Il consigliere togato al Csm Ardita e l’ex pm Ingroia applaudono, ma va migliorato
In seguito al discorso di insediamento del neopresidente del Consiglio Giorgia Meloni il dibattito sull'ergastolo ostativo è tornato nuovamente in auge. Il 15 aprile 2021 la Corte Costituzionale aveva dichiarato l'incostituzionalità della disciplina espressa nell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario in cui si vieta di liberare i boss stragisti condannati all'ergastolo, se non collaborano con la giustizia: l'ergastolo ostativo, appunto. "È in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione e con l'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo" aveva detto la Consulta nella prima nota con cui passavano la palla alla politica, rinviando la trattazione delle questioni a maggio 2022 "per consentire al legislatore gli interventi che tengano conto sia della peculiare natura dei reati connessi alla criminalità organizzata di stampo mafioso, e delle relative regole penitenziarie, sia della necessità di preservare il valore della collaborazione con la giustizia in questi casi”. Successivamente (il 31 marzo 2021) la Camera aveva approvato la proposta di legge di riforma dell'art.4 bis dell'ordinamento penitenziario con 285 voti favorevoli, 1 contrario e 47 astenuti. Un tentativo annacquato per evitare il peggio, che però non è arrivato in Senato a causa della fine della scorsa legislatura. Il prossimo step sarà l'8 novembre, giorno in cui la Corte Costituzionale è chiamata a pronunciarsi con il rischio di smantellare questo strumento di contrasto alla criminalità organizzata e al terrorismo. Alla luce di tutto ciò, il nuovo governo “ha scelto di inserire in un decreto la norma esattamente come approvata dalla Camera, per rispetto anche al lavoro del Parlamento e per dare tempo al nuovo parlamento per convertirla o ragionare sui miglioramenti”, ha detto oggi in conferenza stampa la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, perché “la prossima riunione della Consulta è prevista per l'8 novembre e in assenza di un’iniziativa ci ritroveremo inevitabilmente con un pronunciamento definitivo”. Secondo questo dl, per accedere ai benefici penitenziari, cioè al lavoro all'esterno, i permessi premio e alle misure alternative alla detenzione, i condannati per reati di mafia e terrorismo che non collaborano con la giustizia dovranno dimostrare "l'adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti ala condanna o l'assoluta impossibilità di tale adempimento", cioè di aver riparato il danno alle loro vittime. Non solo: dovranno dimostrare di aver reciso i collegamenti con le loro organizzazioni, allegando "elementi specifici".
Il consigliere togato del Csm, Sebastiano Ardita © Jacopo Bonfili
"Il testo del decreto legge sull'Ergastolo ostativo da un lato conferma dunque una volontà di Governo e Parlamento di volere affrontare con determinazione la questione derivante dalle pronunce della Corte europea e della Corte costituzionale. Sotto altro profilo esso contiene alcuni aspetti che vanno migliorati e di cui si auspica ci sia tempo di discutere in sede di conversione". A dirlo è il consigliere togato al Csm Sebastiano Ardita, magistrato che a lungo si occupato di mafia e con un’esperienza quasi decennale all’interno del Dap (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria), da poco uscito con il suo ultimo libro “Al di sopra della legge” (Solferino, ndr). "L'avere infatti mantenuto la competenza dei singoli tribunali di sorveglianza sparsi sul territorio comporterà la necessità di confrontarsi con decisioni diverse e la concreta possibilità di una applicazione eterogenea di norme incidenti sulla prevenzione antimafia che andrebbero applicate in modo uniforme - avverte il magistrato -. Sul punto sarebbe bastato guardare alla specifica esperienza già vissuta nel 2002 dopo l'introduzione della legge sul 41bis, il cui presupposto di applicazione - collegamento con organizzazioni mafiose operanti all'esterno - è analogo rispetto alla regola di accesso ai benefici della legge che si vuole approvare". "Questi rischi di eterogeneità - aggiunge - saranno accresciuti dalla farraginosità della disposizione che pone lo sbarramento ai benefici la quale accanto all'inversione dell'onere della prova valorizza altri elementi di dubbia utilità, quando non controproducenti, rispetto alla esigenza di un contrasto del fenomeno mafioso che tenga conto della sua organicità e gravità". "In questa fase occorre tuttavia limitarsi a registrare il dato positivo del tempestivo intervento politico ed augurarsi che ci siano possibilità di intervento sul testo in sede di conversione", conclude Ardita.
L'ex magistrato e avvocato, Antonio Ingroia © Paolo Bassani
Anche dall'ex pm antimafia Antonio Ingroia, presidente di “Azione civile” e leader del neopartito “Italia Sovrana e Popolare”, arriva un plauso. “Bisogna riconoscere al presidente del Consiglio Giorgia Meloni, anche se è mio avversario politico, che sta dimostrando coerenza rispetto alla posizione della destra sulla certezza della pena, in particolare nei confronti dei mafiosi. La strada, ovviamente, è stretta, essendoci la pronuncia della Consulta, ma lo sforzo va apprezzato. Poi, certo, bisognerà vedere come verrà articolato tecnicamente il decreto - ha detto ai microfoni dell'Adnkronos -. Mi chiedo come riusciranno a mettersi d'accordo con le posizioni garantiste sia di Fi che dello stesso ministro Nordio, che a suo tempo aveva esternato in modo molto chiaro e netto per l'abolizione dell'ergastolo ostativo". Per Ingroia, dunque, "il premier ha agito tempestivamente e nella giusta direzione, dunque da parte mia, e lo dico da ex magistrato ma anche nel mio ruolo politico, dico brava a Giorgia Meloni".
La Meloni nell’odierna conferenza stampa ha tenuto a sottolineare come questa norma sia “figlia dell'insegnamento di Falcone e Borsellino. Una norma a lungo osteggiata dalla criminalità organizzata, finita anche nei papelli della mafia”. Parole decise e di rilievo. Duole però ricordare al neopresidente del Consiglio che tra i 47 parlamentari che nel marzo 2021 si astennero nel votare il disegno di legge che superava l’attuale normativa sulla concessione dei benefici penitenziari ai condannati per mafia c’erano tutti i deputati di Fratelli d’Italia (allora all’opposizione del governo Draghi). Eppure, è lo stesso ddl che l’attuale governo di centrodestra ha trasformato in un decreto legge urgente. Speriamo che non ci sia un dietrofront.
Foto di copertina © Imagoeconomica
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