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di Jean Georges Almendras, da Marsala, Sicilia

“In generale, non si trova la verità su fenomeni tanto complessi, se anche la politica non la vuole trovare. E soprattutto, se la politica si pone come ostacolo alle investigazioni del potere giudiziario”, è questa una delle riflessioni più opportune e dirette sul rapporto tra giustizia e politica del Consigliere togato al Csm Nino Di Matteo, dialogando con Antimafia Dos Mil, poco prima di salire sul palco del Complesso Municipale San Pietro, della città di Marsala, Sicilia, per la presentazione del suo libro “I nemici della giustizia”, redatto insieme allo scrittore e giornalista Saverio Lodato.
Nino Di Matteo ha parlato dei vincoli, presenti ai nostri giorni, che riguardano gli operatori della giustizia e di chi fa parte del sistema politico italiano. Soprattutto nell’ambito della riforma della giustizia (della ministra Cartabia), che sta provando i nervi di tutti coloro che comprendono cosa comporta tale misura. Una misura  forte, tendenziosa e funzionale alla logica mafiosa, per ostacolare il lavoro dei magistrati italiani onesti, non solo nella lotta alla mafia, ma anche rispetto al loro agire come cittadini liberi all’interno di una società che si definisce democratica.
Parlando di mafia e di giustizia si può affermare che attualmente in Italia ci sono tensioni che non si possono nascondere: perché la malignità o le deviazioni dentro le istituzioni sono già la quotidianità, e fanno sì che il male radicato nelle viscere stesse dello Stato italiano sia diventato purtroppo un male cronico.
A Marsala, Nino Di Matteo, emblema dell'antimafia per eccellenza, perché grida in un deserto dove regna l'ingiustizia, l'intolleranza, l'invidia e l'infamia istituzionale, ancora una volta si è avvicinato al pubblico, o il pubblico si è avvicinato a lui per meglio dire. Ed è proprio in eventi come questi che si può comprendere al meglio il suo operato, il suo lavoro quotidiano e la sua qualità umana.
Perché Nino Di Matteo è un operatore della giustizia, non un retorico, né tanto meno un teorico. E neppure un accademico da vetrina o da passerelle. Nino Di Matteo fa onore alla sua professione di magistrato sin da quando aveva abbracciato, un anno prima delle stragi di Capaci e d'Amelio, quel lavoro titanico di applicare la giustizia e di occuparsi di mafia, fino ai nostri giorni.
Oggi, Di Matteo non vacilla, ma piuttosto prende forza da coloro che parlano il suo stesso linguaggio (e persino da chi la pensa diversamente) e soprattutto da chi continua a credere nel valore della giustizia, e ancora di più, da chi crede nella verità. Da chi crede che alla fine la verità trionferà. Semplicemente perché si tratta appunto della verità e non della menzogna. Quella menzogna che si insinua e ruba spazio alle speranze degli uomini. A combattere questa deriva vi sono tuttavia uomini e donne onesti che ancora lavorano al servizio della comunità senza pensare al guadagno personale e al protagonismo.
Il magistrato è ancora ‘blindato’: Il progetto di attentato nei suoi confronti è in corso e vive circondato da desideri criminali e mafiosi; all’ombra di uno Stato tiepido.
Essendo sudamericano gli ho chiesto della realtà criminale del Continente oltre l'Atlantico. E non essendo indifferente a quanto avviene in quel Continente ha dato una risposta: “Mi permetta di esprimermi a livello personale, e non solamente a livello personale, ma anche a livello di tanti altri magistrati con i quali abbiamo parlato, preoccupati della situazione che si c’è in Sudamerica. La mia più grande solidarietà, vera, umana, profonda, verso i magistrati, poliziotti, giornalisti, cittadini che magari, in sud America, stanno cercando di opporsi ai poteri dei cartelli criminali in Sudamerica. Viviamo da lontano una situazione che ci ricorda molto quella della Sicilia e dell'Italia degli anni ‘80 e ‘90, e pensiamo con grandissima preoccupazione che anche quello che è successo recentemente con l'omicidio del collega (Pecci, ndr) sia sempre più frutto di una criminalità mafiosa che ha assunto un carattere di transnazionalità. Perché anche la mafia si muove oggi in una sorta di sistema criminale integrato; quello che era all'inizio una collaborazione occasionale, settoriale, si sta trasformando probabilmente in un patto stabile di reciproca protezione e soprattutto di reciproco contributo criminale”.

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