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Nella sentenza d'appello trattativa un punto contro i carabinieri Mori e De Donno

In questi giorni i soliti "giornali di disinformazione", magari per distrarre dagli argomenti messi in evidenza dal senatore Roberto Scarpinato nel suo discorso in Parlamento, sono tornati a mistificare i fatti accusando l'ex Procuratore generale di Palermo di essere stato protagonista nel luglio 1992, assieme ad altri magistrati, della richiesta di archiviazione su uno stralcio di indagine del famoso dossier mafia-appalti addirittura affermando che "le mancate indagini su quel dossier sono state un danno probabilmente irreparabile al lavoro di chi tentava in quegli anni di colpire la mafia". Affermazioni simili, sostenute di fatto anche dagli avvocati difensori degli ufficiali del Ros nel processo trattativa Stato-mafia, dall'avvocato dei figli di Borsellino Fabio Trizzino e ripetutamente dalla stessa Fiammetta Borsellino, nella sostanza non corrispondono alla realtà.
A confermarlo, una volta per tutte, ci sono le motivazioni della sentenza d'appello sulla trattativa Stato-mafia con i giudici della Corte d'Assise d'Appello (Presidente Angelo Pellino ed il giudice a latere Vittorio Anania) che sono stati particolarmente impegnati nella disamina con l'acquisizione di numerosi atti.
E viene totalmente smentita l'impostazione che fu data con il decreto di archiviazione del Gup di Caltanissetta Gilda Lo Forti, in particolare laddove si afferma che non vi fu una doppia informativa del rapporto, di fatto evidenziando che non solo la doppia refertazione c'è stata, ma viene anche confermato il sospetto di omissioni non accidentali, ma intenzionali.
Una durissima reprimenda proprio per l'operato di quegli ufficiali del Ros (Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno), che nel processo d'Appello sono stati assolti assieme a Marcello Dell'Utri.
Per questo motivo secondo la Corte d'assise d'appello "a dir poco frettolosa e sommaria appare dunque la conclusione cui ritenne di pervenire il gip di Caltanissetta con la sua ordinanza del 15 marzo 2000 quando afferma che già nella primavera-estate del 1990 i magistrati della procura di Palermo erano a conoscenza degli elementi investigativi da cui poteva evincersi il coinvolgimento degli esponenti politici in questione. In realtà, le informative trasmesse ai predetti magistrati prima che venisse depositato il rapporto mafia e appalti del febbraio 1991 non contengono riferimenti agli esponenti politici sunnominati. E nella certosina opera del gip di Caltanissetta di ricostruzione e di acquisizione di materiali e documentazione varia proveniente dagli incartamenti relativi ai vari procedimenti i cui atti sono stati compulsati per ricavarne elementi utili alla propria indagine non v’è alcuna traccia di altre informative o annotazioni di p.g. che possano essere state trasmesse agli stessi magistrati, magari in epoca successiva all’agosto 1990, per sollecitare proroghe delle attività d’intercettazione in corso e nelle quali figurino specifici o espressi riferimenti ai personaggi politici in questione o alle quali siano allegate le intercettazioni che saranno invece allegate alle Informative Sirap e Caronte".
Ecco quella verità che avvocati (di mafiosi e non) e (speriamo in buona fede) e di certi familiari vittime di mafia, nella migliore delle ipotesi, fanno finta di non vedere.
Nella peggiore ci troveremmo a pensare che diffondendo informazioni così false si stia scientemente cercando di delegittimare quei magistrati che hanno avuto il coraggio di puntare il dito contro i sistemi criminali alla ricerca dei mandanti esterni delle stragi.
E' una storia che si ripete, così come l'ossessiva convinzione (totalmente errata) dell'avvocato Trizzino e dei figli di Borsellino che a partecipare al depistaggio fu il magistrato Nino Di Matteo.
Alla luce dei fatti che vengono dimostrati, anche da parte nostra in continuazione, speriamo che finalmente l'intelligenza di lorsignori possa prevalere sull'arroganza.

Foto originali © Imagoeconomica

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