Tra i dieci nettamente contrari Di Matteo, Ardita, Donati e Miccichè
Ieri il Consiglio Superiore della Magistratura ha rinominato Cesare Sirignano, magistrato ora in servizio presso la procura di Napoli Nord, sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo. La decisione ha diviso il plenum, infatti la delibera è passata con un margine strettissimo di voti: a favore di Sirignano hanno votato dodici consiglieri tra cui Concetta Grillo, Emanuele Basile e Ilaria Pepe. Dieci voti invece - tra cui quelli dei consiglieri togati Nino Di Matteo, Loredana Miccichè e del laico Filippo Donati - sono andati a Paolo Itri, attuale pm della procura nazionale antimafia. Ricordiamo che Sirignano era stato trasferito dalla Dna per incompatibilità funzionale e ambientale nel maggio 2020.
Il "rapporto fiduciario tra il dottor Sirignano e i colleghi dell'ufficio, o parte significativa di essi, si è deteriorato, in maniera irrimediabile", si leggeva nella delibera approvata, di cui era stato relatore il togato di Area Giovanni Zaccaro. Un deterioramento "imputabile a comportamenti volontari di Sirignano, benché non direttamente inquadrabili in fattispecie di rilievo disciplinare". Nelle conversazioni con Luca Palamara, Sirignano "non si è limitato a condividere critiche, a volte anche piuttosto aspre, nei riguardi di questo o quel collega del suo ufficio, ma ha inserito tali critiche in uno 'schema di lavoro', ossia in un disegno volto a 'mettere le pedine nei posti giusti' ed a condizionare gli assetti nell'ufficio".
Sempre nelle intercettazioni tra Palamara e Sirignano vi erano pesanti considerazioni su Nino Di Matteo, al tempo sostituto procuratore nazionale antimafia, ma anche su Federico Cafiero de Raho e la nascita del pool stragi-mandanti esterni. In una conversazione del 7 maggio 2019, dinanzi alla critica di Palamara sulla decisione del procuratore Cafiero de Raho di ‘fare il gruppo con Di Matteo dentro’”, cioè il pool stragi, Sirignano sbottava: “E voi l’avete portato come fosse il Padreterno in croce, è un mezzo scemo”. E al contempo aggiungeva: "Bisogna parlare con Federico".
Il Csm, alla luce di questo aveva deciso il trasferimento di Cesare Sirignano.
Ieri, in maniera totalmente opposta, il plenum ha votato per un suo possibile ritorno anche se, ha spiegato Palazzo dei Marescialli, non sarà immediato: ci sarà solo nel caso in cui la giustizia amministrativa dovesse annullare il suo trasferimento d'ufficio. Infatti, si legge nell’emendamento della delibera: “Occorre dare atto che la presente delibera è adottata in sostituzione di quella annullata del 3 giugno 2015 (dal Consiglio di Stato ndr), e che pertanto non produce effetti rispetto ai provvedimenti successivamente adottati, e in particolare alla delibera del Consiglio superiore del 21 Maggio 2020 con la quale è stato disposto il trasferimento d'ufficio del dottor. Sirignano e alla successiva delibera del 15 luglio 2020 con la quale il dottor. Sirignano è stato destinato alla Procura della Repubblica di Napoli nord con funzione di sostituto”.
Il dato, questo contenuto nella delibera, è stato poi ripreso dal consigliere togato del Csm Nino Di Matteo: "L'eventuale nomina del dottor Sirignano - ha detto - non produrrebbe effetti, e sarebbe perciò di fatto, a mio avviso, causa di una irragionevole e ingiustificata bocciatura del collega" Itri. "Cioè sarebbe una ennesima bocciatura delle aspirazioni e della professionalità di un collega che, a mio avviso, quella bocciatura non merita, il dottor. Paolo Itri”.
Di fatto il Csm ha preferito, in sostanza, votare una delibera “priva di effetti, piuttosto che valorizzare i giusti meriti e la grande esperienza anche del dottor. Itri”.
La decisione dell’organo di autogoverno si aggrava ulteriormente dal momento che non sono state prese in considerazione le interlocuzioni tra Palamara e Sirignano. “Al di là di come si concluderà il procedimento amministrativo che riguarda l’appannamento e la misura dell'appannamento della immagine di indipendenza imparzialità del magistrato in relazione a un determinato ruolo però non dobbiamo dimenticare un dato: il rivolgersi al dottor. Palamara per regolare alcuni assetti all'interno dell'ufficio della procura nazionale antimafia anche secondo delle dinamiche associative” ha detto Di Matteo.
In seguito è intervenuto il consigliere togato Sebastiano Ardita, il quale ha sottolineato la posizione "diametralmente opposta" del Csm in merito alla decisone presa nel 2020: “C’è un mutamento strutturale delle scelte che sono state fatte”. Questo cambiamento “deve avere una spiegazione perché questo è un organo che ha anche una responsabilità politico-gestionale".
"Questo consiglio - ha continuato - riesce a ribaltare la realtà, a ribaltare sé stesso". “Qui si sta cercando di riportare indietro qualcosa perché evidentemente qualcosa è cambiato. Perché evidentemente non c'è una coerenza. Non c'è neanche un briciolo di coerenza delle scelte di questo consiglio - ha ribadito - e questa è l'ennesima riprova di quello che, purtroppo, in questi mesi abbiamo dovuto vedere".
“Vorrei capire bene cosa è successo - ha ribadito il consigliere togato - io penso che sia giusto e coerente continuare a dare dei voti che abbiano un senso, che guardino la realtà concreta, e in questo caso che ci facciano adempiere a quella che è una indicazione che proviene dal Consiglio di Stato che ha annullato il nostro provvedimento” in maniera abbastanza tranciante. “Questa è l’unica possibilità nella chiave di lettura che vedo nel voto che dovrò esprimere”.
Per fare chiarezza, ANTIMAFIADuemila non ha nulla di personale contro il dottore Sirignano.
Ciò che stride è la costante mancanza di coerenza di questo Csm, malgrado i ripetuti interventi, le battaglie, e il lavoro di Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita e altri consiglieri togati e laici, che cercano di difendere i principi di verità e giustizia.
Ciò che si auspica prima di ogni cosa è che il Csm sia veramente “garante” dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura.
Ma, con questa decisone, Palazzo dei Marescialli si è mostrato ancora una volta per quello che è: la sede di un sinedrio farisaico con poche e lodevoli eccezioni.
Riuscirà il nuovo Consiglio Superiore della Magistratura a fare tesoro di tutti i gravi errori che sono stati commessi nei mandati precedenti e adempiere al suo ruolo in piena autonomia, indipendenza e coerenza?
Purtroppo, e questo è un dato di fatto, i segni non sono positivi.
Il seguito ripubblichiamo una lettera inviataci dal dottor. Cesare Sirignano e l’articolo di riposta del direttore di ANTIMAFIADuemila.
Le chat con Palamara e gli articoli di ANTIMAFIADuemila, lettera a Giorgio Bongiovanni
di Cesare Sirignano
Alla cortese attenzione di ANTIMAFIADuemila
Gentile direttore,
dopo aver letto per mesi notizie infondate su alcuni quotidiani ho deciso di scrivere questa lettera al giornale da Lei diretto per averne sempre apprezzato l’impegno, la passione ed il coraggio dimostrati nell’affrontare temi particolarmente delicati e soprattutto per la vicinanza assicurata ai magistrati ed in genere a coloro che con sacrifici e abnegazione oltre che con professionalità hanno contrastato le mafie e le diverse forme di manifestazione del crimine.
Nel corso della mia carriera non ho mai avuto bisogno del sostegno della stampa né in questi momenti di grande difficoltà ne ho fatto richiesta o alcuna sollecitazione.
Pur non avendo impreziosito il mio impegno con processi come quello sulla trattativa, credo, ma potrei sbagliarmi, di aver lavorato per 26 anni, sempre con indipendenza ed imparzialità, con grandi sacrifici personali e familiari, istruendo e seguendo in dibattimento centinaia di processi tra cui tre maxi da circa 100 imputati, ottenendo decine e decine di condanne all’ergastolo, catturando decine di latitanti, scrivendo centinaia di misure cautelari relative a decine di organizzazioni criminali, eseguendo 600 e più interrogatori di collaboratori di giustizia, e tutto questo sempre e solo per contribuire a contrastare efficacemente le mafie.
Per questo motivo può solo lontanamente immaginare cosa hanno significato per me contestazioni e ricostruzioni infondate su cui tuttavia, avendo ancora fiducia nelle istituzioni, sono sicuro che si farà chiarezza nelle diverse sedi.
Con questa lettera, dunque, intendo solo esprimerLe la mia profonda amarezza derivante dalla constatazione che nonostante nel plenum del 20 maggio 2020 abbia fornito gli elementi per confutare tutte le argomentazioni, anche il suo giornale continua a fornire una versione diversa da quella che si ricava dagli atti in possesso del CSM.
Ed allora certo della sua buona fede Le offro ancora i medesimi elementi su cui svolgere le sue libere valutazioni.
Fatta questa premessa, come Lei potrà agevolmente verificare, attraverso la semplice lettura dei messaggi WhatsApp e della conversazione del 7 maggio 2019 con il dott. Palamara, tutto già in possesso del CSM, emerge chiaramente come nello scambio di opinioni con il dott. Palamara abbia manifestato il mio favore alla costituzione del gruppo stragi presso la DNA per ben due giorni consecutivi (6 e 7 maggio 2019) e che, il 7 maggio 2019, abbia rigettato le argomentazioni critiche del dott. Palamara sulla presenza del dott. Di Matteo nel gruppo.
I messaggi WhatsApp del 6 maggio 2019.
Ed allora iniziamo con i messaggi.
Palamara: Questo gruppo per indagare sulle stragi tutti ne parlano. Ma c’era bisogno?
Sirignano: Si, ma non è per indagare sulle stragi. È per verificare eventuali collegamenti tra le indagini che potrebbero essere sfuggiti. O non acquisti
Palamara: Ti dico che non è grande mossa
Sirignano: Luca ma tu non hai capito che Federico rappresenta la nostra forza. E deve rappresentare
Palamara: Lo so. Ma non deve sbagliare mosse
Sirignano: Tu cogli solo un aspetto che anche a me ha fatto riflettere. Ma non sai che in questo momento lo voi ha detto a del bene che non intende dargli informazioni in genere sui procedimenti. E lo ha messo in una situazione di merca.
Potremmo anche non commentare i messaggi tanto si palesano eloquenti nel loro contenuto. Alle perplessità del dott. Palamara sulla necessità di costituire il gruppo stragi che egli estendeva a tanti altri (“tutti ne parlano”), rispondevo nell’ordine :che era necessario che il gruppo stragi fosse costituito che non era un gruppo per indagare sulle stragi (atteso che la DNA non ha compiti investigativi ma di mero coordinamento e di impulso) che il Procuratore di Palermo Lo Voi non aveva voluto fornire al collega Del Bene, magistrato della DNA assegnato al collegamento con la procura di Palermo, informazioni sui procedimenti in generale (così privandolo della possibilità di svolgere il lavoro di coordinamento per il quale la stessa DNA esiste).
che il procuratore Cafiero rappresentava la forza (una risorsa) per contribuire a rendere la DNA un ufficio centrale assicurando un pieno coordinamento.
Alcuni commenti, anche contenuti in articoli on line del suo giornale, non colgono, evidentemente, il significato di questi messaggi affermando che “le parole poco attengono alla lotta alla mafia”.
Il magistrato Cesare Sirignano
Non comprendo il senso di queste affermazioni ma potrebbe essere un mio limite ma leggendo i messaggi una cosa è certa: ritenevo la costituzione del gruppo stragi una soluzione per migliorare e rendere ancora più efficace le funzioni di coordinamento e di impulso della DNA ancorando la mia opinione a disfunzioni e criticità accertate nell’esercizio delle attività proprie dell’ufficio da cui sono stato allontanato.
Sul punto vi sarebbe tanto altro da dire ma non è questo il momento giusto. Basterebbe comunque chiedere ai colleghi della DNA quanti problemi l’ufficio, concepito dal dott. Falcone come strumento essenziale per la circolazione delle informazioni e per la efficacia della azione di contrasto alle mafie, incontra ed ha sempre incontrato, al netto delle affermazioni di stile, nell’esercizio dell’attività di coordinamento e di impulso che le sono proprie.
In questo scenario la costituzione dei gruppi rappresentava un segnale nel senso della necessità del coordinamento su fatti criminali di straordinaria importanza per il paese ed il dott. Cafiero era congeniale al raggiungimento di questo obiettivo.
Dunque da questi messaggi emerge chiaramente che lungi dal condividere o avallare le argomentazioni critiche del dott. Palamara anche nei confronti del PNA Cafiero, sulle quali peraltro non intendo esprimere alcuna valutazione trattandosi di legittime manifestazioni di pensiero, non solo le confutavo ma gli fornivo anche gli elementi di ordine tecnico per comprendere le ragioni della costituzione dei gruppi.
Come emerge chiaramente, inoltre, alcun riferimento al dott. Di Matteo veniva svolto nel corso dei messaggi riportati.
La conversazione del 7 maggio 2019
Il giorno dopo, 7 maggio 2019 il dott. Palamara introduceva di nuovo ed in modo del tutto estemporaneo l’argomento relativo alla costituzione del gruppo stragi precisandomi anche il motivo per cui aveva manifestato le sue perplessità il giorno precedente.
Il PNA non avrebbe dovuto costituire il gruppo e non avrebbe dovuto inserirvi il dott. Di Matteo facendo riferimento alla trattativa (questa frase “quello della trattativa” non è stata trascritta dal GICO).
Come emerge chiaramente dalla conversazione non solo ribadivo al dott. Palamara, che criticava ancora il PNA, che il gruppo era stato fatto per verificare se vi fossero dei punti da seguire (intendendo filoni investigativi) così come avevo già fatto il giorno prima con i messaggi WhatsApp, ma gli rispondevo, seccato per la riproposizione del medesimo argomento del giorno prima, con la eloquente espressione “allora... ma io... però non fare il coglione su questa cosa... (frase, anche questa, non trascritta dal GICO).
Ecco la parte della trascrizione della conversazione:
Palamara: ... sì, però pure Federico non deve fare pure il gruppo, quello della trattativa, con Nino Di Matteo dentro, Cesare...
Sirignano: allora... ma io... però non fare il coglione su questa cosa...
Palamara: eh lo so.
Sirignano: ... è una cosa fatta... fatta semplicemente per verificare se ci sono dei punti da seguire...
Ed infatti dopo aver fatto intendere che non volevo più parlare della questione il dott. Palamara soprassedeva ed introduceva un altro argomento.
Ma il dato più sconfortante riguarda il giudizio negativo sul collega Di Matteo che sarebbe stato svolto nel corso del colloquio con il dott. Palamara.
Nella trascrizione eseguita dal GICO, in realtà, già non vi era una consecutio tra la parte relativa alla collocazione del dott. Di Matteo nel gruppo della trattativa e la frase “è un mezzo scemo” collocata dopo l’introduzione di altra lamentela del dott. Palamara stavolta riferita alla collega Barbara Sargenti.
La trascrizione della conversazione, una volta ricevuto il file audio richiesto invano durante l’istruttoria in 1° Commissione, consente di fare chiarezza anche sul punto essendo emerso che la frase non si riferisce al dott. Di Matteo come da me sempre sostenuto in tutte le sedi.
Mi preme, tuttavia, evidenziare che dopo la pubblicazione dell’articolo de “La Verità” del 5 luglio 2019, avendo preso atto della conversazione che, sebbene con tante parti omissate ed incomprensibili, mi attribuiva il commento negativo nei confronti del collega, mi recavo immediatamente da lui riferendogli che non ricordavo quella conversazione e che pure se avessi detto quella frase non era per offenderlo ma solo per chiudere l’argomento con il dott. Palamara, cosa poi effettivamente avvenuta. In ogni caso dopo avergli chiesto scusa con le citate precisazioni i rapporti con il dott. Di Matteo continuavano come prima tanto da andare ancora insieme a pranzo fino alla sua elezione al CSM dell’ottobre 2019.
Ho sempre stimato il dott. Di Matteo ed in più di una occasione gli ho manifestato il mio apprezzamento per il coraggio e per le capacità di lavoro dimostrate nel corso degli anni ricevendo dal collega le medesime considerazioni di apprezzamento nei miei confronti per il lavoro svolto presso la DDA di Napoli.
Non vi era e non vi è mai stata, dunque, alcuna condivisione con il dott. Palamara o avallo delle sue considerazioni critiche in relazione alla vicenda relativa alla collocazione del dott. Di Matteo nel gruppo stragi che, invece, vedevo con favore superando anche le critiche mosse al PNA Cafiero per la costituzione dei gruppi e le perplessità sorte nell’ufficio.
La vicenda relativa alla collocazione del dott. Di Matteo, tuttavia, anche per la errata trascrizione e conseguente interpretazione delle conversazioni della relativa parte, nonostante i messaggi WhatsApp dal significato inequivoco in favore del gruppo stragi e del dott. Di Matteo, è ritornata ad essere nuovamente argomento di discussione e collegata al dott. Palamara ed al dott. Cafiero una volta resi pubblici i messaggi con i quali il dott. Palamara commentava l’estromissione del dott. Di Matteo dal gruppo a seguito di provvedimento adottato dal PNA il 21 maggio 2019.
Ed allora anche sul punto occorre fare chiarezza:
Il 21 maggio 2019 non ero a Roma. Mi trovavo a Vienna da due giorni per svolgere una relazione sui collaboratori di giustizia presso l’ONU in una 4 giorni (18 - 22) dedicata a diversi temi. Nel primo pomeriggio venivo raggiunto da una telefonata del collega della DNA Del Prete il quale, nel salutarmi, mi informava che il PNA Cafiero aveva estromesso il dott. Di Matteo dal gruppo stragi. Non avevo visto la trasmissione in cui il dott. Di Matteo aveva rilasciato l’intervista sulle stragi e dunque non avevo idea del motivo per cui il PNA lo avesse estromesso.
Tornato a Roma il martedì sera 22 maggio 2019 andavo in ufficio il mercoledì e solo in quel momento acquisivo maggiori dettagli sulle motivazioni che avevano indotto il PNA Cafiero ad adottare il provvedimento.
Dalle informazioni acquisite dai colleghi della DNA emergeva che il dott. Di Matteo era stato estromesso per aver tradito un impegno di riservatezza assunto con le procure distrettuali di Firenze, Caltanissetta e Palermo nel corso di una riunione avvenuta a Roma in DNA ove erano state discusse le future linee investigative sulle stragi.
Anche in tal caso i messaggi scambiati con il dott. Palamara non lasciano residuare dubbi emergendo chiaramente come pur essendo stato adottato il provvedimento in data 21 maggio 2019, soltanto il 26 maggio, ricevuto via whatsapp da un collega, in prima mattinata, l’articolo di giornale che pubblicava la notizia del provvedimento di estromissione del dott. Di Matteo dal gruppo stragi, lo inoltravo senza alcun commento al dott. Palamara al solo fine di comunicargli il fatto accaduto.
Una mera comunicazione alla quale il dott. Palamara rispondeva con “grande Federico”.
Ho già avuto modo di precisare che da questi messaggi emerge che dal 21 maggio e fino al 26 maggio 2019 non vi era stato alcun contatto o confronto con il dott. Palamara sulla vicenda legata all’intervista o alla estromissione del dott. Di Matteo.
Dunque, soltanto quando la notizia era divenuta di dominio pubblico per essere stata oggetto di articolo di giornale la comunicavo al dott. Palamara senza fare alcun commento.
In quel periodo, inoltre, i commenti sulla vicenda erano incentrati sulle conseguenze che l’intervista avrebbe potuto determinare nei rapporti con le procure distrettuali impegnate nelle indagini sulle stragi su cui, peraltro, sono state fornite informazioni dal PNA.
Dunque caro direttore lei può forse solo immaginare cosa si provi a vedersi contestare frasi mai pronunciate e intenzioni mai nutrite e constatare che 26 anni di lavoro al servizio dello Stato in uffici di frontiera ed i plurimi ed attuali riconoscimenti alla professionalità, all’equilibrio e soprattutto alla indipendenza ed imparzialità, siano stati mortificati con motivazioni infondate e contraddittorie sulla base di errate e fuorvianti ricostruzioni dei fatti determinate da omesse ed errate trascrizioni delle conversazioni.
Il contrasto alle mafie è sempre stato l’obiettivo a cui ho dedicato la mia vita professionale ed i risultati raggiunti nel rispetto delle garanzie di tutti e senza protagonismi lo hanno attestato in modo inconfutabile. Con un provvedimento infondato ed immotivato sono stato estromesso dalle funzioni che per anni ho svolto con alto senso del dovere e con grandi sacrifici.
Come le ho anticipato non ho chiesto sostegno o difese ma auspico che almeno errori di interpretazione o insinuazioni così profondamente ingiuste non si ripetano più.
Con l’occasione le auguro buon lavoro,
Cesare Sirignano
L'ex magistrato Luca Palamara
Riposta del direttore di ANTIMAFIADuemila, Giorgio Bongiovanni.
Comprendiamo la necessità di chiarimento espressa dal dottor Sirignano (anche per questo pubblichiamo con trasparenza e senza censura alcuna l'intero suo racconto) e non mettiamo neanche in dubbio l'impegno che il dottor Sirignano ha messo nella lotta alla mafia, anche se a nostro avviso alcuni passaggi delle conversazioni avute con Palamara restino quantomeno discutibili se non gravi.
Detto questo prendiamo atto dell'incontro avuto, a chiarimento delle sue parole, con il consigliere Nino Di Matteo.
Per onore di cronaca ricordiamo le motivazioni del provvedimento del Csm con cui venne trasferito per incompatibilità funzionale e ambientale. Scrive il Csm che in quanto in quelle conversazioni con Palamara, Sirignano "non si è limitato a condividere critiche, a volte anche piuttosto aspre, nei riguardi di questo o quel collega del suo ufficio, ma ha inserito tali critiche in uno 'schema di lavoro', ossia in un disegno volto a 'mettere le pedine nei posti giusti' ed a condizionare gli assetti nell'ufficio".
Ugualmente vogliamo ricordare le parole dello stesso Nino Di Matteo con cui motivò il proprio voto: "Sarei ipocrita se non dicessi che fin dall'inizio ho seguito queste vicende. Le attività professionali mie e del dottor Sirignano si sono incrociate in Antimafia per quasi 2 anni, per questo avevo pensato di astenermi e di non partecipare al voto. Forse sarebbe stato più comodo astenermi e lavarmi le mani ma sono un consigliere del Csm e su una questione così importante e di interesse generale non posso astenermi"."Il dott. Sirignano parlando della Dna, cioè dell'ufficio che ha compiti importantissimi di coordinamento e di impulso rispetto a tutte le attività antimafia d'Italia, invece di respingere al mittente, ha avallato - proseguì Di Matteo - le pretese di Palamara di portare nel cuore dell'Antimafia interessi correntizi, piuttosto che il merito e la capacità". Sirignano, secondo Di Matteo, "anche nell'audizione di ieri davanti al Plenum, ha affermato che anche per questioni così importanti come le nomine e gli assetti della DNA 'se non hai l'appoggio della tua corrente non hai dove andare' e ha ribadito 'avevamo come dominus Palamara'. Stiamo parlando dell'assunzione di questo criterio, a criterio condiviso per regolare le attività di contrasto alla mafia. E questo per me è molto grave". "Dagli atti - aggiunse allora - emerge che Sirignano non si limitava a subire le scelte di Palamara, ma lo rassicurava affermando in più occasioni che delle richieste di Palamara ne avrebbe parlato con il Procuratore Nazionale o con il politico Ferri. Cioè le correnti, per il dott. Sirignano, dovevano entrare nella determinazione del lavoro della Procura antimafia. 'Ne parliamo con Federico e con Cosimo', erano le sue risposte a Palamara. Questo risulta dalle intercettazioni".
Il dottore Sirignano ha diritto di replica e di non condividere la decisione del Csm, ma è anche nostro dovere ricordare, anche nel dettaglio, le audizioni e le delibere del Csm sul suo caso e la decisione finale. Qui allegati i correlati di tutti gli articoli.
Cordialmente,
Giorgio Bongiovanni
Foto © Imagoeconomica
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