Alla cerimonia presenti anche il figlio Nando e le massime cariche civili e militari
“Gran parte delle protezioni mafiose, dei privilegi mafiosi, raramente pagati dai cittadini non sono altro che i loro elementari diritti. Assicuriamoglieli, togliamo questo potere alla mafia”. È la celebre frase del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa che si trova in testa alla targa svelata ieri sera presso Villa Whitaker, a Palermo, durante la cerimonia che ha ricordato il prefetto ucciso dalla mafia 40 anni fa insieme alla consorte Emanuela Setti Carraro e all'agente scelto Domenico Russo che li scortava, in un agguato in via Isidoro Carini. Un evento gremito di personalità e istituzioni, funzionari di governo come il sottosegretario di Stato al Ministero della difesa Giorgio Mulé, i massimi esponenti delle forze dell'ordine e anche familiari delle vittime del triplice delitto come il figlio del generale Nando dalla Chiesa e la moglie dell'agente ucciso Filomena Rizzo, accompagnata dai due figli. Presenti fra il pubblico anche l’ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando e quello attuale Roberto Lagalla; il presidente del tribunale Antonio Balsamo; il senatore Pietro Grasso (ex giudice ed ex magistrato); Vincenzo Agostino (padre dell’agente AntoninoAgostino ucciso dalla mafia – e non solo - il 5 agosto ’89); il questore Leopoldo Laricchia; e il prefetto di Palermo Giuseppe Forlani, che ha aperto la cerimonia ricordando: "Le intuizioni sulle attività illecite sono il più grande lascito di Carlo Alberto dalla Chiesa e oggi diventano ancora più importanti, data la necessità di proteggere i fondi del Pnrr”. E ancora: “Richiamo alle responsabilità individuali, perché si è liberi se le scelte intraprese sono capaci di darci libertà, autonomia e se ci rendono capacità di ‘guardare negli occhi i nostri figli e i figli dei nostri figli’, come ricordava il generale dalla Chiesa”, ha detto il prefetto. "La società civile deve essere coinvolta nella lotta alla mafia non solo nei momenti di solidarietà alle vittime, ma anche per l'affermazione di quei valori che rendono i diritti un bene da esigere - ha continuato -. Le commemorazioni rappresentano un'occasione non solo per riflettere sull'esperienza di chi ha perso la vita, ma anche di attualizzarne la sfida. Chiunque venga a vederla in prefettura, sia cittadini che istituzioni, deve identificare in essa una ragione di massimo impegno per il bene comune".
Nando dalla Chiesa: “Abbiamo la verità su mio padre, ma la politica dimentica la lotta alla mafia”
A margine della cerimonia di Villa Whitaker, sede della prefettura di Palermo, abbiamo raggiunto Nando dalla Chiesa, figlio del Generale Carlo Alberto, il quale ai nostri microfoni ha detto di sapere tutto sul delitto del padre. “Sono stati condannati i mandanti di Cosa nostra e gli esecutori, e di fatto nel processo sono stati anche indicati i mandanti esterni all’organizzazione criminale - ha affermato -. Il Paese che vuole capire cos’è accaduto non deve farlo attraverso un enigma, ma leggendo le carte della sentenza. Così capirà dov’è nata la convergenza tra politica e mafia per uccidere mio padre. Non si tratta di un mistero, è chiarissimo quello che è successo. E non c’entrano nulla le ‘Carte di Moro’. C’è stato un conflitto di potere molto aspro tra il vecchio potere mafioso che comunque sarebbe andato avanti per dieci anni, i loro protettori politici, i loro amici politici e il prefetto che arrivò qui a portare la legge. Bisogna avere il coraggio di dire quello che si è visto”. Si è detto contento “nel vedere l’impegno quotidiano delle nuove generazioni”. “Non so se mi capitino degli studenti particolari all’università - ha continuato Nando dalla Chiesa -, però vedo che ogni anno c’è un impegno nell’università, c’è la partecipazione, la scelta di darsi da fare. E questo anche nelle scuole. Ancora non lo fanno tutti, ma una parte notevole di questa generazione sì lo fa”. Ultimo tema dibattuto è stato l’assenza della lotta alle mafie nelle agende di governo. “Non tanto negli enti locali - ha commentato il figlio del generale dalla Chiesa -, dove troviamo assessori o consiglieri comunali che si danno da fare, e prima non c’erano specialmente al nord. In linea generale direi che la politica ha dimenticato”. La politica “sta facendo una campagna elettorale senza parlare di mafia. Più di così…”, ha concluso il professore, il quale non è stupito dalla presenza di soggetti politici in odor di mafia in questa corsa elettorale: “Ci sono sempre stati. Il fatto è che non ne parla nessuno. Il tema non esiste”.
Antonio Balsamo: “Generale fonte di valori importanti. Molto attento anche al rapporto mafia-politica”
È stata poi la volta del presidente del tribunale di Palermo Antonio Balsamo che ai nostri microfoni ha voluto precisare come, a distanza di 40 anni, molte cose sono cambiate. “Oggi, in tanti settori dello stato, anche in magistratura, ci sono tanti ragazzi che hanno raccolto il messaggio di dalla Chiesa. Ma credo anche che ci siano ancora molte cose da fare - ha detto -. Ci tengo a sottolineare due aspetti fondamentali del messaggio di dalla Chiesa. Innanzitutto, l’attenzione all’infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia. Il generale dalla Chiesa è stato un grande innovatore anche per il lavoro di analisi straordinario che ha fatto e si trova agli atti della commissione parlamentare antimafia dove c’è una radiografia dei rapporti tra mafia e imprese e che è di una attualità impressionante. L’altro aspetto importante del generale dalla Chiesa è il suo altissimo senso dello Stato. Era una persona che di fronte alle più alte istituzioni dello Stato non soltanto teneva la schiena dritta, ma ricordava quelle priorità fondamentali come la lotta alla mafia che in quel periodo rischiavano di essere affidate a saltuarie spinte emozionali senza diventare un piano di lavoro proiettato verso il futuro. Il generale dalla Chiesa ha lasciato una eredità straordinaria che però va resa presente ai giovani di oggi”. “Il generale era attentissimo al tema dei rapporti del mondo politico con la mafia - ha concluso il presidente del tribunale -. Il Presidente del Consiglio Spadolini ricordava un incontro nel corso del quale dalla Chiesa gli aveva parlato di un ‘polipartito della mafia’. Il generale aveva la capacità di affrontare con alto senso istituzionale e coraggio da leone questo tema. Il mio auspicio è che la lotta alla mafia ritorni ad essere una priorità nelle azioni delle istituzioni, nei programmi politici. E su questo c’è una serie di temi che dovranno essere immediatamente affrontati nella prossima legislatura: il primo è la riforma dell’ergastolo ostativo”.
Pietro Grasso: “Esempi come il generale dalla Chiesa sono pietre miliari”
Ha condiviso le parole del presidente Balsamo anche l’ex presidente del Senato Pietro Grasso secondo cui “oggi sappiamo molto di più rispetto a 40 anni fa, c’è stata la possibilità di alzare la testa contro il fenomeno mafioso. Ed esempi come quello del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa sono delle pietre miliari soprattutto per i giovani, i quali devono cogliere soprattutto lo spirito del senso del dovere e senso dello Stato”. “È importante commemorare e ricordare - ha continuato -. Io ho anche ricordi personali di quel periodo. Ricordo che il generale dalla Chiesa appena arrivato a Palermo nel mese di maggio ci siamo incontrati a una festa della Polizia alla caserma Lungaro e capì subito che voleva interessarsi a fondo del fenomeno mafioso perché mi chiese gli atti di un’indagine che avevo fatto. Avevo promesso di mandarglieli dopo l’estate ma purtroppo non è stato possibile. Quindi sì, ho anche ricordi personali con lui bellissimi”.
Foto e Video © ACFB/Our Voice
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