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Salvatore Borsellino: “Bene cattura Messina Denaro ma temo nuovo baratto con lo Stato”

"Da un lato c'è la soddisfazione per un criminale finalmente assicurato alla giustizia, dall'altro l'amarezza per il fatto che ci siano voluti, come per Riina, 30 anni di latitanza prima di catturarlo. Questo aspetto mi fa perdere il gusto di questa gioia". Lo dice all'Adnkronos Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, il giudice antimafia ucciso da Cosa nostra nella strage di via d’Amelio. "Questo dimostra che ha continuato a insistere sul territorio, dal quale questi mafiosi non si allontanano mai", dice ancora il fondatore del movimento delle Agende Rosse. Per Borsellino c'è poi un altro aspetto. "Il sospetto che questa cattura sia ancora una volta frutto di un baratto con la criminalità organizzata. Non vorrei che a fronte di questo arresto ci sia la liberazione dall'ergastolo ostativo di personaggi come i Graviano. Mi aspetto di non vedere pagato nel prossimo futuro il prezzo di questa cattura. Non vorrei che la contropartita dell'arresto di Messina Denaro fosse l'abolizione dell'ergastolo ostativo". Il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, ha sottolineato che adesso occorrerà indagare su chi ha coperto la latitanza dell'ex primula rossa. "Non è venuto fuori chi ha coperto quella di Riina e Provenzano.... Questi criminali sicuramente non sono la mafia e sicuramente con il loro arresto la mafia non finirà. E' un fenomeno che va al di là degli uomini, il vero pericolo sono i rapporti tra la mafia e lo Stato, le complicità tra Cosa nostra e lo Stato". "La cattura di Messina Denaro era nell'aria, come già quella di Riina era stata preannunciata prima che avvenisse. Da qualche mese si sentiva parlare della sua possibile cattura, delle sue cattive condizioni di salute - conclude Salvatore Borsellino -. Mi aspettavo che succedesse. Per me non è fondamentale il suo arresto, ma che venissero alla luce i rapporti oscuri tra pezzi dello Stato e mafia stessa. Il vero successo sarebbe che venisse ritrovata l'agenda rossa e che chi l'ha sottratta venisse assicurato alla giustizia".


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Il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti © Imagoeconomica


Don Ciotti: cattura di Messina Denaro rende felici, “ma le mafie non sono soltanto i loro capi”
"Abbiamo appena ricordato il trentesimo anniversario dell'arresto di Totò Riina, e oggi ci arriva la bella e confortante notizia dell'arresto, dopo trent'anni di latitanza, di Matteo Messina Denaro, una notizia di cui essere felici ed è giusto, anzi doveroso, il riconoscimento alle Forze di polizia e alla Procura, che per tanti anni, con sforzo e impegno incessanti, anche a costo di sacrifici, hanno inseguito il latitante". Lo afferma in una nota don Luigi Ciotti, fondatore di Libera. "Ciò che però un po' preoccupa è rivedere le stesse scene e reazioni di trent'anni fa: il clima di generale esultanza, l'unanime plauso dei politici, le congratulazioni e le dichiarazioni che parlano di "grande giorno", di "vittoria della legalità" e via dicendo. “Non vorrei si ripetessero pure gli errori commessi in seguito alla cattura di Riina, e di Provenzano. Le mafie non sono riducibili ai loro ‘capi’, non lo sono mai state e oggi lo sono ancora di meno, essendosi sviluppate in organizzazioni reticolari in grado di sopperire alla singola mancanza attraverso la forza del sistema. Sviluppo di cui proprio Matteo Messina Denaro è stato promotore e protagonista, traghettando Cosa Nostra dal modello militare e ‘stragista’ di Riina a quello attuale, imprenditoriale e tecnologico capace di dominare attraverso la corruzione e il cyber crime riducendo al minimo l'uso delle armi", prosegue don Ciotti. "La sua latitanza è stata accompagnata anche dalla latitanza della politica indirettamente complice di quella di Messina Denaro: la mancata costruzione, in Italia come nel mondo, di un modello sociale e economico fondato sui diritti fondamentali - la casa, il lavoro, la scuola, l'assistenza sanitaria - modello antitetico a quello predatorio che produce ingiustizie, disuguaglianze e vuoti di democrazia che sono per le mafie di tutto il mondo occasioni di profitto e di potere. Ci auguriamo che all'arresto segua una piena confessione e collaborazione con la magistratura, che il boss di Cosa Nostra sveli le tante verità nascoste, a cominciare da quelle che hanno reso possibile la sua trentennale latitanza: non si sfugge alla cattura per trent'anni se non grazie a coperture su più livelli. Occorre che queste complicità emergano, anche perché solo così tanti familiari delle vittime di mafie che attendono giustizia e verità avrebbero parziale risarcimento al loro lungo e intollerabile strazio. La lotta alla mafia non si arresta con Matteo Messina Denaro perché l'ultima mafia è sempre la penultima, perché il codice genetico della mafia affida alla sua creatura un imperativo primario: quello di sopravvivere. Ce n'è un'altra infatti che cova, ha sempre covato. Nei cambiamenti storici che sono avvenuti, ci sono sempre delle ceneri che ardono sotto. Dunque esultiamo pure per la cattura di Messina Denaro ma nella consapevolezza che l'arresto di oggi non è la conclusione ma la continuità di un lungo percorso, di una lotta per sconfiggere le mafie fuori e dentro di noi", conclude.


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La sorella del magistrato Giovanni Falcone, Maria © Deb Photo


Maria Falcone: notizia di oggi è grande vittoria per Italia
"L'arresto di Matteo Messina Denaro, l'ultimo ancora libero dei capi criminali responsabili delle stragi del '92-'93, è una grande vittoria per tutta l'Italia". Lo afferma la professoressa Maria Falcone, presidente della Fondazione dedicata al fratello Giovanni. "La gratitudine di tutti noi cittadini - prosegue Maria Falcone - va alla procura di Palermo e ai Ros per questo importantissimo successo. È la riprova che i mafiosi, a dispetto dei loro deliri di onnipotenza, alla fine sono destinati alla sconfitta nel conflitto con lo Stato democratico". "Oggi - conclude - è una bellissima giornata per il nostro Paese".

Nando Dalla Chiesa, complimenti al procuratore De Lucia e al Ros
"Era nell'aria da tempo, non ci credevo, invece il bravo procuratore De Lucia e i Ros ce l'hanno fatta". Così il sociologo e scrittore Nando dalla Chiesa, figlio del generale Carlo Alberto ucciso dalla mafia, plaude all'arresto del boss Matteo Messina Denaro in un'intervista al magazine Mow (mowmag.com). Dalla Chiesa commenta anche le dichiarazioni del pentito Salvatore Baiardo, in un'intervista televisiva andata in onda due mesi fa su La7, circa una possibile 'trattativa' da parte del boss, gravemente malato, per consegnarsi: "Non lo so, qua ci avventuriamo in dietrologie. Sembra che lo Stato non possa mai vincere pulito. Mi rifiuterei di accettare una logica del genere. Può darsi, non è da escludere a priori, ma neanche metterlo subito sul tavolo dei ragionamenti. Forse Messina Denaro si è sentito 'stretto’”.


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Il figlio del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, Nando © Deb Photo


Luciano Traina: “Stesso copione dell’arresto di Totò Riina?”
"Sinceramente più che entusiasta sono arrabbiato. Mi sembra di rivivere una soap opera, lo stesso copione di 30 anni fa con l'arresto di Riina e poi sappiamo cosa è successo con la mancata perquisizione del covo...". A dirlo all'Adnkronos è Luciano Traina, fratello di Claudio, l'agente di scorta morto insieme ai colleghi nella strage di via d’Amelio che costò la vita anche al giudice Paolo Borsellino, parlando dell'arresto, ad opera dei carabinieri del Ros, dell'ormai ex primula rossa Matteo Messina Denaro. "Non credo si sia trattato di una cattura vera e propria, penso piuttosto che ormai ammalato si sia fatto arrestare o qualcuno lo abbia consegnato", aggiunge. L'ispettore in pensione della Polizia non è solo il fratello di Claudio, ma anche uno dei poliziotti che nel maggio del 1996 partecipò al blitz per l'arresto di Giovanni Brusca. "Del possibile arresto di Messina Denaro lo scorso novembre Salvatore Baiardo parlò in un'intervista a Giletti... E' un caso? Io ritengo, ma è una mia opinione personale, che Messina Denaro, ormai gravemente malato e capendo di non avere più scampo, si sia fatto arrestare". E la cattura nella clinica di Palermo, dove pare che da tempo l'ex superlatitante fosse in cura, lascia per Traina una serie di interrogativi. A partire dai luoghi in cui ha trascorso la sua latitanza. "Non vorrei si ripeta lo stesso copione sulla mancata perquisizione del suo covo. Vedremo cosa accadrà nelle prossime ore e nei prossimi giorni. Però, non raccontiamoci barzellette". Adesso l'auspicio per il fratello dell'agente di scorta morto nella strage di via D'Amelio è che "le indagini proseguano in maniera serrata per scoprire chi lo ha coperto in tutti questi anni di latitanza. Chi prenderà il suo posto o chi lo ha già preso, perché simili criminali non lasciano mai i loro traffici in sospeso. Lo Stato ora faccia terra bruciata". Un arresto quello di Messina Denaro che non lenisce una ferita. "Un 'animale' in meno in giro, ma mio fratello nessuno lo riporterà in vita. Noi siamo condannati all'ergastolo del dolore a vita. Non esiste alcuna possibilità di perdono, che pietà è possibile avere per una persona simile, un uomo che ha fatto uccidere un bambino (il piccolo Giuseppe Di Matteo, ndr). Mi fa solo ribrezzo". Cosa si aspetta adesso? "Di avere giustizia dopo oltre 30 anni, che si faccia luce su chi ha sottratto l'agenda rossa di Borsellino. Ma non credo che questo arriveremo mai alla verità".


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Il fratello dell'agente Claudio Traina, Luciano © Paolo Bassani


Ingroia: “Arresto storico ma non è la fine della mafia. Se parlasse molte istituzioni tremerebbero”
È certamente un arresto storico ma non è la fine della mafia. Con la cattura di Matteo Messina Denaro viene preso l'ultimo dei corleonesi, dunque con il suo arresto, l'arresto di un boss anche lui malato, si cristallizza, si fotografa il declino e la chiusura di una stagione terribile della storia della mafia, della storia del nostro Paese, la stagione delle stragi, la stagione del braccio di ferro dell'organizzazione mafiosa con lo Stato''. Così all'AdnKronos l'ex pm antimafia Antonio Ingroia. “Non si può che esprimere soddisfazione, dunque, e congratularsi con magistrati e investigatori che hanno coordinato le indagini - osserva Ingroia -, tenendo però saldi i piedi per terra perché non è stato arrestato il 'capo dei capi'. Messina Denaro non era il 'capo dei capi', anche se era il latitante più famoso e più ricercato. Cosa nostra è ancora viva e vegeta, è ancora un'organizzazione criminale pericolosa. Con questo arresto semplicemente si chiude una pagina della strategia soprattutto armata, violenta e stragista, ma Cosa nostra ha ripiegato su una strategia più cauta, più moderata e più dedita agli affari anziché allo stragismo''. Per Ingroia, i 30 anni di latitanza dicono ''chi è stato Messina Denaro, e cioè un capomafia sui generis, nel senso che è stato molto più attento e accorto alla propria sicurezza rispetto agli altri capimafia che l'hanno preceduto, molto attento a tenere ottime relazioni con il mondo delle istituzioni, con la copertura istituzionale di cui certamente ha goduto e che gli ha consentito di rimanere latitante per 30 anni''. Per Ingroia, infine, la cattura di Messina Denaro potrà ''potenzialmente portare a nuovi sviluppi'' sulle stragi di mafia, perché Messina Denaro ''era l'ultimo custode in libertà dei segreti più terribili sui misteri d'Italia degli ultimi 30 anni, dalla stagione dello stragismo del '92-'93 in poi, quindi papello, agenda rossa, trattativa, rapporto con la politica, rapporto con la massoneria, servizi segreti e così via. Bisogna capire, e questo lo sanno solo gli investigatori, il contesto in cui è maturato l'arresto, se c'è un sentore lontano che Messina Denaro si sia consegnato o sia stato consegnato. Certamente è singolare che abbia scelto di risiedere così a lungo in una clinica così vicina ai territori dove era normale che venisse ricercato attivamente, e bisogna capire il motivo per il quale questo è accaduto, perché se Messina Denaro vuotasse il sacco probabilmente molti palazzi istituzionali potrebbero tremare''.


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L'ex pm di Palermo e oggi avvocato, Antonio Ingroia © Paolo Bassani


Paparcuri: “Arresto è risultato storico, ma non è vinta la guerra”
"Oggi è stato raggiunto un risultato molto importante, storico anche se Matteo Messina Denaro non è più all'apice della sua 'carriera criminale'. Al contrario è gravemente malato e curarsi con un tumore da latitante non è semplice... Il mio pensiero va a tutti quegli uomini che si sono sacrificati con pedinamenti e indagini per arrivare a questa cattura. Le battaglie le vincono i soldati ma spesso i meriti li prendono i generali, il mio pensiero va, invece, a questi soldati". Così Giovanni Paparcuri, l'autista del giudice Rocco Chinnici, l'unico sopravvissuto alla strage del 29 luglio 1983, commenta l'arresto a Palermo dell'ex super latitante Matteo Messina Denaro. Oggi Paparcuri, che per anni è stato l'anima del museo Falcone Borsellino realizzato al Palazzo di giustizia del capoluogo siciliano, è stato raggiunto dalle "telefonate di centinaia di studenti e insegnanti che in questi anni hanno visitato il bunkerino. Erano entusiasti", dice. "Trovo, comunque, un po' eccessivo l'entusiamo del nostro premier, volata a Palermo per ringraziare magistrati e generali - aggiunge -. La mafia non è sconfitta, abbiamo vinto una battaglia e non la guerra, non lasciamoci trascinare da facili entusiasmi. Il mio pensiero oggi va al dottore Falcone e al dottore Borsellino e a tutti coloro che in questi anni si sono sacrificati sino all'estremo nella lotta a Cosa nostra. Adesso non si abbassi la guardia. Lo Stato stani chi ha preso il suo posto, chi ha usufruito dei suoi favori e dei suoi appoggi, chi lo ha coperto in una latitanza lunga 30 anni. Si vada sino in fondo".


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L'autista del giudice Rocco Chinnici, soppravvisuto alla strage di via Pipitone, Giovanni Paparcuri © Deb Photo


Mutolo: “Poteva curarsi all’estero. Può darsi che abbia scelto di farsi prendere”
Gaspare Mutolo
, il pentito che sfidò Totò Riina scegliendo di collaborare con Giovanni Falcone, commenta in esclusiva con il settimanale Oggi la cattura di Matteo Messina Denaro e ciò che può significare negli assetti di Cosa nostra. "La prima cosa che mi viene in mente sono le parole di un grande uomo come Giovanni Falcone: la mafia è un fattore umano, ha avuto un inizio e sicuramente avrà una fine. Speriamo che questo arresto sia l'inizio della fine”, dice Mutolo. “Di sicuro, non gli mancavano le possibilità di curarsi all'estero, se avesse voluto", spiega ancora lo storico collaboratore di giustizia a Oggi. "Può darsi che abbia scelto di farsi prendere. Magari spera in un allentamento delle leggi, magari era troppo malato, magari si sta entrando in una nuova era". E sul possibile successore del boss arrestato dopo trent'anni di latitanza: "Ciò che è importante non è l'arresto in sé, ma ciò che verrà dopo. È stato rotto un equilibrio. Non ho più rapporti con quell'ambiente, ma in base alle vecchie usanze potrebbe toccare a Settimo Mineo. Io l'ho conosciuto, aveva una gioielleria in centro a Palermo, era stimato da Riina, tanti anni fa scampò a un agguato in cui morì il fratello. Adesso è molto anziano. Di certo, i veri capi, i coordinatori, sono sempre stati di Palermo, anche all'estero per tradizione i capi erano palermitani. Messina Denaro, trapanese, è stato un'anomalia".


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Il collaboratore di giustizia, Gaspare Mutolo


Sindaco Castelvetrano: “Città si libera da cappa asfissiante”
"Oggi è una giornata storica per lo Stato, che ha vinto sulla latitanza e ha fatto giustizia. E per Castelvetrano è il giorno della liberazione da quella cappa asfissiante che aveva portato a un collegamento diretto fra il paese e Matteo Messina Denaro. Finalmente finisce questo binomio e l'immagine della città potrà essere accostata a grandi cose, come il Parco archeologico di Selinunte, il territorio del pane nero e delle olive di qualità Nocellara". Enzo Alfano, sindaco pentastellato di Castelvetrano, città natale dell'ex primula rossa di Cosa nostra, parlando con l'Adnkronos non nasconde la sua felicità e il suo ottimismo per il futuro della sua città. La figura del boss latitante è stata per anni una "catena" per Castelvetrano che oggi festeggia la sua cattura dopo 30 anni di latitanza. "In città - racconta - si respira un clima di felicità, di liberazione, perché davvero fino ad oggi Messina Denaro è stato sentito come un peso, come ciò che ci precludeva la possibilità di accostare il nostro paese a veri valori e grandi cose". Da anni Castelvetrano ha ripudiato la mafia e il suo capo, nonostante qui vivano ancora l'anziana madre e alcuni suoi familiari. "Nel 2015 Messina Denaro è stato cancellato dalle liste anagrafiche per evidenziare ancora di più che come cittadino non lo volevamo" racconta il sindaco che per mercoledì mattina, alle 9, nella piazza del paese, ha organizzato una manifestazione "rivolta soprattutto agli studenti, perché è ai giovani che prima di tutto dobbiamo parlare". Ma già stasera, nella piazza del paese, ci si riunirà per festeggiare la cattura dell'ex primula rossa e per ringraziare magistratura e forze dell'ordine "che non hanno mai smesso di crederci". Alfano sa bene però "che la vittoria di oggi non significa che la mafia è finita. Dobbiamo continuare ad essere vigili". La speranza, aggiunge, è che "questa cattura possa dare agli inquirenti nuove informazioni, che si possa fare luce sui tanti misteri che ancora avvolgono il nostro Paese. Messina Denaro è conoscitore di stragi, di tanti segreti che potrebbero essere svelati e far luce anche su conniventi, se ci sono stati. Spero che anche lui possa essere pervaso dalla voglia di purificarsi e di vuotare il sacco".


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Il giornalista Riccardo Iacona © Imagoeconomica


Riccardo Iacona: “Ora bisognerà capire chi ha protetto Messina Denaro”
"Lo scandalo di una latitanza durata 30 anni è finito. Ora bisognerà capire chi ha protetto Matteo Messina Denaro e in cambio di cosa. Vogliamo tutta la verità sulle stragi mafiose, lo si deve a Falcone e Borsellino e all'Italia intera". Lo scrive su Twitter il giornalista e conduttore Riccardo Iacona, commentando l'arresto di Matteo Messina Denaro dopo 30 anni di latitanza.

Messina Denaro, de Magistris: bellissima notizia contrasto mafie
"Complimenti alla magistratura di Palermo, in particolare alla Procura della Repubblica, e ai carabinieri del ROS per l'arresto del boss mafioso Matteo Messina Denaro il più pericoloso latitante da oltre trent'anni. Finalmente una bellissima notizia nel contrasto alle mafie". È il tweet di Luigi de Magistris.

Mafia: Cracolici, adesso colpire rete fiancheggiatori Messina Denaro
"Matteo Messina Denaro finisce qui la sua storia criminale, adesso la Sicilia è più libera. Congratulazioni ai Carabinieri del Ros, alla Procura di Palermo che ha diretto l'operazione ed agli apparati dello Stato che hanno permesso questo straordinario successo.Adesso si colpisca la rete dei fiancheggiatori che lo ha protetto nella sua lunghissima latitanza". Lo dice Antonello Cracolici presidente della Commissione regionale Antimafia siciliana.


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Il Presidente Onorario della Fondazione Caponnetto ed ex Presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci © Paolo Bassani


Leoluca Orlando: “Arresto è affermazione di legalità”
"L'arresto di Matteo Messina Denaro dopo decenni di latitanza è una bellissima notizia. È un'affermazione della legalità ed è finalmente una risposta dello Stato ad una organizzazione mafiosa militare che ha condizionato la vita della nostra Regione e dell'Italia e cade proprio 30 anni dopo l'arresto di Totò Riina nel gennaio '93. Un apprezzamento a Magistratura e forze dell'ordine che hanno condotto queste battaglia instancabilmente. In questo momento il ricordo va alle tante vittime della strage mafiosa che ha insanguinato Palermo e l'intera Sicilia nei decenni". Così l'ex sindaco di Palermo, Leoluca Orlando.

Messina Denaro: Antoci, oggi il sole splende più forte
"Un grande risultato una grande vittoria dello Stato complimenti ai Carabinieri del Ros e al suo comandante Generale Pasquale Angelosanto, complimenti al procuratore De Lucia e a tutta la Procura distrettuale antimafia di Palermo, oggi il sole splende più forte e più caldo. Evviva". Così in una nota Giuseppe Antoci Presidente Onorario della Fondazione Caponnetto ex Presidente del Parco dei Nebrodi sfuggito a un agguato mafioso nel 2016 grazie all'intervento armato degli uomini della sua scorta commentando l'arresto di Matteo Messina Denaro.

Messina Denaro: Chinnici, ‘oggi è un bel giorno per le istituzioni e per la società civile
"Congratulazioni all'Arma dei Carabinieri e all'autorità giudiziaria per l'arresto di Matteo Messina Denaro, un fatto di enorme rilevanza nella storia della lotta alla criminalità mafiosa. Oggi è un bel giorno per le istituzioni e per la società civile". Così l'eurodeputata Caterina Chinnici, figlia del giudice Rocco Chinnici ucciso dalla mafia il 29 luglio 1983, commenta l'arresto, a Palermo, del super latitante Matteo Messina Denaro.

Foto di copertina © Paolo Bassani

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