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Nel nuovo codice di procedura penale ci sono vulnus pericolosi per reati tipici delle organizzazioni criminali

È entrato in vigore il nuovo codice di procedura penale previsto dalla ormai celebre Riforma Cartabia ed è già un regalo alle mafie. Una riforma che “prevede alcune importanti innovazioni” ha detto nei giorni scorsi il presidente del Tribunale di Palermo Antonio Balsamo a Salvo Palazzolo (Repubblica), come ad esempio “l’udienza filtro e il calendario del processo”. Di contro, però, “è prevista anche una cosa che mi preoccupa molto: d’ora in poi, per procedere su un sequestro di persona sarà necessaria una querela di parte, e dunque potrebbero non denunciare”. Questo “è un errore” perché “le mafie potrebbero costringere vittime e familiari al silenzio”, ha aggiunto il giudice ricordando quanto avvenuto nella prima fase del sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del collaboratore di giustizia che ha svelato i segreti della strage di Capaci. “Se oggi venisse rapito un familiare maggiorenne per indurre al silenzio un collaboratore, il processo contro i responsabili del sequestro non si potrebbe celebrare senza una querela della vittima”. Un monito che non si è fatto attendere a lungo. È di ieri, infatti, la notizia secondo cui tre mafiosi non verranno processati per i reati di lesioni aggravate dal metodo mafioso e sequestro di persona, proprio perché per i tre boss si può procedere solo dopo querela di parte. Si tratta di Giuseppe Calvaruso, il reggente del mandamento mafioso del rione di Palermo Pagliarelli, e i boss Giovanni Caruso e Silvestre Maniscalco. Perbenisti e benpensanti potrebbero supporre che tale il Legislatore ha introdotto la querela di parte per sfoltire il carico dei processi, piuttosto che per favorire le mafie. Sì, ma come ha detto Balsamo “per questo tipo di reati serve a poco”. “A Palermo - ha continuato -, abbiamo solo 40 fascicoli per sequestro di persona” su oltre 8000 processi definiti dal Tribunale ogni anno.

Sempre “a tu per tu” con Palazzolo, Balsamo ha anche richiamato le parole di Paolo Borsellino affermando che “Cosa nostra tende sempre a porsi come istituzione parallela e alternativa allo Stato. I mafiosi continuano a fare spedizioni punitive, per gestire il territorio. In questa prospettiva, la minaccia di sequestri di persona organizzati dai mafiosi non è peregrina e la necessità di querela per perseguire questi reati potrebbe rappresentare davvero un ostacolo per il cammino della giustizia”. Dialogando con Elvira Terranova (Adnkronos), invece, il presidente del Tribunale di Palermo ha proposto di "ripristinare la procedibilità d'ufficio per i sequestri di persona realizzati da organizzazioni mafiose”. "La nuova disposizione si pone in radicale contrasto con i principi affermati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha stabilito in diverse importanti sentenze che lo Stato ha un obbligo positivo di assicurare la tutela del diritto alla libertà di ogni persona anche mediante la previsione di adeguate norme penali - ha aggiunto -. Per garantire il diritto alla libertà di tutti i cittadini, e per evitare che le organizzazioni mafiose possano commettere impunemente fatti di estrema gravità avvalendosi della loro capacità di intimidire pesantemente le vittime, sarebbe sufficiente una innovazione estremamente semplice: inserire nell'art. 623 ter c.p. (che prevede i ‘casi di procedibilità d'ufficio’) il riferimento alla norma che incrimina il sequestro di persona (art. 605 c.p.)". "La norma verrebbe così riformulata:623 ter. Casi di procedibilità d'ufficio. Per i fatti perseguibili a querela preveduti dagli articoli 605, 615, secondo comma, 617 ter, primo comma, 617 sexies, primo comma, 619, primo comma, e 620 si procede d'ufficio qualora ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale", ha spiegato Balsamo. "In questo modo, verrebbe assicurata la procedibilità di ufficio anche per i sequestri di persona commessi nel quadro dell'attività di organizzazioni mafiose, perché una tipica circostanza aggravante ad effetto speciale è proprio quella prevista dall'art. 416-bis.1 c.p. (‘Per i delitti punibili con pena diversa dall'ergastolo commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416 bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, la pena è aumentata da un terzo alla metà’.) - ha detto il giudice -. Si tratterebbe di una modifica normativa molto facile da realizzare, e che comporterebbe effetti estremamente positivi sul piano della funzionalità della riforma del sistema penale e - soprattutto - della fiducia dei cittadini nei confronti di tutte le istituzioni dello Stato".

In sintesi, la riforma del sistema penale appena entrato in vigore “rischia di produrre effetti estremamente pericolosi per la sicurezza dei cittadini”. Alla ministra Cartabia evidentemente non sono servite le innumerevoli segnalazioni di addetti ai lavori (magistrati, giudici, forze dell’ordine, giornalisti) sui pericoli della sua riforma. Come recita un proverbio, “quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”.

Foto: it.depositphotos.com

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