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La proposta in aiuto dei giudici di Sorveglianza: l’ergastolano deve fare dichiarazione scritta, ok a benefici solo se il silenzio non è per omertà o ritorsioni

Gli ergastolani per mafia o terrorismo che chiedono di accedere alla libertà condizionata dovranno prima spiegare ai magistrati le ragioni per cui la richiedono senza voler collaborare con la giustizia. E’ questa, in sostanza, la proposta avanzata da Roberto Scarpinato, Senatore della Repubblica in forza al M5s ed ex procuratore generale di Palermo. Una proposta che da un lato potrebbe rientrare nei criteri costituzionali imposti dalla pronuncia della Consulta in merito al tanto discusso tema dell’ergastolo ostativo, e dall’altro renderebbe più stringente il decreto approvato alla Camera lo scorso 31 ottobre. Decreto che ora la Cassazione dovrà esaminare per valutare il rispetto dei criteri stabiliti dalla Consulta nell’aprile 2021. Secondo il dl, per accedere ai benefici penitenziari, vale a dire lavoro all'esterno, permessi premio e misure alternative alla detenzione, i condannati per reati di mafia e terrorismo che non collaborano con i magistrati dovranno dimostrare "l'adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l'assoluta impossibilità di tale adempimento", cioè di aver riparato il danno alle loro vittime. Non solo: dovranno dimostrare di aver reciso i collegamenti con le loro organizzazioni, allegando "elementi specifici".
L’ex procuratore propone nel dl l’obbligo di motivare la mancata collaborazione ai reclusi irriducibili che chiedono di accedere ai benefici. Questo per impedire l’accesso a benefici a quei boss socialmente pericolosi che però, astutamente, si comportano da detenuti modello, magari adottando buone condotte o semplicemente dissociandosi dalle organizzazioni di cui facevano parte (lo stato di dissociato, si badi, è cosa ben differente dallo stato di collaboratore o pentito). Nella proposta dei 5Stelle si afferma che la libertà condizionale è accessibile solo nel caso in cui la mancata collaborazione “non sia motivata dal timore di subire ritorsioni contro la propria persona, dalla volontà di non rendere dichiarazioni accusatorie nei confronti di correi e di terzi” e se non si è dichiarato il falso sulla situazione patrimoniale personale, dei familiari e di terzi con cui si ha un legame. Il Dl, invece, per come è stato approvato alla Camera, in qualche modo permette il silenzio al detenuto. In pratica, una via di fuga per gli irriducibili.
Da qui l’importanza di questo intervento dei 5Stelle sul decreto che, appunto, lo renderebbe più restrittivo in quanto obbliga i collaboratori a una dichiarazione scritta che qualora si rivelasse falsa questi si vedrebbero revocato il programma di protezione. In questo senso la proposta dei 5stelle fornirebbe al giudice di Sorveglianza, al quale spetta l’ultima parola per l’eventuale concessione di permessi premio, un elemento fondamentale per valutare se ci sia stato “l’avvenuto ravvedimento” previsto dalla legge (ex articolo 176 c.p.) e quindi evitare di navigare a vista nel momento in cui un irriducibile chiede al giudice di sorveglianza di turno di uscire dal carcere.
Su questa linea, il detenuto che ha scritto il falso, riscontrato dai pm cui spettano le indagini, viene pertanto ritenuto pericoloso e non può ottenere il beneficio. È anche un modo per “evitare un salto nel buio”, scrive Scarpinato, nel momento in cui si ha di fronte un detenuto la cui mancata collaborazione è “giustificabile” in quanto “inesigibile”, “irrilevante”, “impossibile” perché, ad esempio, oggettivamente lo Stato non è in grado di proteggere i suoi numerosi familiari che rischiano la vita. In questi casi, come osserva Il Fatto, non si può sapere come si sarebbe comportato l’ergastolano per mafia o per terrorismo se la collaborazione fosse stata possibile. Non sappiamo se avrebbe scelto o meno di collaborare. Ecco perché l’obbligo di motivare la mancata collaborazione e l’obbligo di dichiarazione sul patrimonio sono funzionali all’accertamento di effettivo ravvedimento come ad altri accertamenti inerenti al caso.

Foto © Paolo Bassani

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