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Dalla Camorra alla mafia fino ai narcos albanesi, nel racconto di "Mafia Connection", i nuovi volti delle mafie

Grande successo per la miniserie “Mafia Connection”, le quattro puntate in onda su canale “NOVE” e dedicate alle nuove mafie attraverso il racconto del giornalista Nello Trocchia
La docu-inchiesta scritta da Lorenzo Avola con la regia di Ram Pace, racconta i nuovi assetti e i nuovi volti delle organizzazioni criminali; dalla camorra alla mafia e dalla ‘Ndrangheta fino alle organizzazioni criminali dei narcos albanesi, l’inchiesta ideata da Carmen Vogani, presenta al grande pubblico la nuova mafia, progredita e senza limiti di crudeltà oltre che di territorialità.
L’ultima puntata, “Caccia all’ultimo Padrino”, andata in onda sabato 15 ottobre su canale “NOVE” e ora disponibile anche su “Discovery+”, ha raccontato la latitanza dell’uomo di fiducia di Riina: Matteo Messina Denaro.
Attraverso le sfumature che disegnano depistaggi e contrapposizioni interne allo Stato con la compartecipazione di mafia, massoneria e servizi segreti deviati, la puntata di Mafia Connection dedicata al superlatitante Messina Denaro, ha evidenziato i tratti, anche quelli più interni, della personalità del boss numero uno di Cosa nostra, come descritto dal Procuratore di Trapani Gabriele Paci, come un “enfant prodige cresciuto a latte e mafia, in seguito diventato il braccio armato di Totò Riina”.
Partendo dal ‘93 e dalla strategia perpetrata durante le stragi avvenute a suon di bombe tra RomaFirenze Milano, la puntata di Mafia Connection dedicata a MMA (Matteo Messina Denarondr), ha descritto il “metodo” inaugurato dal boss numero uno di Cosa nostra insieme a Giuseppe Graviano, capo del mandamento di Brancaccio, senza tralasciare per questo le perplessità relative alle “circostanze” che, in quasi 30 anni, non hanno mai preso in considerazione la figura di MMA in relazione alle stragi del ‘92.

Ad un passo dalla cattura di MMA
Descritto con enfasi come “persona perbene e di gran cuore” dal suo amico e autista Francesco MesiMatteo Messina Denaro ha sempre potuto contare su omertà oltre che su una nutrita compagine di alleanze, non necessariamente ad indirizzo mafioso. Una consorteria significativa che ha sempre favorito la latitanza di MMA, soprattutto nei momenti più delicati della “caccia all’uomo”.
Nell’ottobre del ‘96, una pattuglia dei carabinieri fermano due individui e trovano un malloppo di cellophane contenente decine di pizzini diretti a Messina Denaro da familiari”.  Queste le parole del commissario di polizia Carmelo Marranca, coinvolto nelle indagini relative ai pizzini che riportano la firma di Mari, ovvero, Maria Mesi, la sorella di Francesco Mesi, resa celebre dai racconti di cronaca come la presunta amante di MMA che ha aperto un varco nel covo del superlatitante di Cosa nostra.
Il magistrato Massimo Russo ha descritto la mancata cattura di Messina Denaro come “un vero e proprio sabotaggio delle indagini” in relazione agli appostamenti effettuati in via Milwaukee ad Aspra (Bagheria, ndr) davanti all’appartamento, nonché probabile sede di incontri amorosi tra MMA Maria Mesi.
Sulla base delle indicazioni fornite da alcuni collaboratori di giustizia - ha ricordato il magistrato Russo -, la polizia ha la certezza che in quell’appartamento c’era Matteo Messina Denaro”. Difatti, la pista investigativa avallata anche dal pentito Antonino Giuffrè, purtroppo, finisce poco tempo dopo in un vicolo cieco, lasciando all’interno del covo di via Milwaukee solo champagne e videogame. 
Vengono infatti scoperte le telecamere posizionate dalla polizia e, alcuni anni dopo, il 15 maggio del 2004, il maresciallo specialista in telecomunicazioni Giorgio Riolo, condannato a 7 anni e 5 mesi, confessa di essere la talpa della DDA (Direzione Distrettuale Antimafia, ndr) che dal ‘98 passa informazioni alla famiglia di Bagheria insieme all’imprenditore Michele Aiello, condannato a 15 anni.
Mi fu chiesto da Aiello - ha raccontato Riolo ai pm - e in compagnia di Antonio Borzacchelli (ex carabiniere e politico della lista ‘Biancofiore’ promossa da Salvatore Cuffaro, ndr) ci passammo assieme. Eravamo in macchina tutti e tre” per controllare la presenza e il funzionamento delle telecamere piazzate davanti all’abitazione utilizzata da Messina Denaro e Masi.

L’imbarazzo dell’Antimafia
La figura di MMA, venerata in alcuni casi sui social e protetta in modo più discreto nella vita reale, a volte, mostra anche le sue crepe. 
Sono tutti porci! Ma anche questo (Matteo Messina Denaro, ndr) cosa fa? - ha detto un affiliato di Cosa nostra intercettato durante una conversazione -. Fa solo i suoi interessi.” - prosegue - “Arrestano i tuoi fratelli, le tue sorelle, i tuoi cognati e non ti muovi?”.
Tuttavia, nonostante una fitta rete messa a protezione del superlatitante e numerosi fiancheggiatori posizionati strategicamente fuori dalle righe della mafia, c’è chi, a volte, dubita dell’operato di Messina Denaro. Un dato, quello rappresentato dai collaboratori di MMA che, nel recente passato, si è aggiunto all’imbarazzo che si è creato presso gli uffici dell’antimafia in relazione ad un’altra vicenda relativa al numero uno di Cosa nostra.
Il 12 agosto del 2021, il Tg1 apre con una notizia sensazionale: “Scoperta la traccia audio di una deposizione del boss Messina Denaro”. Per la prima volta, gli italiani sentono la voce di Matteo Messina Denaro.
La registrazione, infatti, viene rinvenuta dopo ben 28 anni di giacenza in archivio grazie a Nadia Furnari di Associazione Antimafie “Rita Atria” e alla collaborazione di due giornaliste impegnate in ricerche utili alla ricostruzione di fatti relativi alla testimone di giustizia Rita Atria. “Ci è sembrata una deposizione surreale - ha sottolineato Nadia Furnari -, perché stiamo parlando del 18 marzo del ‘93, due mesi prima dell’inizio della latitanza di Messina Denaro”.
Nonostante la qualità audio pessima e il filo di voce di MMA, Furnari è riuscita a rintracciare la parte audio riferita alla deposizione di Messina Denaro.
Lei ricorda se fu sentito dalla squadra mobile di Trapani? - è stato chiesto durante la deposizione -.” - prosegue - “Guardi - ha precisato MMA -, io in quel periodo ho subito decine di interrogatori per ogni omicidio successo”.
La puntata sulla lunghissima latitanza di Matteo Messina Denaro vede la sua conclusione con un punto di domanda lecito e poco rassicurante: “Davanti ad un fatto che mette in discussione anni di indagini - si è chiesto il giornalista Nello Trocchia -, è davvero possibile che investigatori, servizi segreti e magistrati, non fossero già in possesso di altre tracce audio?”.

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