A casa dell’ex vicepresidente trovate mazzette per 150mila euro. Metsola: “Democrazia europea sotto attacco”. Nell’inchiesta tanti fili portano all’Italia
Eva Kaili, l’eurodeputata greca finita al centro del maxi scandalo di corruzione “Qatargate”, è stata ufficialmente destituita dalla carica di vicepresidente del Parlamento Europeo sulla base dell’articolo 21 del Regolamento. Gli eurodeputati hanno votato all’unanimità ieri mattina per approvare la sua destituzione. L’aula ha votato sì con la maggioranza di oltre due terzi (625 voti), come previsto dal Parlamento. Un solo contrario e due astenuti. Eva Kaili è accusata di essere la personalità più importante coinvolta nello scandalo, su cui sta indagando la magistratura di Bruxelles, delle tangenti elargite da "un paese del Golfo”, molto probabilmente il Qatar a parlamentari europei, assistenti e Ong, che la stampa ha ribattezzato "Qatargate". L’operazione della procura belga è il risultato di mesi di lavoro e intercettazioni da parte della polizia che hanno portato alla scoperta di un'organizzazione criminale volta a influenzare il voto del parlamento europeo a vantaggio degli stati committenti - il Qatar, appunto, e il Marocco - in cambio di ingenti somme di denaro e regali.
“Sono infuriata e dispiaciuta. La democrazia europea è sotto attacco”, ha detto la presidente del Parlamento Europeo Roberta Metsola aprendo la Plenaria a Strasburgo. Parole che fanno intendere che questa inchiesta potrebbe fare da apripista a una profonda riforma nella trasparenza degli atti e nei rapporti con le lobby degli eurodeputati. L'ordine dei lavori della Plenaria è stato aggiornato: sul Qatargate ci sarà una risoluzione, che sarà votata giovedì. "Non metteremo la polvere sotto il tappeto. Avvieremo un'indagine interna", ha sottolineato Metsola, promettendo "una scossa" per l'Eurocamera. "Avvieremo un processo di riforma per verificare chi ha accesso alle nostre sedi, come vengono finanziate le Ong, quali legami hanno con Paesi terzi, chiederemo maggiore trasparenza", ha spiegato. Tornando a Eva Kaili, finora l’ex numero due del Parlamento Europeo era riuscita ad evitare l’arresto grazie all’immunità parlamentare di cui godeva. Ma la polizia le ha trovato in casa due borse con banconote per un ammontare di circa 150mila euro e quindi per flagranza di reato hanno proceduto con il fermo. Altri 600mila euro sono stati trovati nella valigia che portava suo padre, anche lui poi fermato, mentre abbandonava di corsa un albergo del quartiere europeo di Bruxelles.
Nel frattempo l’ex vicepresidente dell’Eurocamera è stata trasportata nel carcere di Haren, alla periferia nord-orientale di Bruxelles, non lontano dall’aeroporto internazionale di Zaventem, si apprende dalla procura federale belga. Mazzette sono state trovate anche in casa dell’ex eurodeputato italiano Antonio Panzeri, l’altra grande figura finita nell’inchiesta. Si parla di circa 17mila euro.
Per lui domani, mercoledì 14 dicembre, è prevista la prima udienza. Verrà sentito insieme a Kaili, l’assistente parlamentare, nonché marito di Kaili, Francesco Giorgi e il segretario dell’ong “No Peace Without Justice” Niccolò Figà-Talamanca: i quattro arrestati dell’inchiesta avviata nel 2021.
L'ex eurodeputato Antonio Panzeri © Imagoeconomica
Le accuse contestate ai quattro arrestati sono associazione a delinquere, riciclaggio di denaro e corruzione: "Viene sospettato il versamento d’importanti somme di denaro e l’offerta di regali significativi a terzi aventi una posizione politica e/o strategica tale da permettere, in seno al parlamento Europeo, d’influenzare le decisioni del detto parlamento”, ha reso noto in un comunicato la procura federale belga. Rilasciati sotto condizioni il padre della Kaili e Luca Visentini, segretario generale della Confederazione sindacale internazionale.
Finora la polizia federale belga, nell’ambito dell’inchiesta, ha sequestrato un totale di 1,5 milioni di euro in contanti. Vale a dire il totale delle mazzette scovate nelle abitazioni dell'ex eurodeputato Panzeri e dell'ex vice presidente Kaili, nonché dei gioielli e orologi trovati.
Intanto sembra che uno dei quattro arrestati, il compagno di Kaili Francesco Giorgi, abbia iniziato a vuotare il sacco davanti ai magistrati belgi. La procura, interpellata a riguardo, non ha smentito la notizia. La stampa belga riporta che Giorgi avrebbe parlato a lungo con i magistrati e che una delle quattro persone interrogate - anche se in questo caso non viene citato il nome - avrebbe fatto il nome dell’eurodeputato socialista Marc Tarabella. L’eurodeputato belga non risulta indagato e gode tra l’altro dell’immunità parlamentare, che viene persa solo in caso di flagranza di reato. Contattato da L’Echo Tarabella ha detto di “non avere assolutamente nulla da nascondere”.
“Altri europarlamentari saranno coinvolti”
Intanto, secondo Hannah Neumann, eurodeputata dei Gruenen, gli ecologisti tedeschi (gruppo Verdi/Ale), l'indagine condotta dalla magistratura belga per sospetta corruzione ad opera di Doha per influenzare il Parlamento Europeo, è destinata ad allargarsi ad "altri" eurodeputati, oltre alla vicepresidente Kaili. Neumann è presidente della Darp, la Delegazione del Parlamento per i rapporti con la Penisola Arabica, della quale era vicepresidente Marc Tarabella e nella quale siede, come sostituta, la stessa Kaili. "Temo che ce ne saranno altri - ha detto all’AdnKronos - basta guardare la cosa razionalmente: cosa ci fai con un eurodeputato? O provi con altre istituzioni, o devi provare con più eurodeputati. Con uno non ottieni niente". Per Neumann, la corruzione (presunta finora) svelata dagli inquirenti belgi è stata un'amara sorpresa: "Ci sono sempre - ha spiegato - colleghi più amichevoli con alcuni Paesi rispetto ad altri e il presidente della delegazione deve sempre cercare di trovare un equilibrio, essere diplomatica. Ho sempre pensato che queste posizioni fossero basate su differenze politiche e ora, dato che so che potrebbero esserci soldi coinvolti, la trovo davvero una rottura nel legame di fiducia che esiste tra colleghi. Ci sono molti Paesi terzi che cercano di influenzare la nostra democrazia. Ma per me il grosso problema è che uno, o forse alcuni dei miei colleghi ci sono cascati".
L'ex presidente della sottocommissione Droi Antonio Panzeri "l'ho conosciuto - ha raccontato l'eurodeputata, classe 1984 - quando ho iniziato a lavorare nel Parlamento Europeo, ha chiesto di incontrarmi. L'ho incontrato: era uno dei tipici uomini italiani più anziani: non mi è piaciuto molto, ma non avevo motivo di sospettare qualcosa". "Stava facendo una campagna per il suo osservatorio per combattere l'impunità. Non ho compreso appieno il concetto di questo osservatorio, ma ovviamente voglio anch'io lottare contro l'impunità. Per me era più una persona che cerca fondi per la sua Ong, cosa che succede spesso a Bruxelles. Ma non sospettavo che ci fosse qualcosa di criminale dietro”, ha confessato.
I soldi sequestrati dalla polizia federale belga tra Kaili e Panzeri. Immagine diffusa dal giornalista Louis Colart
Le parole al miele per il Qatar
Neumann, come altre eurodeputate, aveva notato dei cambiamenti nelle posizioni di alcuni colleghi nei confronti di Doha in vista dei mondiali che si stanno giocando ora nel Paese: "Mi ha colpito - ha spiegato - il fatto che alcuni colleghi fossero molto pro-Qatar. Marc Tarabella (ha subito una perquisizione domiciliare e si è autosospeso dal gruppo S&D, ndr) ha fatto un cambiamento, ma nel corso degli anni, dall'essere contro il Qatar a essere più pro-Doha, ma in realtà anche quel Paese ha avuto un'evoluzione nella legislazione sui lavoratori migranti. Quindi la sua trasformazione non è stata del tutto assurda. Il Qatar non è il modello che alcuni hanno descritto, ma chiaramente c'è stata un'evoluzione. E ancora, forse non c'è niente. O c'è…".
Di fatti, se all’inizio Tarabella era stato molto duro con l'assegnazione della coppa in Qatar, le sue posizioni si sono ammorbidite con il moltiplicarsi dei suoi viaggi nello stato del Golfo durante la costruzione dei cantieri del mondiale. Ultimamente aveva più volte ripetuto che non era di nessun aiuto continuare a parlare male di Doha quando il Paese stava facendo sforzi per migliorare sul piano dei diritti umani e aveva votato contro una risoluzione sulla risoluzione dei diritti umani in Qatar. Stessa cosa per Kaili che solo poche settimane fa in aula difendeva apertamente il Qatar dicendo “che il Qatar è all'avanguardia nei diritti dei lavoratori, abolendo la kafala e introducendo il salario minimo”.
“Eva Kaili: internamente la chiamavo la portavoce della lobby del Qatar”, ha ricordato Neumann. “Ma pensavo fosse solo un po' ingenua, non che fosse corrotta. Pensavo non capisse. Pensavo le avessero parlato e che lei semplicemente credesse alle cose che le dicevano". E alla domanda se ritiene che ci siano altre istituzioni coinvolte, l’eurodeputata ha risposto di non saperlo. “Fino a pochi giorni fa non avevo sospetti di corruzione su nessuno".
Quel filo che lega l’inchiesta all’Italia
E’ da venerdì scorso, giorno in cui sono stati applicati i sigilli agli uffici di una serie di collaboratori e assistenti, tutti italiani, che la procura belga parla di “Italian Connection” dentro il “Qatargate”.
L’inchiesta infatti si è allargata e la procura belga ha posto i sigilli anche agli uffici a Strasburgo di Davide Zoggia, assistente dell’eurodeputato Pietro Bartolo, eletto nelle fila del Pd e iscritto al gruppo S&D. Zoggia, è stato deputato con il Pd e poi Articolo 1 e in passato è stato anche sindaco di Jesolo e presidente della provincia di Venezia. Lunedì Bartolo aveva lasciato la posizione di relatore ombra sul testo di liberalizzazione dei visti al Qatar. Andrea Cozzolino, anche lui dem, si è autosospeso e ha rinunciato alla sua attività di coordinatore delle emergenze. Stop anche all’italo-belga Maria Arena, che ha lasciato la presidenza della commissione per i Diritti Umani, e al connazionale di origini italiane Marc Tarabella (non indagato), la cui casa è stata perquisita sabato sera ed è stato sospeso sia dal gruppo S&D che dal partito socialista belga. Perquisiti anche gli uffici di Michelle Rieu, capo unità all’Eurocamera la cui attività negli ultimi mesi è stata legata alla sottocommissione Diritti Umani, e di Petra Prossliner, anche lei capo unità.
Il compagno di Kaili, Francesco Giorgi © Imagoeconomica
Ma al centro dell’inchiesta, la “mente”, resta Panzeri, europarlamentare dal 2004 al 2019, attivista per i diritti umani, e oggi leader di "Fight impunity", una ong che si pensa sia più una copertura per attività a scopi personali. Nelle ultime ore dall’ong si sono dimesse importanti personalità europee come il membro onorario Dimitris Avramopoulos, ex ministro degli Affari Esteri di Atene. Tra i membri dell’ong anche l'ex capo della diplomazia europea Federica Mogherini, l'ex primo ministro francese Bernard Cazeneuve e l'europarlamentare di lungo corso Cecilia Vikstrom. Anche Emma Bonino si è dimessa dall’Advisory Board.
Nei guai, insieme a Panzeri, è finita anche parte della sua famiglia. La Corte d’Appello di Brescia, infatti, ha convalidato l’arresto di Maria Colleoni e Silvia Panzeri, moglie e figlia dell’ex eurodeputato, per cui è stato emesso un mandato di arresto europeo. Sono state fermate nella loro abitazione a Calusco d’Adda con l’accusa di concorso in associazione per delinquere, corruzione e riciclaggio. Per loro il giudice ha disposto gli arresti domiciliari.
La moglie consigliò a Panzeri di aprire un conto con "partiva Iva, il che suggerisce che Panzeri avrebbe potuto cominciare una nuova attività commerciale soggetta a Iva". Ciò dimostra che la moglie eserciterebbe "una sorta di forma di controllo sull'attività del marito o che per lo meno cercasse di mantenere qualche controllo”, secondo gli inquirenti. Poi, per concludere, Colleoni "usava la parola 'combines' ('intrallazzo' in francese) per riferirsi ai viaggi e agli affari del marito”. In uno degli atti dell’inchiesta si legge che Panzeri "è sospettato" di essere intervenuto "politicamente con i membri" che lavorano al Parlamento Europeo non solo a beneficio del Qatar ma anche del Marocco, "contro pagamento”.
Il più grande scandalo della storia di Strasburgo
Quello che sta avvenendo a Strasburgo è indubbiamente il più grande scandalo che abbia mai colpito il Parlamento Europeo dalla sua costituzione. I vertici della Commissione, per tutto il weekend, hanno provato a vederci chiaro. La comunità europea di Bruxelles è sotto shock. E, come detto, si teme il saltare di altre teste in aula. Viktor Orban, presidente dell’Ungheria, intanto se la ride e sfotte il Parlamento europeo dopo lo scandalo. Il primo ministro ungherese ha pubblicato infatti un meme sui social, in cui si sottolinea la ferma presa di posizione dell'Europa sulla corruzione in Ungheria, almeno fino a qualche giorno fa. "E poi hanno detto: 'Il Parlamento europeo è seriamente preoccupato per la corruzione in Ungheria'", si legge sopra l’immagine di alcune persone che ridono. A corredo dell'immagine, Orban ha scritto: "Buongiorno al Parlamento europeo".
Il sottotesto è chiaro: il riferimento è al fatto che le istituzioni Ue sono impegnate ormai da tempo in un duro braccio di ferro col governo ungherese sul rispetto dei diritti e dei valori democratici contestando la corruzione dilagante in Ungheria. Di recente la Commissione ha addirittura minacciato di congelare parte dei fondi Ue per Budapest. Un’ipocrisia che Orban ha tentato subito di cavalcare.
Rielaborazione grafica by Paolo Bassani
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