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L’intervento del consigliere togato del Csm a Radio24

Matteo Messina Denaro è un boss arrestato dopo una lunghissima latitanza”. Inizia così l’intervista del consigliere togato del Csm Sebastiano Ardita a Radio24. Il magistrato catanese parte da un assunto, ovvero che la cattura dell’ormai ex superlatitante “è sicuramente è un segnale positivo”. Dall’altra parte, però, “non deve farci dimenticare il fatto che per trent’anni è stato latitante - avverte -. Abbiamo scoperto adesso che è stato a Palermo e anche in un luogo molto frequentato. Questo comporta che ha goduto di fortissime coperture”. Quella della mafia, spiega Ardita, “è la storia di un potere criminale che cerca il rapporto con il potere pubblico. È ovvio che deve godere di coperture istituzionali perché la mafia senza rapporto con il potere pubblico non sarebbe mafia ma criminalità e basta. È chiaro che questo è accaduto altrimenti non puoi rimanere libero e nella condizione di sottrarti ad una cattura in un territorio così densamente popolato e così attenzionato dalle forze di polizia”. Il sistema di copertura che ha curato la latitanza trentennale di Messina Denaro è oggi più che mai oggetto di ampio dibattito. Ardita ricorda che la sua latitanza negli anni “ha fatto registrare momenti di mancato coordinamento dello Stato, di sovrapposizione degli organi investigativi e addirittura di indagini incrociate che hanno riguardato coloro i quali ricercavano Matteo Messina Denaro”. “È stato definito un latitante di Stato - sottolinea il magistrato ai radioascoltatori -. Questa fase è molto importante e positiva. Sbaglia chi dice che è stato arrestato solo perché adesso è malato o vecchio. Non è vero perché un capo di Cosa nostra è tale fino all’ultimo giorno e l’arresto è un fatto molto importante e rilevante. È un atto di volontà dello Stato. Dobbiamo continuare su questa strada perché lo stato che arresta un boss così importante significa che non ha paura e non deve avere paura della verità che può venire fuori. Oggi è stato scoperto anche il covo di Messina Denaro, altro elemento molto significativo”. A scanso di equivoci, Ardita a voluto poi sottolineare come Cosa nostra sia ancora forte e presente, e il fatto che “la fase stragista di Cosa nostra sia finita negli anni ’90 - anche se l’arresto di Messina Denaro è giunto solo ieri - non significa che sia finita per sempre perché c’è un ciclico ritorno a strategie diverse come avviene per qualunque altro fenomeno umano o storico”. Inoltre, il magistrato evidenzia come “il mutamento di Cosa nostra verso un atteggiamento di maggiore rapporto con i poteri forti, con le istituzioni, di maggior inquinamento della vita pubblica e di minore scontro con lo Stato non è una novità né un’evoluzione. Forse è proprio un ritorno alle origini perché i Corleonesi furono un’anomalia nel modo di approcciare le questioni dell’organizzazione mafiosa”. Questi fattori, contestualizzati in un mondo sempre più globalizzato, facilita l’agire delle mafie. “In precedenza, il rapporto con le istituzioni era un rapporto che si formalizzava in comportamenti evidenti - spiega Ardita -. Il rapporto con il parroco o il maresciallo dei carabinieri del mafioso locale era un fatto evidente a tutti. Oggi questi rapporti, purtroppo, sono facilitati ad esempio dall’anonimato di alcune transazioni finanziarie a livello internazionale e dalla finanziarizzazione dell’economia. Oggi si può comprare un pezzo dell’economia reale con un’operazione bancaria. Quindi è facilitata l’opera di riciclaggio dei grandi patrimoni accumulati in precedenza. Inoltre, è meno conveniente uccidere e sparare perché questo produce collaborazione con la giustizia, arresti ed ergastoli perché oggi lo Stato è più attrezzato a scoprire i fenomeni visibili”. Detto ciò, però, “resta sempre un dubbio - ha concluso Ardita -: perché per trent’anni non è stato arrestato Matteo Messina Denaro?”.

Ascolta l'intervento del consigliere togato, Sebastiano Ardita, a Radio24 dal minuto 31': clicca qui!

Foto © Imagoeconomica

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