Il 1° Settembre l'Argentina ha vissuto un momento critico con quello che a prima vista sembra essere un inaspettato tentativo di assassinio contro la vicepresidentessa della Repubblica, Cristina Fernández de Kirchner.
Di fronte ad una folla che festeggiava quest’ultima davanti al suo domicilio un individuo, Fernando Sabag Montiel, che si trovava tra i manifestanti, dopo aver eluso la scorta, ha puntato alla testa della Kirchner con una pistola Bersa calibro 32, premendo il grilletto almeno due volte senza che partissero i colpi.
L'aggressore è stato fermato dai manifestanti presenti sul posto e la pistola è stata rinvenuta a terra (le perizie hanno poi verificato che l'arma aveva cinque proiettili nel caricatore ma nessuno in canna).
Secondo le dichiarazioni della Kirchner, quest’ultima non si è resa conto di quanto era successo fino al suo rientro in casa in cui gli agenti di scorta le hanno spiegato la situazione. Sempre la Vicepresidentessa successivamente ha affermato che il compito della sua scorta è molto difficile data la sua radicata abitudine di avvicinarsi alla gente spostandosi da un posto all’altro, senza seguire i protocolli precedentemente stabiliti in ogni occasione.
Immediatamente dopo il fatto, come era prevedibile, sono state fatte speculazioni di ogni tipo. Alcune persone, anche se in minoranza, hanno addirittura affermato che si trattava di una “messa in scena” della vicepresidentessa per suscitare un sentimento di appoggio in suo favore. Altri hanno persino ipotizzato che si trattasse di un “sicario” che rispondeva a chi sa quali interessi. Un’ipotesi, quest’ultima, assolutamente improbabile perché se l'obiettivo fosse stato quello di uccidere la Kirchner, un assassino professionista non avrebbe mai commesso il grossolano errore di non avere i proiettili in canna nella pistola.
Da scartare anche l'esistenza di una “montatura”, dato che l'aggressore ha puntato al bersaglio due o più volte: chiaro segnale che la sua intenzione era proprio quella di sparare. A ciò si deve aggiungere la reazione dello schieramento politico dell’opposizione, praticamente unanime nel “condannare l'attentato”, cosa che non sarebbe avvenuta se tale ipotesi fosse in qualche modo verosimile. È chiaro che non possiamo cadere nella semplicità pensando che si sia trattato del gesto di un “lupo solitario” che - senza alcun aiuto - ha eluso la scorta e ha cercato di sparare a pochi centimetri dalla testa della vicepresidentessa.
Si sa – da quanto pubblicato in rete - che il sicario è un militante attivo contro il peronismo ed il kirchnerismo, ed anche uno xenofobo che attacca gli immigranti (boliviani, paraguaiani, peruviani) da lui ritenuti dei fannulloni. Apparentemente, come dimostra la presenza di un tatuaggio del sole nero, si tratta di un individuo di ideologia neonazista che apparterrebbe ad un gruppo vicino, o comunque legato, a quei soggetti che lasciarono sacche mortuarie davanti alla Casa Rosada con messaggi di minaccia, ghigliottine e richieste di morte del vicepresidente ed altri membri del Governo. A questo punto dell'analisi sorge la domanda: Questi piccoli gruppi agiscono da soli?
Esistono dettagli che fanno sospettare dell'esistenza di qualcosa di più profondo che li inciterebbe a quel fine. Dalle indagini sarebbe emerso che c’erano state operazioni di intelligence prima del giorno del fallito attentato; allo stesso tempo sorprende la facilità con cui l’aggressore ha schivato gli agenti di guardia della Polizia Federale, al punto di riuscire ad avvicinarsi alla vicepresidentessa con un'arma da fuoco; inoltre, il cellulare di Sabag Montiel è stato sequestrato dalla Polizia Federale per decriptarlo e, non riuscendoci, lo hanno portato dalla Polizia di Sicurezza Aeroportuale che ha a disposizione migliori attrezzature, ma è arrivato acceso, in una busta aperta e “resettato sulle impostazioni di fabbrica”.
A questo proposito l'ingegnere elettronico Ariel Garbarz, perito ed esperto in cybersicurezza, in un'intervista al giornale “El Ciudadano”, ha detto con fermezza che “si è agito male in tutto. In tutte le cause a cui ho lavorato come perito non ho mai visto una manipolazione simile di una prova tanto importante”. E ancora: “È evidente che è stato fatto di proposito, non lo hanno fatto né i periti della Federale né quelli della PSA che sanno molto bene come evitare che si cancellino i dati in un cellulare. Vale a dire che c’è stata una manovra da parte di persone ancora sconosciute che hanno manipolato quel cellulare dato che è arrivato in una busta aperta mentre doveva arrivare in busta chiusa”.
Ma, osservando l’accaduto da un’altra prospettiva sorge immediatamente l’interrogativo su cosa sarebbe accaduto nel caso fosse stato compiuto il magnicidio. Tutto fa pensare che, se si fosse verificato l’assassinio del vicepresidente, la situazione sociale sarebbe precipitata nel caos totale, mettendo in crisi la stabilità di un governo già alle strette per le difficoltà in campo socioeconomico. Senza dubbio le emozioni si sarebbero esasperate, gli scontri e la voglia di rappresaglia avrebbero condotto a rendere ancora più profonda la “crepa” che divide la società argentina e, quasi con certezza, vi sarebbe stata l’azione repressiva per controllare la violenza. Allora, chi c’è dietro le azioni di questi piccoli gruppi di ideologia neonazista? Quali sono i veri obiettivi che si prefiggono?
La storia indica che l'azione dei fanatici che si arrogano il compito di pulire la società è sempre supportata da chi li usa come manovalanza. Quelli sono i veri mandanti che fomentano tali azioni per raggiungere i loro occulti obiettivi. Quando penso a questo la mia immaginazione torna a situazioni del passato che fecero sì che il controllo dello Stato cadesse in mano a strutture esterne all'organizzazione repubblicana e spaventa il solo pensiero che ciò possa ripetersi. La cittadinanza ed i partiti politici veramente democratici - senza rinunciare alle proprie posizioni ideologiche - devono avere memoria ed unirsi nella resistenza per la difesa della repubblica e della sovranità nazionale.
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