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Intervistati il consigliere togato al Csm e il procuratore Gratteri a margine di un convegno a Catanzaro

“La proposta del senatore Scarpinato può essere una ulteriore base per una modifica, per un miglioramento del decreto-legge in sede di conversione anche perché non credo che possa passare l’idea che lo Stato non è in grado di proteggere un collaboratore di giustizia o un mafioso che vuole collaborare con la giustizia. E se quest’ultimo non intende farlo non può ripararsi dietro l’alibi del timore di ritorsioni per sé e per la sua famiglia”. Così si esprime il consigliere togato al Csm Nino Di Matteo a margine del convegno “Ergastolo Ostativo. Il problema e le implicazioni costituzionali”, che si è svolto lo scorso 2 dicembre presso l’Università di Catanzaro. Assieme al magistrato palermitano sono intervenuti anche il Procuratore capo della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, l’ex magistrato già capo del Dap Bernardo Petralia, Gherardo Colombo, già magistrato, noto al grande pubblico per la storica inchiesta di “Mani Pulite”, e Raffaele Sabato, giudice della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Per Di Matteo il decreto-legge emanato dal Governo è “un segnale di attenzione importante” anche se andrebbe “migliorato ed emendato in fase di conversione in legge”. È un tema molto delicato quello dell’ergastolo ostativo: disciplina espressa nell'articolo 4bis dell'ordinamento penitenziario con cui si vieta di liberare i boss mafiosi (alcuni anche stragisti) e terroristi condannati all'ergastolo, se non collaborano con la giustizia (la questione le era stata sottoposta dalla Cassazione). “Le aspettative delle mafie su questa vicenda sono tante - ha aggiunto il consigliere togato -. Certamente lo Stato con tutte le sue componenti dovrà dimostrare di non sottostare ad eventuali ricatti mafiosi che possono essere ancora in atto proprio, tra gli altri temi, sul tema dell’ergastolo”. Il tema dell’abolizione dell’ergastolo “inteso veramente come fine pena mai è stato sempre a cuore alle mafie, ai vertici di Cosa nostra e non solo - ha aggiunto -. Fin dai tempi in cui la riforma in tal senso costituiva uno degli obiettivi della campagna stragista tra il 1992 e il 1994. Oggi il paradosso è che proprio alcuni di quelli che sono stati condannati per avere organizzato ed eseguito quegli attentati potrebbero accedere ai benefici e uscire dal carcere”.
Per il magistrato “la mafia aspetta dalla politica il raggiungimento di obiettivi precisi, tra cui l’abolizione dell’ergastolo e l’attenuazione del regime 41bis” così come il “ridimensionamento del potere di indagine del pubblico ministero”, e che “renda più difficili le inchieste, le intercettazioni e tutto quello che può mettere in luce eventuali rapporti tra le mafie e altri poteri”. Si deve evitare un rischio, ha detto Di Matteo ai giornalisti presenti, “ovvero che in seguito alle sentenze della CEDU e della Corte costituzionale venga meno qualsiasi forbice trattamentale tra collaboratori di giustizia e irriducibili. Oggi stiamo andando incontro al paradossò per cui collaborare con la giustizia non conviene più o comunque non è più conveniente dal punto di vista delle conseguenze processuali e penitenziarie rispetto, a quanto lo fosse prima”.
In merito alla funzione rieducativa della pena, argomento spesso utilizzato come punto di forza per chiedere l’abolizione dell’ergastolo ostativo, Nino Di Matteo ha ribadito l’importanza di tale principio, “però non dobbiamo dimenticare che questo principio va contemperato con altri principi costituzionali ugualmente fondamentali”. Ad esempio “il diritto costituzionale alla libertà personale, al lavoro, alla sanità, alla libera iniziativa economica”. Tutti diritti costituzionali che “vengono quotidianamente messi in pericolo dallo strapotere delle mafie - ha continuato -. Quindi credo che si debba trovare una soluzione per contemplare tutti questi diritti. E bisogna anche non dimenticare che tendenzialmente, la storia giudiziaria ce lo ha insegnato e non soltanto quella, quando si fa parte di un’organizzazione mafiosa come Cosa nostra o la ‘Ndrangheta il vincolo che si viene a creare è perpetuo. Per poterlo spezzare è necessario che l’affiliato tradisca l’organizzazione iniziando a collaborare con la giustizia. Solo così potrà essere percepito anche dagli altri sodali come una persona da allontanare definitivamente. Altrimenti il pericolo del ripristino dei legami sia connaturato alla tendenziale perpetuità del vincolo associativo”.




Gratteri: ok parlare di ergastolo ostativo ma non è l’unico problema

Anche il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri ha rilasciato alcune dichiarazioni sul tema. Partendo da un assunto: “forse noi come Italia siamo stati poco chiari e parliamo poco con l’Europa. Spieghiamo poco alla Corte europea cosa sono le mafie, qual è la pericolosità delle stesse e qual è la loro filosofia criminale”. Secondo Gratteri, queste lacune hanno portato alla sentenza della CEDU e, successivamente, della Corte costituzionale. “Andrebbe spiegata meglio con fatti concreti e in modo strutturato - ha aggiunto -. Si deve capire intanto la differenza tra criminalità comune, criminalità organizzata, gangsterismo e mafia. Spesso vengono confuse tra loro”. “Tra due soggetti condannati all’ergastolo, inoltre, ci può essere una pericolosità diversa se si tratta di soggetti appartenenti a organizzazioni mafiose o se si tratta di appartenenti alla criminalità organizzata”. Anche per Gratteri la funzione rieducativa è indispensabile “ma bisogna stabilire che cosa si vuole fare”. “Per rieducare nelle carceri ci vogliono soldi e investimenti”, ha aggiunto il procuratore. E per fare ciò, “bisogna sfoltire le carceri”. E ai giornalisti che hanno domandato un’opinione su come risolvere il problema del sovraffollamento carcerario, Gratteri ha risposto: “Il tossicodipendente che si trova in carcere perché ha commesso un reato a causa della sua tossicodipendenza è inutile che sta in carcere. Quando uscirà la sera stessa andrà a fare una rapina per comprarsi la cocaina o l’eroina. Se, invece, dopo un percorso con uno psicologo questo tossicodipendente lo mandiamo in una comunità terapeutica per disintossicarsi allora non è tempo perso né per noi né per lui come individuo. Forse lo possiamo recuperare”. Un’altra proposta, invece, riguarda i detenuti “malati psichiatrici che anziché tenerli in carcere andrebbero costruite delle Rems, cioè strutture protette dove poter ricevere cure e assistenza da psicologi e psichiatri”. Per Gratteri, dunque, “prima di parlare di ergastolo ostativo, 41bis e alta sicurezza” si dovrebbe “pensare a queste categorie di soggetti” in modo tale da “risolvere anche il problema del sovraffollamento delle carceri”. Infine, a proposito di investimenti e riforme, per Nicola Gratteriurge investire in giustizia e in amministrazione perché siamo veramente in difficoltà”. “Andate a intervistare la Polizia penitenziaria e vedete cosa vi dice”, ha concluso rivolgendosi ai giornalisti.

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