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Di Matteo e Ardita votano a favore del collega

Nicolò Marino, già giudice presso il Tribunale di Roma, è il nuovo procuratore aggiunto presso la procura della Repubblica di Caltanissetta.
Lo ha deciso il plenum del Csm con tredici voti a favore (tra cui quelli dei consiglieri togati Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita). Nove voti invece sono andati all'altro concorrente, l'attuale sostituto procuratore della città nissena, Pasquale Pacifico.
A marzo di quest'anno, ricordiamo, il nome di Marino era già arrivato sul tavolo di Palazzo dei Marescialli ma era stato scartato per il posto di procuratore aggiunto presso la procura di Catania. Quella volta Fulvio Gigliotti (laico 5 Stelle) aveva riferito che Marino non poteva concorrere per via di una sentenza che avrebbe condannato alla censura il magistrato per omessa iscrizione di notizia di reato. Una faccenda paragonabile, come ha detto Ardita, ad una "macchiolina sul mantello del magistrato" rispetto a trentasei anni di servizio e alla gestione di complesse e delicate inchieste in materia di criminalità organizzata.
Anche nella proposta di delibera la condotta disciplinare di Marino "risulta del tutto ininfluente" e caratterizzata da "assoluta occasionalità nonché minima gravità dello stesso".
Ascoltando il plenum l'impressione è stata quella di un déjà vu, anche se questa volta è stata la consigliera Alessandra Dal Moro a riproporre le condotte disciplinari oggetto di dibattito.
"Marino ha fatto semplicemente questo - aveva spiegato Sebastiano Ardita a marzo - come scrivono i suoi superiori gerarchici del consiglio giudiziario ha ricevuto tra le tante informative anche una informativa che faceva parte di in compendio molto più ampio”. “Questa informativa secondo l’originaria impostazione, perché l’ha trovata il procuratore della repubblica dopo dieci anni, è diventata prima oggetto di un’indagine penale per capire se Marino avesse favorito qualcuno. Quando si è capito che questa” situazione non c’era stata, Marino è stato incolpato di mancata iscrizione.
Ardita, durante la seduta plenaria di ieri, ha evidenziato come il "disciplinare di cui si parla sembra essere diventato l'argomento centrale sul quale dibattere sulla vita di un magistrato che ha svolto per trentasei anni le funzioni giudiziarie”. “Non è questo il punto su cui noi dobbiamo dibattere" ha detto. Nel 1985, ha ricordato, la città di Catania aveva visto l'arresto di tre magistrati. "Lo Stato era in ginocchio e qualche anno dopo grazie a magistrati come Nicolò Marino la procura di Catania era riuscita a raggiungere obiettivi di giustizia rilevanti come il processo 'Orsa Maggiore'", cioè il procedimento che ha portato dopo tanti anni di latitanza alla cattura e poi al processo di Benedetto Santapaola componente della commissione di Cosa Nostra.
Anche il consigliere togato Nino Di Matteo ha ripreso alcuni particolari della vita professionale di Nicolò Marino.


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Si tratta di un magistrato dotato di "grande professionalità, indipendenza e di un coraggio del tutto fuori dal comune". "Ha dedicato la sua vita al contrasto al sistema mafioso" e a quei processi "in cui si è occupato della convergenza di interessi tra Cosa Nostra, la politica, e soprattutto con l'imprenditoria nell'ambito del lucroso settore dello smaltimento dei rifiuti".
"Le sue denunce - ha ricordato Di Matteo - sono servite ad accendere i riflettori sul grande business dei rifiuti in Sicilia" ed "è stato uno di quelli che ha fatto scoppiare il sistema Montante".
"È stato quello che, e una recente audizione lo dimostra, ha denunciato per primo anche l'influenza impropria del dottor. Montante e di altri suoi adepti nel palazzo di giustizia di Caltanissetta e non solo in quello di Caltanissetta".
È forte a questo punto il sospetto che Nicolò Marino non sia stato nel corso della sua carriera adeguatamente considerato e premiato per via delle sue posizioni scomode al potere.
E il sospetto diviene ancora più forte se si considerano anche le sue partecipazioni alle indagini sulle stragi: non solo nell'ambito di quella fase "che ha portato alla revisione del primo processo di via d'Amelio" ma anche in quella che "ha incrociato indagini congiunte con la Procura della Repubblica di Palermo sui fatti della 'Trattativa Stato - Mafia che, al di là di quello che dicono o scrivono i giornali, e al di là del fatto che legittimamente o meno, o comunque opportunamente meno, una sentenza non li considera reati, sono fatti provati".
"Siamo in presenza - ha concluso Di Matteo - di un collega che dovrebbe andare a lavorare a Caltanissetta, dove con le sue inchieste, con le sue denunce prima politiche e poi con la sua attività giudiziaria, ha contribuito a smascherare un sistema che profondamente condizionava anche la vita degli uffici giudiziari di Caltanissetta".
Come dimostrato dai documenti del plenum Marino può vantare un curriculum fatto da rilevantissime attività giudiziarie: dal 26 settembre 1988 è stato giudice presso il Tribunale di Siracusa; dal 10 luglio 1990 sostituto procuratore presso la Procura di Catania; dal 30 maggio 2003 sostituto procuratore presso la Procura di Caltanissetta; dal 15 luglio 2003 fuori ruolo presso la Commissione Parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti; dal 3 maggio 2004 fuori ruolo per aspettativa; dal 24 gennaio 2005 sostituto procuratore presso la Procura di Caltanissetta; dall’11 dicembre 2012 fuori ruolo per mandato amministrativo regionale; dal 30 settembre 2014 giudice presso il Tribunale di Roma (nonché, in applicazione extradistrettuale, giudice presso il Tribunale di Reggio Calabria.
Ha svolto inoltre indagini nei confronti di soggetti legati direttamente a Cosa Nostra, come Cultrera Felice, Corallo Tanino, Santapaola Benedetto e altri procedimenti che avevano ad oggetto le mediazioni tra Cosa Nostra, la società Breda Meccanica Bresciana s.p.a. e la Agusta s.p.a. per la fornitura di materiale di armamento alla Marina Militare, all'Esercito e all’Aviazione Militare del Marocco; nonché fra la Agusta s.p.a. e il Regno dell'Arabia Saudita, per la fornitura di elicotteri CH47.
E poi ancora Marino si è occupato del procedimento “Grande Oriente”, scaturito da una informativa redatta dal colonnello dei Carabinieri Michele Riccio. Nell’ambito del procedimento, sono state ampiamente trattate le confidenze (poi trasfuse nella citata informativa) fatte al colonnello Riccio da Ilardo Luigi, assassinato in Catania il 10 maggio del 1996.
Ci sarebbe ancora molto da scrivere in merito. Ma i fatti parlano da soli e lo zelo dimostrato da Nicolò Marino è stato finalmente riconosciuto. Utilius tarde quam nunquam (meglio tardi che mai ndr) direbbero i latini.

Foto © Imagoeconomica

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