Sei voci fuori dal coro contro la subdola dittatura del “politicamente corretto”

Andare “in direzione ostinata e contraria è l’unico modo per mantenere la propria indipendenza in un momento storico in cui la posizione dominante imporrebbe un’omologazione di toni e del sentire comune”. È l’unico modo per “affermare la propria autonomia in contrapposizione al pensiero unico”. L’unica via con cui poter “riscoprire il piacere del dissenso”. Un modo per “mettersi in discussione” e “comprendere – magari – che si è nel torto”. È quanto si legge nella sinossi di “Ostinati e contrari. Voci contro il sistema”, il nuovo libro di Alessandro Di Battista (Ed. PaperFIRST), disponibile da oggi in edicola con "Il Fatto Quotidiano" e in libreria. Già autore di documentari sull'Iran e sul centro America realizzati per Loft, l’ex leader del Movimento 5 Stelle - oggi attivista politico nonché reporter e scrittore de “Il Fatto Quotidiano” - ha scelto di rifarsi alle parole di un artista rivoluzionario come Fabrizio De André per pubblicare il suo nuovo volume (prima di questo, sempre per PaperFIRST, ha pubblicato “Contro. Perché opporsi al governo dell’assembramento”). Una raccolta di interviste (realizzate per “Il Fatto Extra”) con cui analizza l’“ignobile conformismo che si respira oggi in Italia” e cerca di trovare il senso più profondo nell’essere “ostinati e contrari”, come scrive Di Battista sul suo profilo Facebook. Sei persone che da anni combattono con le unghie e con i denti per far sentire la loro voce in difesa degli ultimi, per rivendicare diritti, per opporsi al “Sissignore” imposto da qualcuno arroccato nelle stanze del potere, o, peggio, imposto da apparati di sistema.


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Ilaria Cucchi


Ci sono le testimonianze di Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, e Marina Conte, la mamma di Marco Vannini, che “mosse da tragedie familiari e indicibili ingiustizie, hanno lottato per ottenere giustizia e verità”, scrive Dibba. C’è la testimonianza del celebre artista Moni Ovadia, “uno dei pochi intellettuali italiani che ha il coraggio di prendere posizione sulla questione palestinese”, lo definisce l’ex 5Stelle che nel post dedica ampio spazio alla causa palestinese come a sottolineare la sua ferma presa di posizione sul tema. “Quello palestinese è il popolo più dimenticato del pianeta - scrive su Facebook -. Sotto occupazione militare, sotto apartheid, ignorato dal mainstream, ignorato da coloro che a parole stanno dalla parte degli ultimi, dei ‘dannati della terra’ per dirla alla Fanon, ma nei fatti evitano accuratamente di parlare dei palestinesi. Lo scorso ottobre ho visitato i campi profughi palestinesi in Libano. Ebbene, non ho mai visto una tale carenza di diritti umani concentrata in così pochi chilometri quadrati. Nei campi profughi di Beirut c’è povertà, desolazione, spesso manca l’acqua e i fili elettrici scoperti uccidono una dozzina di persone ogni anno. In più le centinaia di migliaia di uomini, donne, anziani e bambini che vivono all’interno dei campi non possono più tornare in Palestina, non possono più tornare a casa loro. Non hanno adeguati diritti economici, non hanno adeguati diritti sociali, non hanno diritti civili e non hanno diritti politici. E il mondo resta in silenzio”. “Per non parlare di Gaza - continua -. Gaza è una prigione a cielo aperto dove vivono oltre due milioni di persone di cui 800 mila bambini, che non hanno vissuto neppure un giorno senza blocco. Bambini e bambine che la sola condizione che conoscono è la prigionia. Non a caso, dopo 15 anni di blocco, quattro bambini su cinque soffrono di depressione. E il mondo, salve rare e preziose eccezioni, resta in silenzio. Moni Ovadia no”.


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Moni Ovadia


Di Battista - reduce da un viaggio di alcune settimane in Russia nel quale si è spingento fino al confine con la Cina - ha intervistato anche il giornalista Toni Capuozzo e Alessandro Barbero (storico e professore universitario): entrambi finiti nel “tritacarne mediatico”. Il primo, per aver l’invio di armi a Kiev, per aver ricordato l’origine della guerra in Ucraina (2014) e per aver chiesto un’indagine indipendente sulla strage di Bucha (Capuozzo “è stato insultato, deriso, trattato da giustificazionista e da filo-russo”, ricorda Di Battista). Alessandro Barbero, invece, “uomo dalla cultura sterminata è finito nell’ennesima ridicola lista di presunti putiniani, una lista presentata addirittura in Parlamento dal deputato del Partito democratico, Andrea Romano”. “Chissà - continua l’autore del libro su Facebook -, forse a certi sepolcri imbiancati non è piaciuto il fatto che il professor Barbero, sulla Tv di Stato ha ricordato che ‘essere cittadino ucraino non vuole dire essere ucraino’ e che ‘ci son cittadini ucraini che si sentono russi’. O forse non piacciono coloro che sanno ragionare e che insegnano a farlo a centinaia di migliaia di giovani: è il caso di Alessandro Barbero”.


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Toni Capuozzo


Quelle dei sei intervistati sono storie diverse, ma accomunate dalla volontà di non omologarsi alla massa. Voci fuori dal coro che lottano fino in fondo per ottenere verità e giustizia. Voci indipendenti che non temono ripercussioni. In sintesi, persone che si alzano in piedi dove la massa si siede. “La dittatura del politicamente corretto è subdola, infida, sa camuffarsi. Ma c’è un modo per svelare quanto il Re sia nudo: volare alto”, ricorda Alessandro Di Battista su Facebook chiamando in causa - questa volta - un luminare della musica come Lucio Battisti. “Volare sulle accuse della gente”, cantava con “Il mio canto libero” nel 1972. Essere ostinati e contrari, opporsi, rivendicare le proprie idee, conclude Dibba, "ha un costo, ma è infinitamente minore di quel che si paga ad abbassare la testa. Buona lettura”.

Foto © Imagoeconomica

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