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Di fronte ad una mafia che ragiona per simboli ogni azione o provvedimento costituisce un messaggio.
E una delegazione di un'associazione notoriamente schierata contro l'ergastolo ostativo che ottiene di incontrare dei 41 - bis con un "permesso generico" (come indicato dalla deputata Giulia Sarti, M5s) può essere visto, agli occhi della mafia, come un chiaro segnale di apertura.
Così come un segnale può essere proprio quella presenza (confermata) di due avvocati come Maria Teresa Pintus, che assiste una ventina di 41-bis, e Lisa Vaira, che difende anche il mafioso Salvatore Madonia, il camorrista Michele Zagaria e lo ’ndranghetista Domenico Bonavota. Una possibilità di incontro che non ha nulla a che vedere con il diritto a colloqui con i propri assistiti.
Evidentemente, però, per il Capo del Dap Carlo Renoldi, considerazioni simili rientrano in quegli argomenti sostenuti da "quell'antimafia militante arroccata nel culto dei martiri” di cui parlava qualche tempo addietro in un convegno pubblico.
Nelle rispettive commissioni giustizia, sia Camera e Senato, il direttore delle carceri ha invece rivendicato la legittimità della concessione del 7 e del 10 maggio rilasciata alla delegazione di “Nessuno tocchi Caino”, per visitare anche i reparti 41-bis delle carceri di Nuoro e Sassari.
A Sassari è risaputo che sono detenuti, tra gli altri, il boss stragista Leoluca Bagarella e il boss camorrista del clan dei Casalesi, Michele Zagaria; il boss della ‘Ndrangheta Domenico Gallico. Mentre a Nuoro sono presenti, tra gli altri, Francesco Guttadauro, figlio del boss e medico Giuseppe e nipote del capomafia latitante Matteo Messina Denaro; il camorrista Edoardo Contini.
Proprio la presenza di stragisti come Bagarella nell'elenco è uno dei punti che va tenuto in considerazione, non solo perché è il cognato di Totò Riina.
Il boss corleonese, infatti, è indubbiamente uno dei boss stragisti più pericolosi di Cosa Nostra e da quando è in carcere ha un unico obiettivo: uscire.
Ci aveva provato durante la prima ondata di pandemia sfruttando una circolare che allargava le maglie per anziani detenuti con diverse patologie. Lui aveva fatto richiesta ma i medici hanno stabilito che non era incompatibile con il regime carcerario. E per alcuni mesi, secondo gli inquirenti, starebbe provando a far credere che potrebbe avere alcuni problemi psichici.
Renoldi davanti ai parlamentari non ha fatto una piega: ha spiegato che le visite sono state fatte con lo scopo di "capire quali sono le condizioni di vita all'interno degli istituti penitenziari", sostenendo inoltre che “durante le visite, che non sono colloqui, non si è parlato di 41-bis o di ostativo”, e ha aggiunto: “Non risulta neppure che Nessuno tocchi Caino abbia chiesto” ai 41-bis “di iscriversi all’associazione”.
Al contrario invece, secondo quanto ha scritto la collega Antonella Mascali sul 'Fatto', ciò sarebbe avvenuto.
Inoltredurante le visite, ci sarebbero stati detenuti al 41-bis che avrebbero anche espresso considerazioni, ovviamente negative (sul 41-bis) di fronte alla delegazione di un’associazione che, pubblicamente, definisce il carcere speciale per mafiosi e terroristi irriducibili “una tortura democratica”.
E' singolare che anche il neo capo del Dap ha espresso più volte frasi simili: secondo lui chi si oppone all'abolizione del regime carcerario voluto da Giovanni Falcone fa parte di "alcuni ambienti dell’antimafia militante arroccata nel culto dei martiri che vengono ricordati esclusivamente per il sangue versato e per la necessaria esemplarità della reazione contro un nemico irriducibile".
E sempre Renoldi aveva indicato alcune parti di tale “Antimafia” come esempio di ‘ottuso giustizialismo’ bollando ancora la costante invocazione da più parti del rispetto del principio di certezza della pena come esplicativa di un ‘vecchio retribuzionismo da talk show’.
Il capo del Dap ha fatto riferimento alle “relazioni di servizio del Gom (il gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria, ndr)" in cui si afferma che le visite sono state fatte “in assenza di qualunque anomalia".
Ma qual è la definizione di “anomalia” nel caso di specie, nel momento in cui il proprio capo (Renoldi) aveva autorizzato gli incontri senza fissare nessun tipo di paletto? Come avrebbe potuto il Gom commentare o interrompere le conversazioni?
Fino a maggio scorso, il foglio di autorizzazione rilasciato dal Dap impediva la visita ai 41 bis ma nel documento di permesso rilasciato da Renoldi non era presente la solita dicitura “a esclusione della sezione 41 bis”, quindi il direttore, in questo caso, non aveva fissato le modalità delle visite, così come si è sempre fatto in base all’ordinamento penitenziario (articolo 117), secondo il quale persone diverse da quelle che non hanno bisogno di autorizzazione (indicate dall’articolo 67) possono entrare nelle carceri con le modalità fissate dal permesso ricevuto.
A questo proposito Renoldi ha accennato ad un non ben chiaro criterio di "apprezzamento discrezionale" in base al quale l'autorità carceraria può comunque decidere di autorizzare l'ingresso nelle case circondariali a tipologie di persone non indicate nell'articolo 67.

La rovina delle carceri: la circolare Tamburino
Renoldi durante la sua audizione ha fatto anche riferimento alla situazione all'interno delle carceri italiane, citando la circolare Tamburino del 2013 che decretava, tra le altre cose, l'attuazione, all'interno degli istituti di pena, della cosiddetta 'sorveglianza dinamica'.
Il risultato era stato un totale fallimento: la polizia penitenziaria sarebbe uscita dalle sezioni, che sono rimaste completamente aperte, ingovernabili, sotto il controllo esclusivo dei detenuti.
Una situazione che, di fatto, genera un vuoto che le gerarchie criminali possono riempire.
Tra le problematiche presenti con questa normativa vi sono quelle trattate nel libro ‘Al di sopra della legge. Come la mafia comanda dal carcere’ scritto dal consigliere togato al Csm Sebastiano Ardita.
Di fatto, con questa circolare, si disincentiva la possibilità per i mafiosi arrestati di maturare l'idea di collaborare con la giustizia.
Come potrebbero, infatti, sottrarsi alla repressione di altri detenuti, nel momento che non ci sono controlli e questi sono liberi di spostarsi liberamente.
Inoltre, cosa ancora più grave, questo sistema permette il passaggio di ordini tra i vari livelli delle gerarchie criminali: dalle celle i boss possono quindi continuare a comandare, sia dentro che fuori dal carcere.

E se Bagarella un giorno dovesse uscire?
Ma cosa potrebbe accadere se qualcuno degli stragisti tornasse in libertà. Pensiamo ad un Leoluca Bagarella, ad esempio.
Il boss stragista da quando è entrato in carcere al 41 – bis (1995) non ha mai dato segnali di pentimento o di collaborazione, anzi ha mantenuto, nonostante l’età, la sua aggressività e il suo carisma criminale.
A fronte di questo è lecito domandarsi cosa potrebbe fare se dovesse uscire.
Nessuno si augura che ritorni ad uccidere, o peggio a fare stragi, tuttavia le dichiarazioni dell’ex killer di Cosa nostra Pasquale Di Filippo sono molto chiare sul punto: “Io ho paura perché lo so che Bagarella si è fatto 24 anni di carcere al 41-bis e non ha pensato ad altro che a me”. “Se uno come Bagarella sa che deve uscire in permesso, si organizza prima e prepara non uno ma sei omicidi”.   “Lei però è protetto” gli aveva fatto notare Lillo Abate al telefono, “vero - aveva risposto il pentito - Ma io so che Bagarella e altri come Graviano hanno sempre avuto agganci con soggetti strani che gli raccontano le cose. Con quelle amicizie un domani mi potrebbero trovare. Mi dice come facevano a sapere che Falcone doveva partire a quell’ora con l’aereo da Roma?”.
In questo senso le parole del pentito - associate ai continui tentativi del boss di uscire dal carcere - dovrebbero allertare i governi, le istituzioni e la società civile. La pericolosità del condannato per mafia cessa solo nel momento in cui questo collabora con i magistrati e rompe il legame con l’organizzazione. Un mafioso - e ancor di più - un mafioso stragista, fuori dalle patrie galere è un serio pericolo per la comunità tutta. E' ora che i signori e le signore di Palazzo lo capiscano.

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