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Dai dati ipsos emerge anche un 60% dei rispondenti contrario all’aumento delle spese militari. Intanto l’industria bellica in Italia registra nel 2021 export di 4,8 miliardi

La maggior parte degli italiani è contrario ad un coinvolgimento italiano nel conflitto ucraino. A rivelarlo sono i sondaggi integrati Ipsos, Emg Different e Swg elaborati dall’Archivio disarmo, dai quali emerge un popolo tendente ad una posizione neutrale per il nostro paese, in linea con i principi della costituzione.
A spiegare i dati al Fatto Quotidiano ci ha pensato Francesca Farruggia, ricercatrice alla Sapienza di Roma e segretaria generale Archivio disarmo (Iriad): “La preoccupazione degli italiani per la guerra e i suoi effetti persiste (seppur con una tendenziale lieve diminuzione) con circa l’80% dei rispondenti che si dichiara abbastanza o molto preoccupato” ha affermato la Ferrugia, che ha poi evidenziato come “la preoccupazione dell’opinione pubblica mostra una forte inquietudine per le ripercussioni economiche della crisi in atto, seguita dal timore per un’estensione del conflitto”.
Rispetto al tema dell’invio di armamenti a sostegno della resistenza ucraina la ricercatrice ha posto l’attenzione sull’approfondimento di Ipsos che mostra come la maggior parte dei cittadini italiani non vedono con favore il nostro sostegno bellico.
Nel grafico pubblicato sul Fatto Quotidiano emerge che dal 20 maggio all’8 luglio “gli italiani che invece pensano che bisognerebbe continuare a inviare armi a Kiev si attestano su una media del 16% con un picco del 20% l’8 luglio”, mentre “con maggiore favore, tra il 19 e il 31% dei rispondenti, è vista l’opzione di mantenere le sanzioni ma smettere di mandare armi”.
Un dato rilevante esposto dalla Ferrugia evidenzia che “al netto della percentuale di chi non esprime la propria opinione, la maggioranza relativa degli intervistati auspica il ritiro delle sanzioni e l’assunzione da parte dell’Italia del ruolo di mediazione (tra il 26 e il 28%, tranne che nella rilevazione del 3 giugno)”.
Rispetto all’aumento delle spese militari inoltre prevale ancora un atteggiamento prevalentemente ‘pacifista’ dell’opinione pubblica italiana, con un 60% dei rispondenti “in disaccordo con la scelta governativa di aumentare le spese militari”, stando alle rivelazioni periodiche di Emg Different.
Le percentuali di chi invece si mostrerebbero favorevoli ad un tale incremento si attesterebbero ad un massimo del 30%.
Dati in totale contrasto con le tendenze di bilancio annuale della Difesa, sempre più improntate ad un riassetto strategico del nostro paese in chiave offensiva. Dal 2017 al 2020, secondo l’ultimo report Nato diffuso ad aprile, le spese militari annuali sono passate da 21 miliardi di euro a oltre 26, mentre quest’anno il nostro paese ha scelto di portarle nel prossimo futuro al 2% del pil, ovvero 38 miliardi di euro entro il 2028.

Nel 2021 export di armi Made in Italy per 4,8 miliardi
Questi aumenti di spesa, lungi dal rispondere alle istanze dei cittadini, sono certamente una manna dal cielo per gli affari delle industrie degli armamenti.
Tra i record realizzati dal nostro paese nel 2021 c’è anche il triste dato sull’esportazione di armi che ammonta a quasi 4,8 miliardi di euro, la cifra più alta dal dopoguerra. Tra gli acquirenti figurano l’Egitto, a cui abbiamo fornito 773 milioni in materiale bellico; un paese fautore di continue violazioni dei diritti umani, tra cui l’assassinio di Giulio Regeni, per il quale la giustizia cairota si rifiuta ancora oggi di comunicare gli indirizzi dei quattro 007 autori del delitto. Abbiamo poi l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, responsabili di numerose stragi nel conflitto in Yemen, a cui abbiamo fornito armamenti rispettivamente per 135 e 122 milioni di euro.
Se a questo aggiungiamo che come si legge nel rapporto 2022 sul monitoraggio dell’attuazione della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza in Italia, il nostro paese “fornisce aiuti militari ai Paesi che utilizzano i minorenni” e ad esempio “in Somalia dove i rapporti del Segretario Generale ONU, da anni, denunciano che l’Esercito Somalo e la Polizia Nazionale Somala li arruolano e li utilizzano in combattimento”, il quadro si fa ancora più fosco e denso di ipocrisia, se pensiamo alla retorica che vuole nell’aumento delle spese militari e nell’invio di armamenti, una mera e semplice questione di salvaguardia dei diritti umani.
Con l’aumento delle spese militari si aiuta almeno la crescita del prodotto interno lordo? Nient’affatto, l’industria militare italiana, in realtà, contribuisce al Pil nazionale solo per l’1% e occupa meno dell’1% della forza lavoro. Un semplice grande affare di guerra a danno delle popolazioni più deboli.

Foto: it.depositphotos.com

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