Il provvedimento è stato deciso dal Tribunale di Prevenzione di Palermo su richiesta del questore Laricchia
Giovanni Brusca, ex boss di San Giuseppe Jato, è ancora socialmente pericoloso.
Per questo motivo i giudici del Tribunale di Palermo, sezione misure di prevenzione, accogliendo le valutazioni del questore del capoluogo siciliano Leopoldo Laricchia, hanno stabilito che il collaboratore di giustizia dovrà essere sottoposto alla sorveglianza speciale per circa un anno. Tale provvedimento implica una serie di limitazioni alla libertà personale che Brusca aveva riconquistato alla fine di maggio del 2021, data della sua scarcerazione.
L'autore della strage di Capaci e dell'omicidio del piccolo Giuseppe rimarrà comunque sotto scorta nella località segreta dove vive da libero cittadino.
Liberato per aver scontato la sua pena, secondo quanto si è appreso, Brusca avrebbe dato segni di possibile ritorno a frequentazioni di pregiudicati e di vicinanza ad ambienti criminali: cosa che ha fatto scattare la richiesta del questore Leopoldo Laricchia. Ora sarà sottoposto a obblighi di firma, non potrà uscire di sera e prima di una certa ora al mattino e gli sarà vietato in maniera assoluta incontrare gente con precedenti penali.
La sua scarcerazione, avvenuta il 31 maggio dell’anno scorso, aveva scatenato polemiche interminabili, con proteste da parte dei familiari delle vittime.
Durissimo era stato il commento di Tina Montinaro, la vedova del caposcorta di Giovanni Falcone: “Sono indignata lo Stato ci rema contro, noi dopo 29 anni non conosciamo ancora la verità sulle stragi e Giovanni Brusca, l'uomo che ha distrutto la mia famiglia, è libero”. Maria Falcone, sorella del giudice, aveva invece commentato: “Umanamente è una notizia che mi addolora, ma questa è la legge, una legge che peraltro ha voluto mio fratello e quindi va rispettata. Mi auguro solo che la magistratura e le forze dell'ordine vigilino con estrema attenzione in modo da scongiurare il pericolo che torni a delinquere, visto che stiamo parlando di un soggetto che ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia assai tortuoso”.
Anche per Salvatore Borsellino, fratello del magistrato Paolo, la scarcerazione di Brusca era “sicuramente una cosa che ripugna” ma, aveva aggiunto, “bisogna tener presente anche che viene liberato per la legislazione premiale dovuta ai collaboratori di giustizia che fa parte di un pacchetto ideato da Giovanni Falcone proprio per poter avere delle armi per portare avanti questa guerra. Comprende il 41 bis e l’ergastolo ostativo, ed è pensata per spingere i collaboratori di giustizia a diventare tali”.
È noto che il fedelissimo di Totò Riina era stato arrestato dalla polizia il 20 maggio 1996 e un mese dopo era già davanti i magistrati della procura di Palermo, per svelare i segreti di Cosa nostra. In questi anni, Giovanni Brusca ha continuato a testimoniare in tanti processi, da ultimo davanti ai giudici di Palermo che si sono occupati della "Trattativa Stato-mafia". Per gli inquirenti si tratta di un collaboratore attendibile ma, come avevano scritto i giudici che nel 1999 avevano rigettato una richiesta di scarcerazione anticipata, "non ha mostrato pieni segni di resipiscenza". La posizione di Brusca ha da sempre creato grande dibattito all’interno della magistratura: nonostante da tempo usufruisse di permessi premio ogni 45 giorni, tre anni fa la Corte di Cassazione gli aveva negato anche gli arresti domiciliari, nonostante anche il parere favorevole della procura nazionale antimafia.
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