Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Non bastavano le richieste di permessi premio senza collaborazione con la giustizia, e quindi con la mera “dissociazione” dall’organizzazione mafiosa. Nel tempo alcuni boss e stragisti, come ad esempio Filippo Graviano, Antonino Mangano e Luigi Giacalone, hanno chiesto la revoca del 41bis: dispositivo dell’ordinamento penitenziario previsto per recidere i legami con le organizzazioni mafiose sottoponendo il condannato a regime di isolamento. Tuttavia, il Tribunale di Sorveglianza di Roma - con collegi sempre diversi - ha sempre declinato queste “avance”. Da Piazza Adriana, infatti, fanno sapere che i tre continueranno ad essere sottoposti al regime di isolamento. Forte della sentenza della Corte di Strasburgo e della Corte Costituzionale, nonché delle norme più recenti in materia di ergastolo ostativo, la questione carceraria - in particolare per i detenuti di mafia e terrorismo - è tornata in auge nell’ultimo periodo. Da mesi alcuni mafiosi reclusi, attraverso i loro legali, provano a fare richieste come quelle sopra citate impugnando sentenze della CEDU, ad esempio, creando un clima politico e mediatico più che caotico. Ma i giudici di sorveglianza non hanno cambiato idea, come hanno sottolineato Marco Lillo e Valeria Pacelli sulle colonne de Il Fatto Quotidiano.
Emblematico è il caso di Filippo Graviano, boss di Brancaccio condannato con il fratello Giuseppe per le stragi del 1992 e 1993 e detenuto dal 1994. Già due anni fa avanzò richiesta di uscire dal regime di 41bis nel carcere di L’Aquila dove è recluso. Anche in quel caso, però, non ottenne l’esito sperato. E di fronte ai nuovi tentativi avanzati nei mesi scorsi dal Graviano, il Tribunale di Sorveglianza capitolino ha confermato il decreto ministeriale che il 21 ottobre 2021 ha prorogato per altri due anni il regime carcerario del 41bis (il regime di isolamento è disposto ogni due anni con decreto del Ministro della giustizia a seguito di un’istruttoria). Secondo i giudici, infatti, non basta che Graviano “ha riferito di essersi più volte dissociato da cosa nostra, ha detto di sentirsi ‘rieducato’, di essersi laureato con lode e ha sottolineato dei recenti processi che hanno coinvolto la sua famiglia e che si sono conclusi con sentenze di assoluzione”. Serve qualcosa di più. Graviano, infatti, “non ha mai fatto emergere nessun elemento di concreta dissociazione dal contesto criminale di appartenenza, non ha mai fornito un apporto di elementi conoscitivi riguardo la propria posizione specifica all’interno del sodalizio ovvero che potessero disvelare o aggravare la posizione degli altri sodali in ordine all’ambito di operatività e alla commissione di altri delitti mafiosi del clan; perciò, non vengono meno i dubbi in ordine all’effettivo abbandono dei legami criminali e alla possibilità del condannato a riassumere un ruolo attivo nell’organizzazione, anche da detenuto attraverso la possibilità di comunicare con altri detenuti o con l’esterno ove sottoposto a regime ordinario”, scrivono i giudici di Piazza Adriana. Come sottolineano i di giornalisti del Fatto, “per i giudici una vera dissociazione si ha quando si racconta qualcosa di vero sul proprio passato e su Cosa nostra”. Ovvero, quando si collabora con la giustizia. Come ha ricordato il consigliere togato al Csm Nino Di Matteo nel corso di un convegno all’università di Catanzaro - sottolineando come il 41bis rappresenti uno strumento fondamentale per il contrasto alle mafie - “Da Cosa nostra si esce in due modi: o con la morte o con un atto di ribellione e ostilità che, al di là delle intenzioni del singolo, faccia diventare e percepire il pentito agli occhi di tutti gli altri mafiosi come un traditore, un nemico, un pericolo. E quell’atto è la collaborazione con la giustizia, non altro. Non può essere il solo ravvedimento interiore”. Quindi non può essere la mera “dissociazione”.
Tornando a Graviano, il decreto che lo terrà in isolamento fino a ottobre prossimo è “stato legittimamente emanato” e le restrizioni al 41bis per i giudici sono “pienamente giustificate e funzionali rispetto alle finalità di salvaguardia dell’ordine e della sicurezza pubblica”.
Come hanno sottolineato Lillo e Pacelli, a sostegno di tale decisione il ministero ha richiamato la biografia criminale di Graviano, come anche i pareri della Dda di Caltanissetta e di quella di Palermo, della Dia e del Comando generale dei carabinieri (note del settembre 2021), tutti concordi nel prorogare il regime carcerario. Graviano era il reggente fino al 1993 del mandamento di Brancaccio e, si legge nell’ordinanza, “il clan risulta ancora operativo nel territorio di Brancaccio, dedito in particolare alla riscossione del pizzo al fine di mantenere i detenuti e le loro famiglie”. Per il Tribunale di Sorveglianza, infatti, la stagione della mafia a cui apparteneva Graviano è tutt’altro che finita come dimostra la latitanza d’oro della Primula Rossa di Cosa nostra Matteo Messina Denaro. Ma non è solo il contesto esterno al carcere il problema. Un allarme è giunto anche dallo stesso Graviano, fanno sapere i giudici. Il 12 maggio del 2020 il boss di Brancaccio, scrivono i giudici, “in un momento di socialità con un altro detenuto” ha proferito parole di minaccia verso l’ex pm Nino Di Matteo e il presentatore televisivo Massimo Giletti. Tutti elementi dinnanzi ai quali la dissociazione non è sufficiente a rimuovere il 41bis.
“Niet” anche per le richieste di Antonino Mangano e Luigi Giacalone. Condannato anch’esso per le stragi del 1993 a Firenze e Milano, per gli attentati di Roma - oltre che per gli omicidi di Giuseppe Di Matteo e Don Pino Puglisi - Mangano è stato nominato a capo del mandamento un tempo guidato dai Graviano e da Leoluca Bagarella. Così come Graviano, anche Mangano (da Tolmezzo) ha impugnato la proroga del decreto ministeriale che nell’ottobre 2021 ha confermato il 41 bis. La risposta del Tribunale di sorveglianza, pur riconoscendo “l’esemplare percorso carcerario, la presa dì coscienza della gravità dei delitti commessi e il conseguente senso di colpa, la critica espressa rispetto ai valori della mafia con argomentazioni ed espressioni indicative di un approccio ‘professionale’ al fenomeno mafioso, l’intento dichiarato di volersi riscattare dal passato uniformando la vita futura ai valori della legalità”, scrive che “non costituiscono elementi da cui desumere la definitiva recisione del vincolo mafioso…”. Stessa sorte anche per il reclamo di Luigi Giacalone, condannato come esecutore delle stragi fatte e tentate del 1993 (fatta eccezione per la strage di Firenze, come giustamente sottolineano Lillo e Pacelli) in concorso con i boss mandanti. Lo scorso ottobre il suo reclamo è stato rigettato e nell’ordinanza i giudici scrivono che, nonostante si trattasse di un mafioso di rango inferiore (rispetto agli altri due), “è stato comunque un elemento di spicco che ha avuto accesso e ruolo di primo piano in tutte le operazioni militari più strategiche dell’associazione e questo lo rende un punto di riferimento di prima grandezza, che in qualsiasi momento è in condizione di ritornare al centro di un flusso di comunicazioni con l’esterno nell’interesse del clan. Appare, dunque, più che giustificato prorogare il regime detentivo differenziato in capo al detenuto, quale unico modo per impedire che questo flusso di contatti e comunicazioni riprenda”. 

Foto © Imagoeconomica

ARTICOLI CORREALTI

Filippo Graviano resta in carcere: Cassazione nega permesso premio

Ergastolo ostativo, la Consulta dice sì ai permessi premio anche a chi non collabora
di Giorgio Bongiovanni e Aaron Pettinari

Pm Firenze: "Da Graviano dissociazione ma non collabora"

Il neo-ministro Cartabia e quella allarmante pronuncia della Consulta su ergastolo ostativo

Ergastolo ostativo, la Consulta dice sì ai permessi premio anche a chi non collabora

La Corte Ue e l'ergastolo ostativo: a rischio anche il 41 bis

Stato-mafia: quella ''dissociazione'' che nessuno ricorda

Giuseppe Graviano: lo stragista che ''parla'', spunto di verità?

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos