Il magistrato è stato cercato dal M5S di Conte il quale gli ha assicurato la centralità della lotta antimafia
L’ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato sarà capolista del Movimento 5 Stelle in Calabria e Sicilia (collegio 1) per il Senato.
Intervistato da Giuseppe Pipitoneil magistrato ha spiegato la ragioni della sua discesa in campo: "Il primo è che nel gennaio scorso ho cessato di essere un magistrato a seguito del mio pensionamento e ho quindi riacquistato un diritto prima incompatibile con il mio ruolo. Il secondo è la consapevolezza che se tu non ti occupi della politica, la politica si occupa comunque di te".
"Non avevo mai ricevuto proposte da alcun altro partito - ha continuato - E a dire il vero non sono io che ho scelto i 5 Stelle, ma loro che hanno scelto me, proponendomi una candidatura. Per me si è trattato di una scelta difficile e sofferta". "Una parte di me aveva bisogno di pace e tranquillità, ma alla fine ha prevalso l’altra parte, quella che ha fatto propria la lezione degli antichi greci": "se la Polis si ammala, se la democrazia avvizzisce, se la prepotenza si autolegittima rivestendosi della forza della legge, se l’ingiustizia sociale diventa normalità quotidiana e se non hai l’anima del prepotente o del servo, non vi sono vie di uscita e di salvezza individuali".
Scarpinato ha inoltre voluto specificare che manterrà comunque la sua indipendenza: "Mi consideravo come un candidato indipendente e che, quindi, mi riservavo il diritto di esprimere sempre le mie idee e di manifestare il mio eventuale dissenso da scelte che non dovessi condividere. L’indipendenza ha segnato tutta la mia pregressa carriera di magistrato e mi è rimasta cucita nell’anima. Una indipendenza che è garanzia che la funzione pubblica – magistrato ieri, forse parlamentare domani – viene esercitata nell’esclusivo interesse e al servizio dei cittadini, facendo barriera insormontabile a interessi e pressioni di gruppi di interesse".
Rispondendo alle domande di Giuseppe Pipitone, l'ex procuratore generale di Palermo ha detto che il leader del M5S Giuseppe Conte gli ha assicurato che "la questione mafia, cancellata in questa campagna elettorale dall’agenda degli altri partiti, sarebbe rimasta invece centrale in quella dei 5 Stelle, come del resto dimostra sia il fatto che la scuola di formazione politica del Movimento è stata inaugurata a Palermo con un seminario sul tema dei rapporti tra mafia e politica proprio mentre altri celebravano il ritorno in campo di Dell’Utri e Cuffaro o restavano silenti, sia l’impegno profuso dai 5 stelle in Parlamento per mettere a punto una riforma dell’ergastolo ostativo che scongiurasse il rischio di una fuoriuscita dal carcere di pericolosi boss mafiosi".
Le accuse a Scarpinato
I detrattori di Scarpinato - ha ricordato Salvo Palazzolo in un’intervista su 'Repubblica' - hanno detto che la candidatura dell’ex pg palermitano è “la prova che le inchieste svolte dal magistrato Scarpinato erano orientate politicamente".
"Mi pare una accusa puerile - ha risposto il magistrato - tenuto conto che tutte le inchieste che ho svolto sui rapporti tra mafia e politica, mafia ed istituzioni sono antecedenti alla fondazione del Movimento Cinque Stelle. Si tratta della stessa accusa rivolta a Falcone dopo che arrestò i cugini Nino ed Ignazio Salvo, esponenti di punta della potentissima borghesia mafiosa del tempo. Un'accusa ripetuta costantemente contro tutti i magistrati che nel corso della storia della Repubblica hanno svolto indagini e celebrato processi a carico di esponenti di vertice del sistema politico ed economico. I veri magistrati politicizzati sono altri. Quelli che fanno carriera proprio perché si guardano bene dal portare avanti indagini e processi sgraditi al modo del potere".
La Patria del Gattopardo
Durante l'intervista il magistrato ha parlato anche di una regressione della politica che "alcuni politologi definiscono come il ritorno della clanizzazione della politica". "Il moderno stato costituzionale - ha continuato - nasce dal superamento dei clan, cioè dei gruppi di potere locali che prima si contendevano a proprio esclusivo vantaggio le risorse dei territori. Oggi, venuti meno i grandi progetti collettivi, la contesa politica reale rischia di regredire a competizione tra clan sociali, gruppi di interesse, ristrette oligarchie interessate solo a spartirsi le risorse collettive".
Secondo Scarpinato questa situazione è dovuta ad una pluralità di concause, "alcune endogene legate cioè alla storia nazionale, altre esogene dovute a fattori di carattere internazionale. Quanto alle cause nazionali, basti ricordare che lo Stato italiano è sorto con molto ritardo rispetto ad altri stati europei, e, anche per questo motivo, ha sempre sofferto una fragilità strutturale. Ancora più fragile è la nostra democrazia, sempre a rischio di involuzione autoritaria".
Involuzioni spesso accompagnate da fatti di sangue come la strage "politico mafiosa" di Portella della Ginestra fino ad arrivare a quelle del 1992 - '93.
"Questi e altri eventi - ha continuato sul 'Fatto' dimostrano che nel nostro paese la lotta politica si è svolta su un duplice livello. Al livello palese e legalitario delle competizioni elettorali, della dialettica parlamentare e istituzionale, delle manifestazioni di piazza, si è intrecciato il livello occulto di una lotta politica condotta dietro le quinte dalle componenti più retrive delle classi dirigenti da sempre tenacemente ostili alla Costituzione e che non hanno esitato a mettere in campo la violenza stragista, nonché l’alleanza con le mafie ed altri specialisti della violenza, per condizionare a proprio vantaggio il gioco politico e per sabotare l’evoluzione democratica del Paese".
"È in corso un inquietante processo di restaurazione del passato di cui si colgono tanti segnali. Nella patria del Gattopardo, il passato rilegittimato e giustificato, un passato di convivenza tra Stato e mafia, un passato di occulte transazioni tra Stato legalitario e Stato occulto, un passato di rimozioni e di amnistia permanente tramite amnesia collettiva, sta tornando ad essere la cifra del presente e del futuro". Alla luce di questo quadro è logico che la questione giustizia è diventata centrale per quanto riguarda la sopravvivenza della stessa democrazia.
È noto che nell'anno in corso si sono verificati fatti gravissimi come il ritorno in campo di alcuni protagonisti della politica" condannati "per collusione con la mafia e per altri gravi reati. Si celebra nelle aule del Senato la memoria di vertici dei Servizi Segreti, come il generale Gianadelio Maletti, condannato per avere depistato le indagini sulla strage di Piazza Fontana. Si normalizza la cultura dell’omertà giustificando come motivazione eticamente condivisibile la scelta di non collaborare con lo Stato dei mafiosi stragisti irriducibili e depositari di segreti scottanti che chiamano in causa i complici eccellenti delle stragi del ’92 e ’93, autorizzando così con la riforma dell’ergastolo ostativo la loro fuoriuscita dal carcere solo alla condizione che sia provato che hanno deposto definitivamente le armi. Si approvano leggi che riportando indietro l’orologio della storia ai tempi del primo Novecento, ripristinano il trionfo della gerarchia nella magistratura e introducono surrettiziamente forme di controllo e di condizionamento della politica sull’attività giudiziaria".
Fonte: ilfattoquotidiano.it e palermo.repubblica.it
Foto © Deb Photo
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