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Il Plenum del Consiglio superiore della magistratura ha votato a favore della proposta della Prima Commissione di trasferire due giudici della Corte d'Appello di Catanzaro, Giuseppe Perri e Pietro Scuteri, per incompatibilità ambientale. La decisione è stata presa con 17 voti a favore e sei astenuti.
In base alla delibera, relatore di consigliere Benedetti Alberto Maria, ai due giudici è stato contestato di avere avuto "rapporti di non distaccata frequentazione con Giancarlo Pittelli", ex parlamentare di Forza Italia, durante i quali si sarebbero occupati di procedimenti patrocinati dall'avvocato. Perri e Scuteri attualmente sono consiglieri della Corte d'appello di Catanzaro e per questo, secondo il Csm, sarebbero potenzialmente in grado di compromettere la possibilità di svolgere, "in maniera serena, indipendente ed imparziale, anche sul piano della percezione esterna e della necessaria credibilità", le loro funzioni nel settore penale della Corte d'appello di Catanzaro, "nel quale patrocinano i colleghi di studio dell'avvocato Pittelli ed al quale, con ogni probabilità, confluirà il processo Rinascita Scott dopo la decisione del Tribunale di Vibo Valentia.". I due giudici avevano chiesto di essere trasferiti nel settore civile della Corte d'Appello ma la proposta è stata respinta mercoledì dal Plenum che ha deciso per il trasferimento dei due magistrati.
Tra le altre cose, come è emerso dalle indagini del processo Rinascita Scott - nel quale Pittelli è imputato con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa - il 16 marzo del 2018 i due, all'epoca entrambi giudici per le indagini preliminari al tribunale di Catanzaro, hanno partecipato a una cena a casa dell’ex parlamentare azzurro.
Una cena assai singolare in cui, secondo quanto riportato dal documento della seduta plenaria, avrebbero partecipato anche (oltre a Pittelli, Scuteri e Perri) "Nicola Durante, all’epoca dei fatti magistrato del T.a.r. di Catanzaro, gli avvocati del Foro di Catanzaro Fabrizio Costarella, Giacomo Carbone, Giuseppe Fonte, Vincenzo Galeota e Giovanni Merante, il dott. Domenico Meddis, odontoiatra, e il colonnello dei Carabinieri Francesco Merone, all’epoca Comandante del reparto comando della Legione Calabria. Erano stati invitati a tale cena anche il dott. Antonio Saraco, all’epoca dei fatti consigliere della Corte d’appello di Catanzaro e attualmente consigliere della Corte di Cassazione, il quale aveva partecipato ad una pregressa cena sempre organizzata dall’avv. Pittelli ma per quella sera aveva declinato l’invito perché aveva un altro impegno, il dott. Beniamino Calabrese, avvocato generale presso la Corte d’appello di Catanzaro, il quale aveva inizialmente accettato l’invito ma poi non si era sentito bene e aveva declinato l’invito".
Poiché sul telefono portatile dell’avvocato Pittelli all’epoca era stato installato un 'trojan', gli inquirenti avevano potuto ascoltare il contenuto delle conversazioni svoltesi prima e durante la cena: conversazioni relative a tematiche di carattere generale, sociale e politico, ma pure a vicende di natura giudiziaria,  “trascorse e attuali”, e all’operato “di diversi magistrati” operanti nel distretto di Catanzaro tra cui il procuratore della Repubblica Nicola Gratteri.


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L'avvocato Giancarlo Pittelli


Prima dell’inizio della cena, Pittelli, parlando con due avvocati, si era riferito a “non meglio precisate cene a Roma” e aveva detto di essersi recato nella sede “delle logge massoniche romane”, come riporta il documento di delibera.
Nel documento si fa riferimento anche "ad una visita dello stesso avvocato Pittelli al Supercarcere de L'Aquila per trovare il signor Piromalli e ad alcune questioni che Piromalli avrebbe riferito a Pittelli. Si fa poi riferimento, sempre da parte di Pittelli, ad una situazione che gli sarebbe capitata al carcere di Catanzaro: Pittelli riferisce che ‘un grande mafioso, un grosso mafioso, mi aveva detto: 'avvocà, se volete candidarvi voi alla Regione, lo ritiriamo a Scopelliti'".
Da questi fatti, riportati nel documento del Csm, si evince la poliedricità della figura dell’ex parlamentare forzista e di come sia
Come ricordato dal consigliere togato Nino Di Matteo, nel periodo di marzo 2018, la figura di Pittelli era già nota alle cronache giudiziarie: "Nel momento in cui si tenne quella cena, in cui due colleghi accettarono l'invito dell'avvocato Pittelli, quest'ultimo era ben noto alle cronache, quantomeno per essere stato coinvolto in una precedente indagine" denominata "Poseidone, della procura di Catanzaro e all'epoca in particolare condotta dall'allora sostituto procuratore De Magistris".
Pittelli, oltre che nel maxi - processo Rinascita Scott, ha ricordato Di Matteo, era stato "ulteriormente coinvolto in un'indagine della procura distrettuale di Reggio Calabria".
Ricordiamo che l'ex parlamentare è attualmente ai domiciliari: i giudici del Riesame hanno stabilito che Pittelli non è "solo, e non tanto, un professionista cui affidare le strategie difensive, ma un consigliere, un soggetto introdotto ampiamente in ambienti irraggiungibili dalla cosca”.
L'ex forzista, hanno scritto i giudici, sarebbe “intervenuto in sostegno dei componenti della cosca fortemente preoccupati dalle dichiarazioni rese dal Mantella (pentito, ndr), non ancora discoverate”. Per i giudici, “è questa la modalità tipica di concorrente esterno di Giancarlo Pittelli”, definito “uomo capace di accedere nelle istituzioni per ivi attingere elementi conoscitivi utili alla cosca”. In altre parole, per i clan vibonesi Pittelli sarebbe stato un “uomo di riferimento”.
Secondo Nino Di Matteo "stiamo parlando dell'imputato la cui posizione è più visibile rispetto a quella di tutti gli altri 364 imputati" nel processo Rinascita Scott. "Non possiamo non considerare come questi fatti al di là della loro riprovevolezza, al di là della loro rilevanza in altri ambiti, abbiano impedito e impediscano tuttora che l'azione dei colleghi Perri e Scuteri nel distretto di Catanzaro venga vista e percepita come assolutamente indipendente e imparziale".

Foto © Imagoeconomica

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