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L'intervista dell'ex procuratore generale di Palermo su FQ MillenniuM

Mentre le settimane passano e le votazioni si avvicinano sta tornado "in auge la borghesia mafiosa e para mafiosa, uno degli assi portanti di un vasto e variegato blocco sociale in grado di condizionare gli equilibri politici nazionali. Non a caso ritornano in campo da protagonisti della politica personaggi condannati per collusione con la mafia e per altri gravi reati. Si celebra nelle aule del Senato la memoria del generale Gianadelio Maletti, uomo di vertice dei Servizi Segreti condannato per avere depistato le indagini sulla strage di Piazza Fontana a Milano del 12.12.1969, all'interno di un processo di strisciante normalizzazione degli eredi dell'estremismo neofascista protagonista della strategia della tensione degli anni Settanta e Ottanta”. Inoltre “si è aperta una stagione di regolamenti di conti con la magistratura con una serie di riforme legislative alcune attuate, altre annunciate, tutte finalizzate a lobotomizzare la sua indipendenza trasformandola in una variabile dipendente degli equilibri politici generali". Sono state queste le parole dell'ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato riportate in un’intervista di Mario Portanova su FQ MillenniuM.

Dall’inizio della campagna elettorale ci sono stati pochissimi interventi sulla lotta alla mafia, nessun accenno ancora ad una riforma carceraria degna di questo nome, sul caro bollette, sulle aziende che chiudono, gente che perde il lavoro, sulle camionate di soldi che vengono spesi per il riarmo dell'Ucraina e sulla corruzione, fenomeno particolarmente esteso nel nostro Paese. L'atteggiamento nei riguardi di questo fenomeno "è sempre stato o negazionista (la magistratura che ha dichiarato guerra alla politica), o giustificazionista (i costi della democrazia) o minimizzante (alcune pecore nere in mezzo ad un enorme gregge di pecore immacolate). Il trend legislativo di questi ultimi anni - ha continuato il magistrato - è stato caratterizzato da una lunga serie di interventi finalizzati in un modo o in un altro a minimizzare il rischio e il costo penale dei colletti bianchi coinvolti nei fenomeni corruttivi".

"Ormai, tranne poche eccezioni - ha spiegato su FQ MillenniuM - la politica si occupa solo dei temi che hanno una immediata redditività in termini di consenso elettorale. La mafia viene ritenuta un problema solo se pratica una violenza plateale e quindi diventa mediaticamente notiziabile. Le moderne mafie mature sono diventate silenti perché hanno capito che ciò che non esiste nei media è come se non esistesse nella realtà. Le mafie mercatiste che offrono sul libero mercato beni e servizi illegali per i quali è esplosa una domanda di massa di normali cittadini e di operatori economici, fanno un uso chirurgico e minimale della violenza, preferendo stabilire rapporti collusivi con i territori. Le aristocrazie mafiose si sono ormai integrate nei piani alti della piramide sociale, mutuando i metodi predatori silenti tipici dei colletti bianchi. Le mafie popolari continuano a godere di largo consenso nelle fasce più povere ed emarginate per le quali l'economia criminale diventa una specie di economia di sussistenza. Le notizie sugli episodi di violenza posti in essere da mafie rampanti proiettate a consolidare il loro potere nei territori, oppure dovuti a scontri per la conquista di piazze di spaccio, vengono relegate alle cronache locali o hanno una attenzione fugace ed episodica nei media nazionali".

Fonte: FQ MillenniuM

Foto © Pietro Calligaris

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