I giovani dei centri sociali repressi in strada, colpita anche una cronista. In Piazza Verdi fatta chiudere esibizione artistica di Our Voice
Arriva Giorgia Meloni e come per magia le garanzie costituzionali di libertà di espressione e pensiero vengono negate a chi la contesta da parte di chi dovrebbe tutelarle. Succede a Palermo dove ieri la leader di Fratelli d’Italia, papabile futura premier dopo il 25 settembre, ha svolto il suo comizio elettorale in piazza Ruggero Settimo, accolta da circa un migliaio di sostenitori. La piazza e in generale tutto il centro storico è stato letteralmente asserragliato da Digos, Polizia, Carabinieri ed agenti dell’Antiterrorismo e dell'Anticrimine. La ragione di tanta sicurezza - con addirittura posti di blocco piazzati e controlli a campione di zaini e borselli in strada - ha a che vedere principalmente con la denuncia di Giorgia Meloni che solo qualche giorno fa ha lamentato, rivolgendosi al Viminale, la presenza costante di contestatori all’interno dei suoi comizi elettorali lungo lo Stivale.
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Presenza che non è venuta a mancare nemmeno a Palermo, seppur in forma ridotta e assolutamente non violenta, con un gruppo di giovani appartenenti a centri sociali e realtà attiviste che poi sono stati brutalmente e ingiustamente caricati. I fatti, gravissimi, si sono verificati in questo modo: mentre Giorgia Meloni parlava sul palco installato ai piedi del teatro Politeama, il gruppo di contestatori, “armati” di due-tre cartelli con slogan come "Meglio porco che fascista" e "Sul mio corpo decido io" è stato bloccato dalla polizia all'angolo fra le vie Principe di Belmonte e Ruggero Settimo, a oltre duecento metri dall’evento. I manifestanti sono stati contenuti da tre cordoni, con decine di agenti della Celere, supportati dalla DIGOS, che li hanno accerchiati impedendo di fatto il deflusso del corteo. Dopo una breve fase di confronto, durante la quale i dimostranti avevano per giunta espressamente manifestato l’intenzione di andarsene, sono stati caricati due volte: prima con una manovra di contenimento, poi è volata una bottiglietta di plastica ed è scattato un affondo più deciso a freddo da parte degli agenti in tenuta anti sommossa. Sulla folla che aveva protestato pacificamente sono piovuti spintoni e manganellate che non hanno risparmiato nemmeno la collega di La Repubblica, Alessia Candito, alla quale va tutta la solidarietà della redazione di ANTIMAFIADuemila.
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Le scene sono state riprese dalle numerose telecamere presenti e in pochi minuti hanno fatto il giro del web delle televisioni. Durante la repressione è stato inoltre fermato un ragazzo che era rimasto un po’ più avanti rispetto al gruppo di contestatori ed è stato portato in questura e poi rilasciato dopo l’identificazione. “Quell’accerchiamento è stato un messaggio chiaro, come a dire che certe proteste non sono più tollerate”, ci ha detto uno dei giovani dei centri sociali che nel frattempo si è recato con gli altri nei pressi della questura in attesa del rilascio del loro compagno (avvenuto dopo qualche ora). “Non succede una cosa simile da anni qua a Palermo”, ha aggiunto un altro. Secondo un comunicato della polizia diffuso stamani, ieri “si è svolto regolarmente il comizio di Fratelli d'Italia a Palermo, senza che si registrassero turbative al suo regolare svolgimento". Cariche non ce ne sarebbero state, secondo la nota ufficiale, ma solo "iniziative di contenimento" per bloccare "un gruppo di cinquanta aderenti a gruppi antagonisti che ha cercato di raggiungere piazza Politeama con l'intento di creare turbative all'iniziativa elettorale". Stando a quanto si legge nella nota "un operatore della Digos veniva raggiunto al volo da un pugno sferrato da un manifestante".
La presidentessa di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, durante il suo comizio al Politeama di Palermo © Deb Photo
L’esibizione artistica contro Schifani chiusa dalla Digos
Una nota palesemente fuorviante e scandalosa, quella della questura. Come scandalosa è stata la chiusura forzata di un’esibizione artistica del movimento Our Voice in piazza Verdi. Un’opera satirica svoltasi, previa delibera della Digos, nello stesso orario in cui si svolgeva il comizio di Fratelli d’Italia e rivolta al candidato del centrodestra alle regionali Renato Schifani, attualmente imputato al processo sul “Sistema Montante” per concorso esterno in associazione a delinquere semplice e rivelazione di notizie riservate. La stessa Digos, però, ha provveduto immediatamente a far ritirare lo striscione che nel frattempo il gruppo aveva esposto con su scritto “Renato Schifani governiamo insieme la Sicilia. Insieme a chi? Alla mafia?”. Dopo la chiusura dello striscione, gli agenti in borghese hanno anche ordinato la chiusura dell’intera esibizione perché a loro dire diffamatoria e svolta in periodo di campagna elettorale nei confronti di un candidato alle elezioni. La Digos, nel suo intervento, ha osservato che l’ex presidente del Senato non è condannato per mafia ma gli artisti movimento hanno contestato sottolineando in primis che la loro non era un'accusa ma una domanda, e poi che nella sentenza che archiviava (per insufficienza di prove tali da rinviare a giudizio) la posizione di Schifani nel 2014 dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, il Gip Vittorio Anania aveva comunque accertato che erano “emerse relazioni con personaggi inseriti nell’ambiente mafioso”.
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Inoltre, il gruppo ha espresso il suo dissenso nel non potere rappresentare un libero pensiero in chiave artistica, né nel poter rivolgere un domanda legittima basata su risultanze investigative. Ma gli agenti non hanno voluto sentire ragione. Quindi, dopo svariati minuti di contestazione e dall’arrivo dei carabinieri, già presenti in piazza, è stata smontata l’esibizione satirica che, oltre allo striscione, raffigurava un politico seduto sulla poltrona osservante, immobile, lo strisciare di banconote, pistole e tessere elettorali. "Noi non abbiamo diffamato nessuno, abbiamo solo chiesto al candidato alla regione Sicilia, certamente in chiave provocatoria, se si dissocia dalla mafia e dal suo passato”, ha detto Sonia Bongiovanni, leader del gruppo. “La nostra era una semplice domanda”, ha aggiunto. "E' assurdo quello che è successo, lo consideriamo censura!”.
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