L'attacco alla vicepresidente è stato premeditato
L'Argentina cerca di ricomporsi dopo il fallito attentato contro la vicepresidente Cristina Fernández Kirchner. Sono passate due settimane, e restano solo pochi negazionisti dell’attentato. Le indagini condotte dal procuratore María Eugenia Capuchetti hanno mostrato fin qui tre certezze. La prima è che, ovviamente, il proiettile non è partito, la seconda è che l'esecutore è Fernando Andrés Sabag Montiel, la terza è che non ha agito da solo. Ora le indagini si concentrano sul cercare di chiarire chi sono i membri del gruppo che ha supportato Sabag Montiel e la sua fidanzata, Brenda Uliarte.
Negli ultimi giorni la procuratrice Capuchetti ha avviato il procedimento nei loro confronti per il reato di tentato omicidio aggravato dall'uso di armi, premeditazione, oltre alla detenzione illegale di arma da fuoco. Questi delitti prevedono una pena di 15 anni di prigione.
Ultimo treno
Oltre a Sabag Montiel, catturato in fraganza di reato, in un primo momento le autorità hanno fermato Brenda Uliarte - la fidanzata del fallito sicario - dopo aver accertato anche la sua presenza sul luogo dell'accaduto. Attraverso le telecamere di vigilanza presenti nella città e la geolocalizazzione dei telefoni cellulari, si è riusciti a determinare il percorso che la coppia ha fatto quel giorno. Ricordiamo che la giovane era già presente nelle interviste rilasciate ad un inviato televisivo settimane prima dell'attentato. Al momento del suo arresto la Uliarte ha dichiarato che erano almeno 48 ore che non vedeva il suo fidanzato. Dichiarazione immediatamente smentita.
Il giorno del fallito attentato la coppia è partita in treno da Quilmes, in Provincia di Buenos Aires, con destinazione la capitale, portando con sé un fatale destino. Nella località famosa per la produzione di birra, le autorità hanno constatato, finora, la sua presenza in due posti. Il primo in un locale di tatuaggi che Sabag Montiel normalmente frequentava. Il secondo in un fast food nelle vicinanze della stazione dei treni intorno alle 16:00. Lì, le telecamere di sicurezza hanno filmato la coppia con gli stessi abiti che avrebbero indossato più tardi durante il fallito attentato. Inoltre i due portavano con sé, in ogni momento, una borsa bianca ed un ombrello. Nelle immagini filmate all'interno del locale si vede quello che potrebbe essere il contatto con una terza persona. Una donna seduta al tavolo vicino a quello dei sospettati, che lascia cadere un foglio a terra che viene raccolto da Uliarte. Questa lo legge e lo consegna a Sabag Montiel che dopo lo butta in un cestino della spazzatura. Fino ad oggi non è stato possibile individuare l'identità di questa donna.
Pochi minuti dopo le 17:00 sono già a Buenos Aires in quanto vengono filmati mentre escono insieme dal treno Roca nella stazione di Constitución. Frettolosi, nel tipico flusso dinamico degli abitanti di Buenos Aires nell'orario di punta. Corrono per prendere la coincidenza con la linea C diretta alla stazione Diagonal Norte. Una volta saliti in superficie hanno camminato per alcuni metri verso l'Obelisco. Si vede nelle immagini che lui porta la borsa bianca e l'ombrello nella mano. Arrivati nella zona del fallito attentato, intorno alle 17:30, hanno fatto diversi giri per il quartiere. Finalmente, passate le 20:00, si avvicinano all'angolo tra Juncal e Uruguay, nel quartiere della Recoleta, dove la vicepresidente ha la sua residenza.
Lì hanno aspettato, tra le ombre e le grida, tra la miseria e l'antipolitica. Hanno atteso di trasformarsi in leggenda attraverso la storia di altri. Hanno aspettato il rumore ed il tumulto, sperando di perdersi tra il sangue ed il fuggi fuggi. Speravano in un destino ma il proiettile non è partito ed ora il destino è un altro.
Amore della mia vita
Sulla base dei tabulati telefonici, che includono anche i servizi di messaggeria di diversi social, gli investigatori sono riusciti ad ampliare la cerchia di contatti della coppia, in modo di identificare, a poco a poco, chi potrebbero essere i collaboratori, i partecipanti o i promotori dell'attentato.
Pochi istanti dopo che Fernando André Sabag Montiel premesse il grilletto dell'arma carica contro il viso della vicepresidente Cristina Fernández, Brenda Uliarte contattò una terza persona, identificata come Agustina Díaz, una giovane di soli 21 anni. In quella conversazione, come hanno riferito i media capitolini, la Díaz ha ripreso Uliarte dicendogli “Perché è fallito il tiro? Come hai potuto mandare quel ritardato?” e alla fine ha chiesto: “Era nervoso?”. In queste brevi righe possono dedursi due cose, primo che l'attentato, seppur fallito, era premeditato. Secondo, che la Díaz conosceva la trama. “Cancella tutto”, ha ordinato a Uliarte.
Fino a questo momento è stato possibile ricostruire che Uliarte e Díaz hanno una relazione da anni, come ha detto alla stampa la nonna di quest'ultima, nonostante il suo racconto sia un po' confuso ed in alcuni punti contraddittorio. Nel telefono di Uliarte la Díaz appare registrata come 'amore della mia vita'. Secondo quanto riferito alla stampa da fonti legate alla causa, le conversazioni tra le donne riguardo l'attentato erano iniziate alcune settimane prima del fatto.
I messaggi di premeditazione
"Oggi divento San Martin, ordino di ammazzare Cristina". Questo è uno dei tanti messaggi preparatori, a giudicare dalla conclusione, dell'attentato contro la vicepresidente. Questo è uno dei tanti messaggi con i quali Brenda Uliarte manteneva informata Agustina Díaz sul piano che, giorno dopo giorno, prendeva forma.
Come ha pubblicato il quotidiano Página/12, nel procedimento riguardante Uliarte viene segnalato che il 22 aprile la giovane ha inviato un messaggio annunciando "ho già il ferro". “L'ho comprato perché il mio capo si è seccato”. Si stanno ancora verificando alcuni dati, le autorità suppongono che la donna si riferisse all'arma che ha utilizzato Sabag Montiel il giorno dell'attentato, e che prima era di proprietà di un vicino morto da tempo. In un altro messaggio del 4 luglio scriveva: “Ho già il ferro e ho le ovaie per per sferrare un colpo a Cristina". In prossimità dell'attentato, il giorno 27 agosto, dice: “Ho ordinato di ammazzare la vice Cristina. Non è uscita perché è rimasta dentro. Che rabbia ti giuro, l’avevo davanti. Sono stufa che i liberali vadano a fare i rivoluzionari con le torce in Plaza de Mayo, basta parlare, bisogna agire. Ho mandato un tipo affinché uccida Cristi”.
Uliarte frequenta da tempo alcuni gruppi autodenominatisi libertari. Una piccola, ma incisiva frangia politica che si è fatta spazio nel dibattito pubblico con un'estetica cosmopolita che mette illusoriamente la supremazia del potere economico al di sopra del concetto di Stato del benessere. Uno spazio che si sono costruiti con la forza delle loro idee che, dentro la cultura argentina, si consolidano come ‘antiperonistas’ a rischio di cadere, come ogni tendenza estrema, in posizioni filofasciste.
Uliarte si prende gioco della marcia delle torce alla quale partecipò in protesta contro il governo di Alberto Fernández, marcia organizzata da un gruppo chiamato Revolución Federal, un piccolo spazio politico dove pullulano alcuni seguaci di Javier Milei che, negli ultimi mesi, hanno portato avanti azioni di protesta contro diversi rappresentanti della cerchia kirchnerista; incluso, con un certa drammaticità, hanno lanciato torce contro la facciata della sede di governo e hanno piazzato una ghigliottina la sera del 9 Luglio, con un cartello che recita “Tutti carcerati, morti o esiliati”, con il timbro del “Frente de todos”, lo spazio politico di Alberto Fernández e Cristina Fernández.
Oggigiorno i coordinatori di questo gruppo, Jonathan Morel e Leandro Insipido, sono chiamati a chiarire la relazione che avevano con Uliarte, e soprattutto, se sono legati al fallito attentato. In questo senso, fino ad oggi, nessuno dei loro membri è stato fermato nell’ambito dell’indagine che porta avanti Capuchetti al fine di rintracciare le reti di finanziamento partendo dall’ipotesi, tra l'altro, che l'attentato sia stato commissionato. Alcuni settori del kirchnerismo avrebbero menzionato un pagamento che Morel avrebbe ricevuto da parte di un'impresa legata alla famiglia di Nicolás Caputo, intimo amico di Mauricio Macri. Il pagamento, che si aggirerebbe intorno al milione e mezzo di pesos e sarebbe stato concesso a titolo di lavori di arredamento di interni, come ha dichiarato lo stesso Morel.
Secondo diverse fonti, questi gruppi di destra normalmente hanno legami a livello internazionale con fazioni estremiste degli Stati Uniti e dell'Europa. Nonostante la storia, purtroppo, sia piagata di questo tipo di esempi, dobbiamo essere prudenti (non increduli), e prima di fare supposizioni dobbiamo cercare di trovare fondamento all'informazione. Perché come in ogni ideologia politica, ci sono militanti, ci sono combattenti e ci sono assassini.
Le immagini recuperate dai periti hanno portato ad individuare Sabag Montiel nelle vicinanze dell'appartamento della vicepresidente alcuni giorni prima di quel 1° settembre. Il 27 agosto, ovvero cinque giorni prima dell'attentato, l'aggressore è stato ripreso in un video, in mezzo alla folla di sostenitori che aspettava Cristina fuori dal suo appartamento. Come abbiamo visto in precedenza, è lo stesso giorno di quando Uliarte ha confessato di essere l’istigatrice di Montiel. Un giorno chiave nella escalation di tensione politica intorno alla figura della vicepresidente. Quello è stato il giorno in cui il capo del Governo della Città Autonoma di Buenos Aires, Horacio Rodríguez Larreta, ha ordinato di perimetrare la zona e ha piazzato alcuni agenti della Polizia della Città per proteggere l’ex primo ministro. Questo gesto ha generato diverse tensioni e diversi atti di repressione - anche verso il figlio della stessa Cristina, il deputato Máximo Kirchner - che hanno suscitato aspri commenti nella sfera del governo nazionale, da cui sono usciti per reclamare la potestà per la protezione della presidente.
Anche lo stesso ministro della Sicurezza Nazionale, il kirchnerista Aníbal Fernández, ha detto la sua in diversi mezzi di comunicazione nazionale dicendo che era una follia il comportamento di Larreta. Qualche giorno dopo, quando i media di tutto il mondo commentavano il fallito attentato, il ministro si è visto costretto a presentare le dimissioni, per aver “trascurato Cristina”, come ha espresso la titolare di Madres di Plaza de Mayo, Hebe de Bonafini. Alla fine non ha rinunciato e continua nel suo incarico.
Non possiamo quindi non chiederci che tipo di informazioni custodiva la polizia macrista, così abituata allo spionaggio, riguardo all'imminente attentato per agire politicamente con un cordone di sicurezza?
Quel 27 agosto Sabag Montiel si trovava ad alcuni metri dal governatore della provincia di Buenos Aires, Axel Kicillof, che si era avvicinato ad un centinaio di manifestanti e militanti, per offrire appoggio a Cristina dopo la simulazione di “fucilazione mediatica giudiziale” alla quale era sottoposta la vicepresidente per la causa “Viavilità”. Tra i tabulati telefonici recuperati dai periti vi è una conversazione tenutasi quel giorno, in quelle ore, tra la coppia di assalitori, che mostra chiaramente la cospirazione per commettere l'attentato.
“C’è una telecamera di CN5, c'è poca gente che se ne sta andando, è quello il momento, ora è già tardi. Cioè, sono le 12 e lei è uscita a quell'ora, ed era a quell'ora, cioè lo scenario era con lei perché la seguivano? Capisci? Dopo vedremo in televisione cosa è successo quando lei è entrata, l'hanno seguita e avrebbe dovuto succedere lì”, dice in un messaggio Sabag Montiel a Brenda Uliarte. Poi aggiunge: “No, è già entrata dentro… Ho toccato la spalla di Axel Kicillof ed è salito su una Toyota Etios e se n'è andato, una gran confusione. Lei è di sopra ma non credo che esca perciò niente, lascia, vado io là, rimani qui. Non portare niente”.
“Non portare niente” diceva a Uliarte. A cosa si riferiva? Gli investigatori credono che la fidanzata doveva avvicinarsi con l'arma nel momento opportuno. E come già accertato, il giorno dell'attentato le era sempre vicino, ma solo per accompagnarlo o per assicurarsi che non fallisse?
Il 28 Sabag torna ad essere ripreso tra la moltitudine che aspetta Cristina. Questa volta appare in fondo, aggirandosi, studiando i movimenti, aspettando il momento opportuno. Nella sequenza di immagini si osserva un dettaglio chiave che si ripeterà nei giorni e che sarà il filo conduttore per trovare gli altri complici: un camioncino che vendeva coppette di zucchero filato.
“La banda delle coppette”
Durante una delle interviste che ha rilasciato la coppia ad una televisione, qualche settimana prima dell'attentato, si vedono mentre spingono un camioncino per lo zucchero filato. In quel momento quella allegoria di giorni festosi serviva da appoggio al discorso meritocratico che entrambe difendevano: “Riscuotere sussidi significa incoraggiare la pigrizia”, dicevano al cronista della TV e al mondo. Quella frase, che da qualche anno è manifesto di alcuni settori privi di coscienza di classe, - che poco o nulla sanno circa la condizione sussidiaria dello Stato, in particolare a favore delle grandi corporazioni - è stata lo slogan in alcuni discorsi di odio, che più che snaturare il discorso politico, attentano alla idea di costruzione comunitaria, che è in definitiva l'idea forza di uno stato, con tutto quel che implica.
A questo punto appare la figura di Gabriel Nicolàs Carrizo, il capo degli agenti, il quarto arrestato nella causa sulla quale indaga Capuchetti.
Carrizo è il proprietario del camioncino di zucchero filato che serviva come supporto ideologico della meritocrazia e, allo stesso tempo, come facciata per le attività di inteligence che il gruppo ha realizzato nei giorni precedenti all'attentato. Ancora una volta nelle immagini raccolte nei diversi giorni, le coppette di zucchero filato sono presenti tra i manifestanti che si sono riuniti alle porte dell'appartamento di Cristina. In questo frangente si può constatare la presenza di Carrizo nei giorni 27, 28, 29, 30 e 31 di agosto. Ed era presente anche il giorno dell'attentato.
Tra gli elementi che compromettono Carrizo vi sono anche i numerosi messaggi di odio (o a questo punto di minaccia) che ha pubblicato costantemente sui socials. Qualche ora dopo del fallito attentato ha pubblicato: “È certo che il prossimo è lei, Alberto, faccia attenzione”, con una chiara allusione al presidente della nazione. E di seguito: “Il Governo è vulnerabile e spero che sia chiaro. Noi siamo quelli che manteniamo quei parassiti lì sopra, vogliono giudicare una persona che sta facendo un grande favore a tutta la nazione Argentina”.
La punta dell'iceberg
Fino a questo momento le autorità sono andate avanti con dei fallimenti che potrebbero rivelarsi critici, come la manipolazione distorsiva del telefono cellulare dell'aggressore ed il ritardo negli arresti. La procedura federale diretta dalla giudice Capuchetti ed il procuratore Carlos Rivolo è soggetta al segreto istruttorio e le indiscrezioni vengono pubblicate dalla stampa giorno dopo giorno.
Non possiamo stabilire in questo momento lo stato delle indagini sugli apparati di sicurezza responsabili della falla, per incapacità o per complicità, la notte dell'attentato. Perché è certo che il proiettile non è uscito ma è anche certo che quella notte Cristina era indifesa.
Tanto meno possiamo confermare che la cospirazione è stata smascherata definitivamente. Noi di Antimafia partiamo da una premessa: l'attentato fallito è solo la punta dell'iceberg. Non siamo lontani dalla verità. Crediamo però che la verità in sé stessa non è ancora venuta alla luce.
Che esiste un discorso di odio e antikirchenismo è evidente. Ma crediamo anche che c'è dietro, nell'ombra, una forza mandante molto più pesante, a giudicare da tutti i connottati di questo episodio, che vede persone cooinvole ed intrighi. È l'iceberg che si trova sotto la superficie dell'acqua, sappiamo che è enorme e che vede molti coinvolti, forse anche dei circoli di potere inimmaginabili o al di sopra di ogni sospetto.
Ogni giorno che passa porta con sé una sorpresa che diviene pubblica. Presumiamo che sopraggiungeranno altre sorprese in futuro. Non è solo CFK l'obiettivo. Riteniamo che ci siano obiettivi molto più sinistri.
È l'Argentina di oggi, la cui democrazia già da diverso tempo soffre di anomalie, deviazioni ed altre falle, che in definitiva non la rendono più credibile, o per lo meno stabile. Ciò che è successo a Cristina Kirchner è la prova più tangibile di questo panorama.
Orrendo sicuramente. I colpevoli mandanti? Devono ancora venire alla luce, perché sono sempre gli autori materiali i primi ad andare al mattatoio. Coloro che stanno dietro tardano molto a mostrare i loro volti e a volte questo non avviene mai (e nella storia dell'umanità, su entrambe le coste dell'Atlantico, vi sono diversi casi sotto questa insegna).
Foto di copertina: delsurdiario.com
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