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"In pericolo di vita". E' questo il referto della dottoressa Carmela Di Rocco Di Padova che ha avuto modo di svolgere degli esami nei confronti del testimone di giustizia palermitano Angelo Niceta, che dallo scorso 19 novembre ha iniziato uno sciopero della fame. 
Il referto è basato sull’analisi degli esami del sangue effettuati dallo stesso Angelo lo scorso 10 dicembre.
Gli esami evidenziano diversi valori marcatamente alterati, indice di “danno epatico”, “insufficienza renale” e “segni generici di flogosi” (infiammazione). «Il proseguimento dello sciopero della fame - conclude il referto della Dr.ssa Di Rocco - comporterà l’aggravamento delle condizioni generali e delle patologie già in essere, fino ad arrivare al pericolo di vita per il Sig. Niceta» (a questo link l’immagine del referto medico).
Angelo Niceta, testimone di giustizia palermitano “sotto protezione” in località riservata, è stato costretto ad intraprendere lo scorso 19 novembre la forma di protesta pacifica e nonviolenta dello sciopero della fame in quanto costretto da una situazione drammatica, impossibilitato a sfamare sé e i suoi familiari, nonché a provvedere alle elementari necessità della vita, per chiedere che sia rispettata la legge e chiedere spiegazioni sulle gravi e molteplici anomalie verificatesi da quando si trova sotto protezione.
Nonostante ventisette giorni di sciopero della fame - e 24 kg di peso già persi – lo Stato e il servizio Centrale di Protezione del Ministero dell’Interno non è stato in grado di dare risposte minimamente logiche e ricevibili ai sacrosanti diritti di Angelo Niceta, Testimone di Giustizia che ha fatto importanti rivelazioni sui rapporti fra mafia e colletti bianchi.
Per chi non ne fosse al corrente, ripercorriamo sinteticamente la storia della sua collaborazione con la giustizia.
Ex importante imprenditore tessile palermitano, nel dicembre del 2013 Angelo Niceta cominciava a rendere spontaneamente dichiarazioni all’autorità giudiziaria di Palermo. In seguito alle sue dichiarazioni, ravvisando un grave pericolo per l’incolumità di Angelo e dei suoi congiunti, la Procura di Palermo chiedeva, nelle persone degli allora pubblici ministeri Antonino Di Matteo e Pierangelo Padova, l’inserimento di Angelo e della sua famiglia nel programma speciali misure di protezione del Ministero dell’Interno riservato ai Testimoni di Giustizia e l’immediato trasferimento in località protetta.
Ma inspiegabilmente, quando già si trovava in località protetta, ad Angelo veniva comunicato, senza che mai fino ad oggi sia stata fornita la motivazione di questa decisione, che la Commissione Centrale del Ministero dell’Interno, allora presieduta dal sottosegretario Filippo Bubbico, lo aveva inserito nel programma di protezione come Collaboratore di Giustizia. Angelo Niceta chiedeva formalmente le motivazioni di tale anomala decisione al Ministero dell’interno e la sola risposta fu che la decisione della Commissione Parlamentare non poteva essere consegnata allo stesso perché coperta da segreto di Stato. Essendo estraneo all’associazione mafiosa - anzi, essendo stato distrutto dalla mafia - e non essendo le sue dichiarazioni finalizzate ad ottenere vantaggi processuali, essendo incensurato, Angelo Niceta decideva, però, di non accettare la qualifica di Collaboratore di Giustizia, che riteneva e ritiene del tutto immotivata ed offensiva e dannosa rispetto alla sua storia personale.
Nel marzo del 2015 decideva quindi di rinunciare al programma di protezione e fece ritorno con la famiglia a Palermo, dove per oltre un anno ha vissuto completamente isolato, senza protezione e in condizioni di totale indigenza economica. Intanto continuava a rendere dichiarazioni alla magistratura e il 15 maggio del 2016 depose come Testimone al processo Trattativa Stato-Mafia.
Il 1 giugno del 2017 Angelo Niceta iniziava uno sciopero della fame ad oltranza per chiedere che fossero rispettati i suoi diritti, violati dall’attribuzione del tutto impropria della qualifica di “Collaboratore di Giustizia” e dalla mancata protezione dello Stato.
In quei giorni vennero presentate tre interrogazioni parlamentari: una alla camera dall’On. Erasmo Palazzotto, due al senato per iniziativa dei deputati Bottici, Airola, Moronese, Giarrusso, Donno, Montevecchi, Buccarella, Endrizzi e Cappelletti. L’allora Presidente della Camera Laura Boldrini, sollecitata dal comitato dei cittadini formatosi a sostegno di Angelo, espresse la sua solidarietà ad Angelo Niceta. Venne presentata anche una petizione online che in pochi giorni raccolse oltre 30000 firme.
Il 4 luglio del 2017 la Procura di Palermo chiedeva nuovamente, nelle persone dell’allora Procuratore della Repubblica Franco Lo Voi e dell’allora Procuratore Generale presso la Corte d’Appello Roberto Scarpinato, il programma di protezione per Angelo e la Famiglia nella qualità di Testimone di Giustizia. Tale richiesta vedeva anche il parere favorevole della Dr.ssa Franca Imbergamo per la Procura Nazionale Antimafia.
Il 12 luglio del 2017, dopo 43 giorni di sciopero della fame, Angelo venne nuovamente trasferito insieme ai suoi familiari (la moglie e i 4 figli) in località protetta, stavolta in qualità di Testimone di Giustizia.
La storia, purtroppo, non finisce qui.
Nonostante la legge preveda che il programma di protezione debba essere approvato tassativamente entro 60 giorni dalla richiesta, e nonostante le sollecitazioni della Procura di Palermo e della procura nazionale antimafia in tal senso, per 2 anni Angelo e la famiglia, pur vivendo in località protetta, contrariamente a quanto previsto dalla legge, vengono lasciati formalmente senza un programma di protezione, in uno status provvisorio che impedisce l’accesso ad alcuni diritti e prerogative riconosciuti ai Testimoni di Giustizia titolari di un programma di protezione. Solo nella primavera del 2019, con due anni di ritardo, viene approvato dalla Commissione Centrale del Ministero dell’Interno il programma di protezione.
Mentre durante la protezione si verificano gravi anomalie, il programma di protezione viene rinnovato per ben 3 volte: nelle sue richieste, la Procura di Palermo ha sempre sottolineato l’importanza delle dichiarazioni rese da Angelo Niceta.
Lo scorso marzo è accaduto un fatto gravissimo ed inquietante: mentre la famiglia Niceta si trovava in località protetta, estranei si sono introdotti mediante effrazione nell’abitazione di famiglia di Casteldaccia, di proprietà del figlio di Angelo Niceta, Enrico, e in tale occasione, oltre ad essere rubati molti oggetti di valore economico, anche pesanti, e affettivo - tra cui l’abito da sposa della moglie di Angelo, Rosalba - la casa è stata completamente vandalizzata con la distruzione di mobili e oggetti di valore e lo spargimento sui pavimenti di escrementi.
Altrettanto inquietante è che, nonostante la gravità del fatto, potenzialmente collegato al ruolo di Testimone di Giustizia di Angelo Niceta, l’informazione abbia scelto di ignorarlo completamente (per maggiori particolari, si veda il relativo post che scrivemmo all’epoca) acuendo così ulteriormente il vergognoso isolamento del Testimone.
Angelo Niceta continuerà ad oltranza lo sciopero della fame finché non saranno rispettate le regole, visto che, nonostante l’esiguità del mensile rapportato ad un nucleo familiare di 6 persone, negli ultimi anni non gli sono stati effettuati regolarmente i rimborsi per le spese mediche e legate allo studio, e ad oggi Angelo avanza quasi due mensilità, ma anche per chiedere allo Stato risposte sulle troppe anomalie capitate negli ultimi anni a lui e ai suoi congiunti.
Perché, mentre la Procura di Palermo e la Procura Nazionale Antimafia hanno chiesto per ben tre volte il rinnovo del programma di protezione - l'ultima volta appena un mese fa - un'altra parte dello Stato, il Servizio Centrale del Ministero dell'Interno, tratta così Angelo Niceta, testimone così importante per le procure?

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