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Mike Davis, ex membro del Comitato giudiziario del Senato: “Va fatto un passo indietro”. Podolyak parla di fine della guerra anche senza riannessione delle regioni occupate

Prendere le distanze dalla condotta del presidente ucraino Zelensky non sembra più un tabù oramai; nemmeno a Washington.  Questa volta a paventare una netta rottura con la leadership del paese è stato l’ex membro del Comitato giudiziario del Senato degli Stati Uniti Mike Davis, intervistato sul Newsweek. "Dobbiamo fare un passo indietro ed essere solo più razionali e meno emotivi al riguardo. Togliamo le bandiere ucraine dai nostri social media, dai nostri cortili, e iniziamo a pensare a cosa è bene per gli Stati Uniti", ha affermato Davis, che ha poi precisato come gli interessi di Kiev non coincidono con gli interessi di Washington, e non vale la pena “salvare l’Ucraina” per “scatenare una terza guerra mondiale”.

Un chiaro riferimento a quanto avvenuto la sera del 15 novembre, quando alcuni missili sono caduti sul territorio della Polonia vicino al confine con l'Ucraina, uccidendo due persone. Un gravissimo incidente che Zelensky senza tentennamenti rispetto all’ipotesi di scatenare una terza guerra mondiale nucleare in conseguenza dell’applicazione dell’articolo 5 del Patto Atlantico, ha immediatamente addebitato alla Federazione Russa.

"Non ho dubbi sul fatto che non si trattasse di un nostro missile", aveva dichiarato il capo dello stato ucraino nelle ore immediatamente successive, mentre già erano state diffuse le fotografie della scena del bombardamento che mostravano chiaramente i frammenti di un missile del sistema di difesa aerea S-300 ucraino. Il giorno successivo persino il presidente polacco Andrzej Duda, che precedentemente aveva convocato il consiglio della NATO, ha dovuto ammettere che con un'alta probabilità i missili appartenessero a Kiev. Retroscena di Repubblica hanno dipinto addirittura il presidente americano Biden come “furioso” proprio con l’alleato Zelensky, che aveva denunciato il “terrorismo missilistico” della Russia, anche quando il Pentagono invitava alla prudenza. Si trattava infatti dell’ennesima folle iniziativa del presidente ucraino, in grado di trascinare il mondo intero alla catastrofe, attuata senza il comune accordo statunitense. Era già accaduto con l’esplosione che in parte ha demolito il Ponte di Kerch in Crimea e con l’omicidio di Darya Dughina, la figlia del filosofo ultranazionalista Alexander Dugin, nei pressi di Mosca.

"Abbiamo visto come il ministro degli Affari esteri dell'Ucraina (Dmytro Kuleba. - Ed.) ha propagandato: era un missile russo. Anche se sappiamo che questo non è vero. Cosa faremmo? E se applicassimo il quinto articolo in connessione con l'attacco alla Polonia e improvvisamente inizia una terza guerra mondiale?" ha concluso nel merito Mike Davis.

Podolyak: possibile fine della guerra senza la liberazione dei territori occupati

Con il vacillare del sostegno incondizionato dell’occidente emergono le prime aperture di Kiev a negoziati meno intransigenti rispetto ad una vittoria finale sulla Russia, come condizione imprescindibile di pace.

Per il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak ora la guerra con Mosca può finire anche prima della liberazione totale dei territori ucraini occupati. Una dichiarazione in piena sintonia con le parole del capo di stato maggiore congiunto Usa, Mark Milley, che precedentemente aveva ammesso come ci fossero poche probabilità che Kiev riesca a espellere i russi da tutte le aree sotto il loro controllo, Crimea inclusa, nel prossimo futuro.

In questo momento, come annunciato dal ministro Denys Shmyhal durante un briefing con il vicepresidente esecutivo della Commissione europea Valdis Dombrovskis, quasi la metà del sistema energetico ucraino è stato messo fuori uso dagli attacchi missilistici dei russi. Uno scenario tanto grave che potrebbe fermare nel prossimo futuro la produzione alimentare, le operazioni di trasporto e i servizi critici necessari per supportare le operazioni militari.

Ed è proprio sul campo di battaglia che i russi hanno ripreso l’iniziativa: "Il nemico sta concentrando i suoi sforzi per ostacolare le nostre forze di difesa in aree specifiche, lanciando assalti in direzione di Bakhmut, Avdiivka e Novopavlivka", ha affermato ieri Oleksandr Shtupun, portavoce dello stato maggiore delle forze armate ucraine.

Il Ministero della Difesa russo, d’altro canto, ha recentemente annunciato la conquista della periferia occidentale di Donetsk:  i soldati della 1° brigata slava della Repubblica popolare di Donetsk (DPR) e della 100° brigata, con il supporto dell'artiglieria della 238° brigata, avevano già  occupato i territori tra Avdiivka e l'aeroporto di Donetsk una settimana fa, mentre in questi giorni è stato completato lo sminamento e l'eliminazione della resistenza locale, formata dai militanti che non hanno avuto il tempo di ritirarsi. Questa mattina il capo ad interim della Repubblica popolare di Donetsk, Denis Pushilin, ha annunciato che unità della milizia popolare (NM) della DPR stavano avanzando lungo l'intera linea del fronte e che i militari russi stanno gradualmente liberando Artemovsk.

Secondo il dipartimento militare le truppe di Mosca stanno conducendo operazioni di assalto nelle aree di Belogorovka, Zelenopolye, Kleshcheevka, Pervomaisky, Vodyany e Novomikhailovka della DPR, concentrando i loro sforzi per scoraggiare le azioni delle forze armate di Kiev in determinate aree.

"Nel corso delle azioni offensive delle truppe russe nella Repubblica popolare di Donetsk, sono stati distrutti più di 120 militari ucraini, due carri armati, tre veicoli corazzati da combattimento e sette veicoli", ha affermato il generale Igor Konashenkov.

Foto: it.depositphotos.com

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