto a L'Aquila, fratello del boss di Brancaccio. Chissà cosa pensano veramente.
Secondo alcune fonti mediche il capomafia trapanese sarebbe già stato visitato ieri mattina nella infermeria del carcere "Le Costarelle" dell'Aquila dal professor Luciano Mutti, primario del reparto di oncologia a gestione universitaria dell'ospedale San Salvatore. Secondo quanto si è appreso, nonostante uno strettissimo riserbo, tutte le terapie e le procedure verranno attuate preferibilmente in carcere per ridurre al massimo gli spostamenti in ospedale che farebbero scattare misure di sicurezza molto importanti.

(in aggiornamento)

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