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300 persone tra ucraini, russi e contractors stranieri liberati. Intanto ha inizio il referendum annessione in regioni occupate

Mercoledì c’è stato uno scambio di prigionieri tra Russia e Ucraina, il più grosso dall’inizio della guerra: ha coinvolto circa 300 persone tra cui ucraini, russi e dieci contractors stranieri che si erano uniti all’esercito ucraino.
Il tempismo di questo scambio è stato visto come molto sorprendente, dal momento che gli sforzi militari dei due eserciti sembrano invece intensificarsi in questa fase della guerra: dopo le recenti importanti vittorie ottenute dall’Ucraina nel nord-est del paese, mercoledì il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato una “mobilitazione parziale” in Russia.
Tra i prigionieri scambiati ci sono 215 ucraini, la maggior parte dei quali erano soldati che nei primi mesi della guerra combatterono per difendere Mariupol, città portuale nel sud del paese a lungo assediata dai russi. In cambio l’Ucraina ha liberato 55 russi e ucraini filorussi: tra questi anche Viktor Medvedchuk, un politico ucraino a capo di un partito filorusso considerato uno dei maggiori alleati di Putin in Ucraina. Se non fosse stato liberato, avrebbe dovuto affrontare l’accusa di tradimento.
Per il momento la Russia non ha commentato lo scambio di prigionieri, mentre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto che si tratta “chiaramente di una vittoria” per il suo paese e ha ringraziato il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, che ha mediato in una lunga trattativa per arrivare all’accordo.
Tra gli ucraini liberati ci sono cinque comandanti che resteranno in Turchia fino alla fine della guerra: Zelensky ha detto che è stato particolarmente difficile assicurare anche la loro liberazione. Uno di loro è il luogotenente colonnello Denys Prokopenko, comandante del controverso Battaglione Azov, una milizia incorporata nell’esercito ucraino che ha posizioni esplicitamente neonaziste.

Nello scambio di prigionieri sono stati coinvolti anche dieci combattenti stranieri che si erano uniti all’esercito ucraino nei mesi scorsi: a questa trattativa ha contribuito l’Arabia Saudita, con Mohammad Bin Salman in persona, dove le dieci persone sono state fatte arrivare mercoledì sera in aereo. Sono cinque cittadini britannici, due americani, un croato, un marocchino e uno svedese. Nello scambio di prigionieri avrebbe avuto a che fare anche l’oligarca russo Roman Abramovich, ex proprietario del Chelsea F.C, sotto sanzione del Regno Unito e dell'Ue. Il magnate era sull'aereo per riportare cinque britannici catturati in Ucraina e ha affermato di aver svolto un "ruolo chiave" nel loro rilascio, secondo la testimonianza di uno di loro al The Sun. John Harding, uno dei cinque britannici liberati da Mosca in uno scambio di prigionieri con Kiev, ha detto che il miliardario russo si è presentato a uno degli ex prigionieri, Shaun Pinner, sull'aereo che li ha portati dalla Russia all'Arabia Saudita. Il contractor ha affermato di aver da parte sua parlato con l'assistente dell'oligarca, che gli assicurava che quest'ultimo avesse svolto un "ruolo chiave" nella liberazione dei cinque prigionieri. Abramovich è stato sanzionato dal governo britannico il 10 marzo, per i supposti legami con il presidente russo Putin.


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Il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan © Imagoeconomica


Al via referendum annessione in regioni occupate
Intanto nelle regioni ucraine di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia - sotto il controllo parziale o totale delle forze di Mosca - sono iniziati oggi i "referendum" sull'annessione di tali territori alla Federazione Russa. Si concluderanno il 27 settembre. Scopo del Cremlino è poter considerare un attacco diretto alla Russia, con quel che ne consegue, qualsiasi ulteriore tentativo di Kiev di riconquistare i territori perduti. Le consultazioni sono state biasimate in quanto illegali dagli alleati occidentali di Kiev, i quali hanno già chiarito che non accetteranno mai il risultato, e sono state criticate anche da Pechino, che ha chiesto il rispetto del principio dell'integrità territoriale degli Stati. Le autorità filo-russe insediate in questi territori e Mosca hanno comunque promesso di andare avanti. "Il voto inizia domani e nulla può impedirlo", ha dichiarato ieri alla televisione russa Vladimir Saldo, capo dell'amministrazione installata dai russi a Kherson. I separatisti filorussi di Donetsk, nell'Est, hanno indicato da parte loro che "per motivi di sicurezza" il voto sarebbe stato organizzato quasi porta a porta, "davanti alle case" per quattro giorni, con l'apertura dei seggi "solo l'ultimo giorno", cioè il 27 settembre. La Commissione elettorale centrale della regione di Kherson prevede che circa 750.000 persone parteciperanno alle votazioni, con mezzo milione di persone registrate come elettori nella regione di Zaporozhzhia. Le schede elettorali per il referendum sono state stampate per 1,5 milioni di elettori dell'autoproclamata Repubblica del Donetsk (Rpd). Per i residenti della Rpd sono disponibili 450 seggi elettorali nella Repubblica e più di 200 in Russia. La Commissione elettorale centrale della Rpd ha aperto 461 seggi elettorali nella Repubblica e 201 in Russia. 

Putin sta dando ordini diretti ai generali
Resta sempre violenta la situazione sul campo. Le truppe russe hanno bombardato la regione orientale di Dnipropetrovsk con missili Grad, due civili sono morti, nove sono stati feriti: lo riferisce il capo dell'amministrazione militare regionale Valentyn Reznichenko, citato da Ukrinform. "I russi hanno nuovamente aperto il fuoco sul distretto di Nikopol. Al mattino hanno colpito anche Marhanets con i sistemi missilistici a lancio multiplo Grad (Mlrs) e con l'artiglieria pesante. Circa 30 proiettili sono stati sparati contro insediamenti civili. A Marhanets sono stati uccisi due civili, un uomo e una donna. Secondo i dati preliminari, altre nove persone sono rimaste ferite", ha detto Reznichenko. A causa dell'attacco 2.200 famiglie sono rimaste senza elettricità. Nel mentre, secondo la Cnn, che ha menzionato due fonti di intelligence occidentali, il presidente russo Putin starebbe dando ordini diretti ai generali impegnati nella guerra in Ucraina. Tali ordini "suggeriscono una struttura di comando disfunzionale" che ha pesato sull'operazione militare, ha affermato una fonte. Altre fonti vicine ai servizi segreti americani hanno riferito alla Cnn di "significative divergenze" su dove concentrare gli sforzi russi. Un alto funzionario Nato, infine, ha sottolineato che le autorità russe stanno faticando a trovare un capro espiatorio per gli errori commessi sul campo. "Funzionari del Cremlino ed esperti dei media di Stato stanno discutendo con fervore le ragioni del fallimento a Kharkiv e, come di consueto, il Cremlino sembra cercare di distogliere la responsabilità da Putin e dalle forze armate russe", ha sottolineato.

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