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È l’inizio di un’altra campagna contro la Carta?

Carlo Nordio, ex pm di Venezia e oggi esponente di Fratelli D’Italia, è il nuovo ministro della Giustizia. Le proposte di riforma della sua coalizione sono note, così com'è noto che per attuarle servirà modificare la seconda parte della Carta. “Senza una radicale revisione costituzionale ogni altra legge ordinaria sarebbe inidonea”, recita il Nordio - pensiero.
Ignazio La Russa precedendo queste parole, aveva già annunciato durante il suo insediamento alla presidenza del Senato, la possibilità di riforme 'pesanti': "Al Senato può spettare il via alla necessità di aggiornare - non la prima parte che è intangibile - ma quella parte della Costituzione che dia più capacità di dare risposte ai cittadini e di appartenere alla volontà del popolo".
L'avversione per la legge fondamentale dello Stato, di cui coerentemente si ripropone una radicale riscrittura, è sempre stata una caratteristica della destra più estrema.
Ma andiamo per ordine. L'ex pm della Laguna ha le sue idee: separazione totale delle carriere (inserita anche nel programma di governo), intercettazioni ambientali accantonate, abolizione dell'obbligatorietà dell'azione penale (effetto già previsto dalla riforma Cartabia), direzione delle indagini sottratta ai pm e data alla polizia, nomina dei giudici e dei pubblici ministeri rispettivamente per designazione governativa e voto popolare e abolizione dell’abuso d’ufficio.
È una riforma – ha detto Nordio l’altro ieri – che serve dal punto di vista economico perché sblocca la macchina amministrativa ed elimina la paura dei sindaci della firma che può portare ad avvisi di garanzia”.
Inoltre, ricordiamo l'impegno di Nordio nella campagna referendaria di giugno, che tra l’altro mirava ad abrogare la legge Severino, anche nella parte della incandidabilità di condannati con sentenza definitiva per gravi reati, come quelli di mafia e di corruzione.
Le proposte dell’ex procuratore aggiunto e della coalizione di centro destra in merito alla giustizia vanno a colpire direttamente alcuni capisaldi della seconda parte della Carta Costituzionale: l’art. 104 della Carta, che parla di un unico ordine giudiziario “autonomo e indipendente da ogni altro potere"; l’art. 112, “il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale”, finalizzato a garantire l’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge (art. 3) ; l’art. 109 “l’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria".
Certamente sarà il programma di governo a stabilire il da farsi ma la regressione antidemocratica, ancora una volta, sembra essere alle porte.
Sarà questo l'inizio di un'altra indegna campagna contro la Carta? Sembrerebbe di si, in barba alle parole pronunciate dalla senatrice Liliana Segre durante il suo discorso al Senato: la Costituzione è “il principale ancoraggio attorno al quale deve manifestarsi l’unità del nostro popolo”. “Come disse Piero Calamandrei non è un pezzo di carta, ma è il testamento di 100.000 morti caduti nella lunga lotta per la libertà; una lotta che non inizia nel settembre del 1943 ma che vede idealmente come capofila Giacomo Matteotti. Il popolo italiano ha sempre dimostrato un grande attaccamento alla sua Costituzione, l'ha sempre sentita amica. In ogni occasione in cui sono stati interpellati, i cittadini hanno sempre scelto di difenderla, perché da essa si sono sentiti difesi". "Naturalmente - ha aggiunto - anche la Costituzione è perfettibile e può essere emendata (come essa stessa prevede all'art. 138), ma consentitemi di osservare che se le energie che da decenni vengono spese per cambiare la Costituzione - peraltro con risultati modesti e talora peggiorativi - fossero state invece impiegate per attuarla, il nostro sarebbe un Paese più giusto e anche più felice".


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In attesa degli eventi, ricordiamo che le 'riforme di Palazzo' di quest'ultimo periodo sono state condizionate dall'esigenze di abbattere il rischio penale per le classi dirigenti: vedi riforma Cartabia, con cui si è dato alla politica il potere di decidere quali reati perseguire e quali no, il criterio della improcedibilità e la separazione (de facto) delle carriere tra pm e giudice, una svolta che, giocoforza, porterà il pubblico ministero ad essere soggetto al potere politico.
A questo si aggiunge anche la “forte depenalizzazione” dei reati che riguardano la pubblica amministrazione (quelli dei colletti bianchi) annunciata da Nordio, con la causale della necessità di velocizzare i processi e ridurre i costi della giustizia.
Rimane forte il sospetto che la strada scelta dal nuovo ministro e dalla sua coalizione non si discosterà minimamente rispetto a quella delle passate legislature.
Inoltre è facilmente prevedibile che le proposte di magistrati, avvocati, giornalisti, membri delle forze dell'ordine e della società civile per risolvere il problema 'giustizia' rimarranno lettera morta: fornire all'apparato giudiziario uomini (magistrati, personale amministrativo e di polizia giudiziaria) e mezzi adeguati rispetto a una mole di affari giudiziari elefantiaca; rendere più snelle le procedure; rendere inammissibili le impugnazioni vistosamente pretestuose (e sono molte); ridurre i ricorsi in Cassazione solo ai casi che realmente riguardano la legittimità. E ancora: limitare gli incarichi 'fuori ruolo' solo a quegli uffici dov’è veramente necessaria la presenza di magistrati e rivedere la geografia degli uffici giudiziari; depenalizzare una serie di reati contravvenzionali, per cui è ben più adeguata una sanzione amministrativa e un ampliamento delle ipotesi di estinzione con l’oblazione per i reati minori (come quelli edilizi di scarso impatto).
Naturalmente c'è anche la questione spinosa dell'ergastolo ostativo.
Giorgia Meloni, durante il suo intervento alla Camera, lo ha definito “uno degli istituti più efficaci della lotta alla mafia”. “Spero che su questo ci si voglia dare una mano perché sono d’accordo: la questione della lotta alla mafia non è un tema di retorica, è un tema che si affronta con provvedimenti concreti”.
Ma sarà veramente così?
Senza una riforma, dal momento che il precedente Parlamento l'ha affossata poco prima della fine della legislatura, i boss stragisti potrebbero tornare in libertà anche senza collaborare con la magistratura.
Ma le ‘magagne’ che attendono Nordio non sono finite: resta ancora la carenza i magistrati (1.859); l’ampliamento di reati perseguibili non più d’ufficio con il rischio di avere una marea di casi impuniti. Nello specifico i reati saranno tutte le specie di furto anche con danneggiamento, il sequestro semplice, la minaccia, le lesioni stradali, senza aggravanti. Quindi, dal 1° novembre la querela deve essere contemporanea alla denuncia. Ma questa norma si applica anche ai procedimenti in corso. Per cui, se le vittime di un reato, che hanno già denunciato, non sporgeranno pure querela entro il 30 gennaio, dopo la comunicazione del pm, se sono in corso le indagini oppure entro 3 mesi dalla comunicazione del giudice, se c’è un processo in corso, quel reato sarà estinto.
E poi ancora, le pene brevi: i detenuti condannati a “pene brevi” potranno avere una pena alternativa al carcere. Mentre finora il giudice della “cognizione” poteva decidere pene alternative al carcere in caso di condanne fino ai 2 anni, adesso lo potrà fare anche per pene fino ai 4 anni.
A queste si aggiungono anche alcune complicanze legate specificatamente al processo: per esempio “l’udienza di comparizione predibattimentale”, ossia un’udienza preliminare per le citazioni dirette. Finora, queste, vanno su richiesta del pm, direttamente al giudice monocratico. Altra nuova competenza, è quella di dover stabilire eventuali misure alternative alla detenzione, mentre prima spettava ai giudici di Sorveglianza. Dunque, più lavoro, a carenze di organico invariate.
Altra criticità è legata alla ritardata iscrizione: l’eventuale dichiarazione, da parte di un giudice, in ogni grado del giudizio, di ritardata iscrizione della notizia di reato. Una manna per le difese di imputati “eccellenti”: se la contestazione si conclude con la retrodatazione della iscrizione, determinati atti, saranno dichiarati nulli.
Inutile dire che si prospettano tempi ancora più difficili per la giustizia e per la Carta Costituzionale: l’unico caposaldo con cui la magistratura ha potuto assolvere i propri compiti, pagando anche un elevatissimo tributo di sangue, nella travagliata storia di questo Paese.

Foto © Imagoeconomica

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