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La latitanza di Provenzano tra ‘anomalie’, buchi neri e verifiche mai fatte

La mancanza di una importante Relazione di Servizio del ROS dei Carabinieri e alcune inesattezze (volute o non) in merito ad una missiva dell'allora procuratore aggiunto di Palermo Giuseppe Pignatone indirizzata all'allora pm di Messina Giuseppe Verzera.
Di questo parla la commissione antimafia nell’ultima parte della relazione sull’omicidio di Attilio Manca, la cui morte è intrecciata con i tanti misteri legati alla latitanza di Bernardo Provenzano.
Uno di questi, per esempio, riguarda proprio il territorio di Barcellona Pozzo di Gotto: il legale della famiglia Manca, Fabio Repici, aveva segnalato con un esposto, che la presenza di un “frate della famiglia Ferro" all’interno del Convento di Sant'Antonio da Padova era un elemento meritorio di “approfondimento investigativo" in merito alla latitanza di Provenzano. Ricordiamo che alcuni dei nomi dei fratelli Ferro (in totale sono cinque: Salvatore Massimo, Giuseppe, Angelo, Roberto e Gioacchino) sono comparsi nell’inchiesta 'Grande Mandamento' e che in base alle risultanze dei Carabinieri del Ros era già stata "accertata" la presenza di Salvatore Massimo Ferro nel suddetto Convento.
Il 13 novembre 2007 il pubblico ministero Giuseppe Verzera di Messina, aveva indirizzato alla Procura di Palermo una missiva per chiedere se vi erano indagini in atto a questo proposito da parte della Procura. La risposta era arrivata tre settimane più tardi a firma dell'allora procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone: "Non risultano elementi che comprovino la presenza del Ferro Angelo e del Provenzano in territorio di Barcellona Pozzo di Gotto".
Limitatamente a questa affermazione vi è una inesattezza: la risposta di Pignatone esclude ogni riferimento a Salvatore Massimo. Cosa assai singolare dal momento che il ROS aveva trasmesso una relazione al Sostituto Procuratore di Palermo Michele Prestipino Giarritta in cui si esponevano elementi tali da far ritenere come “accertata” la frequentazione del frate Salvatore Massimo del Convento. “Per cui - si legge nella relazione - se ne deve dedurre che o il dott. Pignatone non lesse mai quella relazione e il dott. Prestipino, a diretta richiesta, comunicò al suo superiore dati inesatti, o al dott. Pignatone fu sottoposta quella relazione e, allora, scrisse dati inesatti lui stesso".
Sempre rimanendo nell’ambito delle indagini su Salvatore Massimo, i Carabinieri del R.O.S. di Messina avevano richiesto all'autorità giudiziaria di Palermo, nella persona dell'allora sostituto procuratore Prestipino, di eseguire delle intercettazioni sulle “tre utenze in uso a frate Salvatore Massimo Ferro (una al Convento Sant'Antonio da Padova di Barcellona Pozzo di Gotto, l'altra al Convento Santa Maria degli Angeli di Messina e una utenza mobile intestata allo stesso Ferro)”.
Il 17 giugno 2005 le attività di intercettazione erano state avviate ma dismesse “per le due utenze fisse, il 13 luglio 2005, dopo neanche un mese".
Mentre "il 27 luglio successivo", dopo quaranta giorni, erano state interrotte anche le intercettazioni sul cellulare.


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Da sinistra: il magistrato, Michele Prestipino e l'ex magistrato, Giuseppe Pignatone © Imagoeconomica


Gli omessi accertamenti sulla 'fonte' confidenziale dei Carabinieri
Nel 2005 una fonte confidenziale aveva segnalato alla Sezione Anticrimine dei Carabinieri di Messina la possibilità che Bernardo Provenzano si stava nascondendo nella città di Barcellona Pozzo di Gotto, presso il Convento di Sant'Antonio da Padova, “dove avrebbe potuto contare sull'assistenza di un non meglio indicato frate".
"Sarebbe stato opportuno - si legge - acquisire la 'Relazione di Servizio'" e interrogare il gestore di tale fonte. Ma di tale relazione non c’è traccia.
Oltre a questo, mancano all’appello diversi elementi.
La commissione ritiene opportuno “sentire il Comandante del Reparto per individuare il gestore della fonte” e, una volta fatto, stabilire se alla fonte era stato fatto il nome del “religioso in contatto con il latitante” e chiarire “di chi fu la decisione di interrompere i rapporti con la fonte”.
"Infine - hanno scritto i commissari - sarebbe stato altresì importante stabilire se solo un gestore aveva avuto accesso alla fonte e, in ogni caso, acquisire tutta la produzione informativa della stessa”.

I messaggeri di Provenzano
Nel 2005 tre dei fratelli di Salvatore Massimo Ferro - Giuseppe, Roberto e Gioacchino - erano stati arrestati su mandato della Procura di Caltanissetta (in collegamento con quella di Palermo) nell’operazione 'Grande Mandamento', in quanto ritenuti “anelli fondamentali della catena comunicativa con la quale il Provenzano smistava le proprie direttive scritte in direzione delle province mafiose di Caltanissetta ed Agrigento, consentendogli di mantenere e gestire il ruolo di vertice dell‘associazione mafiosa”.
Tra coloro che si occupavano di far muovere i 'pizzini' di Provenzano vi era anche Giuseppe Di Fiore, soprannominato 'Ciuriddu', uomo d'onore e cassiere della famiglia mafiosa di Bagheria e anello di congiunzione tra questa e Bernardo Provenzano.
Secondo il documento, Giuseppe Di Fiore si era recato il 30 luglio a Messina. Il suo cellulare infatti, in base ai rilevamenti, era stato localizzato in una via vicina alla residenza di Salvatore Massimo Ferro. Secondo la commissione si tratta di un dato di particolare rilevanza investigativa.
Ma non sarebbe stata la prima volta che Di Fiore si era recato a Messina. Nel documento la commissione invita ad effettuare delle verifiche sulla “presenza a Messina dell'utenza in uso a Giuseppe Di Fiore anche in data 28 aprile 2004, due mesi e mezzo dopo la morte di Attilio Manca".


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Il superboss corleonese, Bernardo Provenzano


Convegno di Sant'Antonio da Padova: tra i frequentatori anche Pagano Angelo
Tra coloro che frequentavano il convento c’era anche Pagano Angelo, personaggio già visto in compagnia a bordo di un’auto con “Triolo Giuseppe, Guttuso Antonino e, in particolare, con Provenzano Salvatore, autotrasportatore e cugino di Provenzano Giorgio, a sua volta più volte controllato in Bagheria in compagnia del noto Scinna Gioacchino, fratello di Scinna Giacinto, ritenuti importanti elementi della famiglia mafiosa di Bagheria".
Quelli elencati non sono nomi a caso: Triolo Giuseppe è lo stesso "soggetto che sarà coimputato, per il reato di associazione mafiosa, con Rosario Pio Cattafi e altri capimafia barcellonesi nel terzo grande processo alla mafia di Barcellona Pozzo di Gotto, denominato 'Gotha 3'"; "Onofrio Morreale è lo stesso soggetto sul quale riferì Stefano Lo Verso e che si occupò specificamente della latitanza di Bernardo Provenzano e delle esigenze sanitarie del capomafia corleonese".

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