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Il direttore de “Il Riformista” starnazza sulla possibile presidenza del Copasir

La settimana scorsa il direttore de “Il Riformista”, Piero Sansonetti, è tornato all’attacco contro l’ex procuratore generale di Palermo che oggi siede tra i banchi di Palazzo Madama con il Movimento 5 Stelle, Roberto Scarpinato. In passato abbiamo già scritto che a parer nostro ci deve essere qualcosa di morbosamente sadico contro i magistrati in Sansonetti. E oggi lo ribadiamo con forza.
Lo scorso 23 novembre - con l’arrivo del deputato pentastellato Marco Pellegrini - è stato raggiunto il numero dei membri del Copasir: Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. Si tratta di un organo composto da 10 politici (5 senatori e 5 deputati) il cui compito è quello di verificare che le attività del nostro apparato di intelligence siano svolte nel pieno rispetto della costituzione e delle leggi, oltre che nell’esclusivo interesse del Paese. Tra questi vi è anche Roberto Scarpinato.. In ballo c’è la presidenza del Copasir che di diritto spetta all'opposizione e per la sua elezione è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti. Se nessuno riporta tale maggioranza, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggiore numero di voti. Per questo, tra FdI, M5S, Pd e Terzo Polo è già in corso una disputa accesissima.
In tutto ciò, Sansonetti non ha perso tempo. L’indomani mattina, infatti, ha pubblicato un editoriale in prima pagina intitolato: “Le idee folli. Scarpinato a capo del Copasir? Ci mancava solo questa!”. Due colonne scarne in cui Sansonetti starnazza le più becere illazioni e allusioni contro Scarpinato - guardandosi bene dal fare riferimenti espliciti in modo da evitare altre querele - descrivendo il senatore come un incompetente che gode di buoni agganci. Ma andiamo nel dettaglio.
“Scarpinato è andato in pensione qualche mese fa e immediatamente è passato al fronte della politica e si è fatto eleggere deputato. Succede spesso ai magistrati. Magari non a quelli che lavorano duro, indagano, verificano, cercano di dare forza alla giustizia. Più spesso capita a quelli che ottengono una buona visibilità sui mezzi di informazione e godono di appoggi politici giusti”, ha scritto Sansonetti. E ancora: “È un personaggio di punta del gruppetto dei magistrati antimafia che in questi anni hanno presidiato i media - giornali e Tv - ma nella lotta a ‘Cosa Nostra’ sono rimasti con un pugno di mosche”.


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Il direttore del "Riformista" Pietro Sansonetti


E poi: “È un gruppo molto eterogeneo, un po' siciliano e un po' calabrese. Tra loro c'è chi è caduto nei depistaggi, chi ha inseguito inutilmente, anziché i mafiosi, i nemici dei mafiosi (cioè quelli che la mafia la combattevano davvero, come il generale Mori), chi ha insabbiato inchieste che invece erano di grande valore e avrebbero inferto colpi duri a Cosa nostra, chi passa le giornate a paragonarsi a Falcone ma poi arresta, ma arresta anche tanta gente per bene e poi perde tutti i processi”. E infine: “Possibile che la magistratura debba accaparrarsi il controllo sui servizi segreti? E che la politica si faccia da parte? Sarebbe la prima volta che un magistrato prende la guida del Copasir. In barba alla separazione dei poteri. Speriamo che almeno questa ce la risparmino”. A quale controllo allude Sansonetti chiamando in causa la separazione delle carriere (tra magistratura e politica) quando Scarpinato è in pensione ormai da mesi? Non è forse un suo diritto, da libero cittadino, quello di candidarsi in politica (come previsto dalla Costituzione) così come presiedere il Copasir? E perché continua a sventolare la bandiera della separazione delle carriere solo quando si tratta della magistratura? E gli avvocati? Sono decine e decine gli avvocati che siedono in Parlamento (137 nella scorsa legislatura a fronte di soli 3 magistrati) senza aver lasciato la loro carriera professionale. Un magistrato per essere eletto in Parlamento deve sospendere la sua attività di magistrato mentre l'avvocato eletto può mantenere lo studio aperto. E quindi, la mattina difende il suo assistito, mentre il pomeriggio in Parlamento può per esempio prendere parte alla commissione giustizia per la modifica di quei reati che guarda caso possono anche riguardare il suo assistito.
Ma tornando a Sansonetti: a chi allude quando fa riferimento a quel “gruppo molto eterogeneo, un po' siciliano e un po' calabrese” in cui “c’è chi è caduto nei depistaggi”, “chi ha inseguito inutilmente, anziché i mafiosi, i nemici dei mafiosi” come “il generale Mori” e chi “arresta, ma arresta anche tanta gente per bene e poi perde tutti i processi”? Infine: come può il direttore de “Il Riformista” asserire che Roberto Scarpinato è un magistrato che nella lotta a Cosa nostra “è rimasto con un pugno di mosche”? Il curriculum di Scarpinato parla da solo: in 42 anni sul fronte Siciliano come procuratore generale di Palermo si è occupato delle indagini su Pio La Torre, Piersanti Mattarella, Carlo Alberto dalla Chiesa e del processo per associazione mafiosa a carico di Giulio Andreotti. Già nel 1989 era nel pool antimafia con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e dopo via D’Amelio era stato il promotore di quella rivolta contro il contestatissimo capo della Procura di Palermo Pietro Giammanco e da procuratore generale di Caltanissetta ha promosso la revisione del processo per gli innocenti condannati per l’omicidio di Paolo Borsellino. Sempre attento ai mutamenti della criminalità organizzata con le sue ampie analisi sociali delle relazioni che caratterizzano la mafia ed il sistema criminale, Roberto Scarpinato ha più volte puntato il focus sui “segreti inconfessabili” che rappresentano l’anima stessa del potere colluso. Infine, è uno dei soggetti più esperti in materia in grado di fare collegamenti storico-culturali - basati su processi con sentenze definitive - sulla strategia stragista, i suoi burattini e i burattinai, che come un filo rosso collega stragi e delitti eccellenti a partire da Portella della Ginestra (1° maggio 1947) alle stragi del 1993. Il ricorso a tali squalificanti metodi, volti a tentare di appannare l’immagine di un ex magistrato che ha fatto la storia della lotta alla mafia - nonché la credibilità di un senatore della Repubblica - di fronte ai lettori, è indice del processo di degradazione di un certo giornalismo che ha come capofila il giornale di Piero Sansonetti. Leggendo il suo editoriale echeggiano nella mente le parole di Martin Luther King: “Nulla al mondo è più pericoloso di un’ignoranza sincera e una stupidità coscienziosa”.

Foto © Imagoeconomica

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