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Il ministero della Difesa russo: ora potremo arrivare a Bakhmut. Gli Usa spostano carri armati nell’Europa orientale. Pressing su Berlino per l’invio dei Leopard

Dopo ore di annunci e reciproche smentite, mentre continuano a trapelare immagini e filmati di combattimenti feroci in quello che ormai si è trasformato in uno spettrale cimitero di rovine, il Ministero della Difesa russo ha annunciato che la città di Soledar è stata presa la sera del 12 gennaio. Una conquista costata numerose vittime, stando a quanto riportato dal dipartimento militare che ha riferito come negli ultimi tre giorni Kiev abbia perso più di 700 militari e oltre 300 sistemi d’arma.

Una situazione sul campo che trova parziale conferma dal The Guardian, secondo cui la geolocalizzazione dei rapporti dei corrispondenti di guerra russi sul posto suggerisce che, di fatto, Mosca controllerebbe la maggior parte della città. “Le forze ucraine, tuttavia, sembravano rimanere all'interno dei confini municipali di Soledar, ancora combattendo nel nord-ovest, intorno alla miniera di sale e al nodo ferroviario della città”, riferisce il quotidiano, precisando come Kiev sembra ancora controllare la strada oltre la città, che collega Bakhmut e Soledar con Sloviansk e Kostyantynivka, la cui cattura minaccerebbe ulteriormente i difensori.

Più inequivocabile è stata la Cnn che, riportando le testimonianze di una troupe che stazionava vicino all’insediamento, ha riferito di una chiara ritirata delle truppe di Kiev. “La troupe posizionata a circa 2,5 miglia da Soledar, sta assistendo a quello che sembra essere un ritiro abbastanza organizzato dalla città”, ha scritto l’emittente Usa.

Per il Ministero della Difesa russo, con liberazione di Soledar le truppe ucraine ad Artemovsk (Bakhmit) si vedranno bloccate e tagliate fuori dai rifornimenti.

"Stabilire il pieno controllo su Soledar consente di interrompere le rotte di rifornimento delle truppe ucraine nella città sud-occidentale di Artemovsk, quindi bloccare e portare nella" caldaia "le unità delle forze armate ucraine che vi rimangono", ha spiegato il dipartimento.

Dal punto di vista operativo, il rapporto va ancora più nel dettaglio, descrivendo un piano con una serie di missioni specifiche che nell’ordine comprendevano: bloccare la città da nord e da sud; isolare l'area di combattimento; impedire il trasferimento di riserve ucraine dalle zone limitrofe; impedire l'uscita delle unità ucraine da Soledar; fornire supporto da parte degli aerei da attacco al suolo e dell’artiglieria.

L’occidente prepara la nuova offensiva dei carri armati
Nonostante Kiev parli di operazioni di informazione russe che hanno ingigantito l'importanza strategica di Soledar, il crollo delle difese ucraine su questo settore sembra aver generato non poco nervosismo nelle cancellerie occidentali. Secondo il New York Times i paesi della NATO si stanno affrettando a consegnare armi a Zelensky per paura che il paese non riesca a respingere l’offensiva russa.

"I funzionari occidentali temono sempre più che l'Ucraina abbia solo una finestra ristretta (di opportunità - ndr) per prepararsi a respingere un'attesa offensiva russa in primavera, si stanno muovendo rapidamente per fornire agli ucraini armi moderne, che in precedenza si erano rifiutati di fornire paura di provocare Mosca", afferma la pubblicazione.

Secondo il quotidiano, l'Occidente ha precedentemente resistito al trasferimento di alcune delle sue armi più potenti all'Ucraina, temendo che ciò avrebbe portato a un conflitto diretto tra NATO e Russia, ma "vedendo poche possibilità di colloqui di pace nel prossimo futuro e una situazione di stallo sul campo di battaglia gli alleati stanno cedendo”.

In precedenza, l'ambasciatore ucraino a Londra Vadim Prystaiko ha dichiarato in un'intervista a Sky News che l'Ucraina ha bisogno di migliaia di carri armati dai suoi alleati occidentali, in particolare modelli Challenger, Abrams e Leopard, tra le altre cose.

Gli Abrams stanno già raggiungendo l’Europa. È Reuters a riportare che i carri M-1 statunitensi e i veicoli da combattimenti da fanteria Bradley Bradley del 2nd Brigade Combat Team, 1st Cavalry Division di Fort Hood, stanno iniziando ad essere trasferiti massicciamente in Polonia e Lituania passando per il porto olandese di Vlissingen.

"Circa 1.250 unità di equipaggiamento militare stanno arrivando in questo porto", ha affermato il colonnello Robert Kellam, che supervisiona l'operazione dalla parte americana.

Come osserva il New York Times, sebbene Kiev abbia chiesto carri armati moderni dall'inizio del conflitto, gli sforzi occidentali per soddisfare tali richieste sono accelerati questa settimana, con i governi di Gran Bretagna e Polonia che chiedono apertamente un cambiamento nella posizione dell'alleanza occidentale.

Le Gran Bretagna, in particolare, come riportato dal canale Sky News, per la prima volta dall’inizio dell’operazione militare speciale, sta valutando la possibilità di fornire all'Ucraina carri armati Challenger 2 nell’ordine delle 50 unità. Una quantità tuttavia che secondo il generale Richard Dannat non pemetterebbe a Kiev di ottenere cambiamenti “reali” sul campo di battaglia.

Ben altri scenari si aprirebbero con l’invio dei Leopard tedeschi, di cui invece esisterebbero 2000 pezzi in tutta Europa. Sarà necessario tuttavia il veto favorevole della Germania, fin ora contraria alle forniture di mezzi pesanti. Tentennamenti, tuttavia, probabilmente destinati a perdurare solo pochi giorni: secondo la rivista Bloomberg Berlino dovrebbe prendere una decisione definitiva sull'invio di carri armati Leopard in Ucraina la prossima settimana. “La decisione di Berlino su questo argomento sarà probabilmente positiva”, ha sottolineato l'agenzia, senza lasciar spazio a qualunque dubbio sulla sicura marcia indietro del governo di Olaf Scholz per allinearsi alle istanze di guerra contro la Russia fino all’ultimo ucraino.

La spinta di Varsavia
Nel frattempo Varsavia, secondo l’addetto stampa del governo della repubblica, Piotr Muller, sta invece cercando di costringere altri paesi della NATO a fornire i carri armati sopracitati all'Ucraina.

Mercoledì, il presidente polacco Andrzej Duda, mentre si trovava a Lviv, ha dichiarato che il suo paese avrebbe consegnato una compagnia di carri armati Leopard come parte di una coalizione internazionale attualmente in formazione.

"Se non difendiamo un'Ucraina indipendente, saremo il prossimo obiettivo. Dobbiamo parlarne direttamente. Se l'Ucraina perde, perde anche la Polonia", ha affermato Muller, rispondendo a una domanda sulla "coalizione" per la fornitura di carri armati in Ucraina.

Berlino aveva protestato animatamente contro la decisione polacca e il rappresentante del governo tedesco, Christiane Hofmann, aveva definito illegale tale invio senza l’avvallo tedesco.

Mentre dunque sul fronte dell’Alleanza Atlantica si lotta per alzare il livello dello scontro con forniture belliche più avanzate, il viceministro degli Esteri della Federazione Russa Sergey Ryabkov ha ricordato su Ria Novosti che "la continua assistenza su larga scala a Kiev" sta sempre più "coinvolgendo i paesi occidentali nel conflitto dalla parte del regime di Kiev".

Una guerra prolungata solo fino all’inevitabile sconfitta
Un coinvolgimento sempre crescente che tuttavia non cambierà l’esito finale.

Ad affermarlo  questa volta è l'ex vice segretario alla Difesa statunitense Bing West, che in un articolo per National Review, ha affermato come la crisi ucraina potrebbe svilupparsi in due scenari, che vedono in ogni caso la sconfitta dell’esercito di Kiev.

Secondo West, nel primo caso le ostilità potrebbero configurarsi in una guerra di trincea e le forze armate ucraine soffriranno di un graduale esaurimento delle munizioni. Allo stesso tempo, Washington si asterrà dal fornire  armi a lungo raggio, il che metterà Zelenskyj in una situazione ancora più difficile. Nella seconda opzione, proposta da West, ci potrebbe essere una possibile offensiva di Kiev, che tuttavia non porterà al successo. L'autore collega la sconfitta delle forze armate dell'Ucraina con l'incapacità di colpire obiettivi militari nella maggior parte del territorio della Russia. Inoltre, “è improbabile che Biden fornisca all'Ucraina armi per distruggere tali obiettivi”, ha aggiunto.

Anche il capo dell'intelligence dell'esercito estone Margo Grosberg, aveva descritto nei numeri, come il gioco di forze della guerra nel lungo periodo favoriva senz’altro Mosca.

"Non importa quanto non siano in grado di aumentare la quantità di produzione di munizioni, la semplice matematica dice che hanno ancora circa 10 milioni di scorte, circa 3,4 milioni in più potrebbero essere realizzati in un anno... queste munizioni sono sufficienti per combattere almeno un anno, se non di più”, ha riportato Grosberg ai media locali , sottolineando che nonostante le perdite dichiarate di 1.400 carri armati in Ucraina, la Russia ne conserva oltre 9.000 attualmente negli impianti di riparazione in fase di riattivazione o nei depositi di stoccaggio. Pertanto, le perdite totali in termini percentuali sono basse e facilmente sostituibili. Lo stesso vale per i sistemi di artiglieria in cui la perdita dichiarata di 500 pezzi rappresenta solo il 10% delle scorte totali. Numeri che fanno impallidire i sistemi d’arma che ora si discute di inviare, forse per permettere ai magazzini dell’industria bellica occidentali di sostituire gli arsenali di armi oramai obsolete. Un business, quello della guerra, scrive Sky News, molto fruttuoso per compagnie come Raytheon, Lockheed Martin e Northrop Grumman.

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