A Partinico presentati quattro libri per farsi domande e pretendere giustizia
Un'iniziativa semplice per fare "memoria", parlare di mafia, di stragi, di ricerca della verità, di lotta ai sistemi criminali. Un'occasione per ragionare sul tempo presente, ma anche riflettere sul passato che non è affatto lontano. Del resto, a 30 anni dalle stragi del '92, c'è ancora molto lavoro da fare per far emergere quelle verità indicibili e che sembrano essere seppellite nei meandri della nostra Repubblica.
Con questo spirito il sindacato di Polizia Siap di Palermo ha organizzato a Partinico, nella splendida cornice della Real Cantina Borbonica, la presentazione di ben quattro libri.
"La ricerca della verità è e rimane fondamentale per la nostra democrazia e per la nostra società - ha ricordato nell'introduzione il segretario del Siap Luigi Lombardo - Oggi si usano le bombe per l'eliminazione dell'ergastolo ostativo, usano le bombe per l'abrogazione del 41 bis. Ed usano le bombe più subdole quando vanno in giro a dire che in fondo la mafia non c'è. La mafia oggi c'è. Noi non vogliamo e non possiamo mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi. La verità va detta, soprattutto ai ragazzi (tanti erano presenti in sala, ndr) e per questo dobbiamo crederci per cambiare le cose".
Per discutere del tema sono intervenuti il caporedattore di ANTIMAFIADuemila Aaron Pettinari (autore di “Quel terribile 92”), Paola De Simone, funzionario della Polizia Scientifica (autrice di “Crimini al microscopio”), IMD ispettore di polizia (che ha scritto "Gli strateghi del male") e Piergiorgio Di Cara, vicequestore, che ha preso lo spunto dal suo libro “L’anima in spalla”, per illustrare il significato della memoria, da non identificare con il semplice ricordo.
Il segretario del Siap, Luigi Lombardo
"La ricerca della verità ha più strade e molte facce - ha ricordato Di Cara - Ci sono tante vie. Noi dobbiamo ovviamente cercare la memoria, la dobbiamo coltivare, ma senza culti o dogmi. Dobbiamo contrastare l'oblio che diviene negazione dell'impegno civile. E questo si può anche fare grazie ad un libro. Le stragi del 1992 sono un macigno che cade sulle nostre spalle, di poliziotti e cittadini. La storia che raccontiamo è la storia delle persone che si sono caricate sulle spalle questo macigno e l'hanno trasportato, demolendolo in infinite parti, fino ad arrivare al nocciolo di questo macigno, per annientare l'oblio, ricercare la verità e fare memoria. Quando avremo definitivamente cancellato l'oblio vinceremo la nostra battaglia".
Del valore della memoria ha parlato Aaron Pettinari, che nel suo libro ha raccolto le testimonianze di 25 "voci" (uomini e donne più o meno note) per farsi raccontare il proprio ricordo dei giorni di Capaci, via d'Amelio, di Mani Pulite. Fatti che sono rimasti nella storia in quella terribile stagione e che hanno segnato la Repubblica italiana. "Il recupero della memoria è fondamentale per capire il nostro presente - ha detto Pettinari - Anche perché viviamo in un tempo molto difficile. Ci sono leggi che rischiano di minare il percorso di ricerca di verità ed anche il mantenimento della memoria".
Paola De Simone, funzionario della Polizia Scientifica
Sul punto ha ricordato come nella riforma della giustizia Cartabia siano inseriti articoli sul diritto all'oblio o la presunzione di innocenza che mettono a rischio quel diritto del cittadino "di informare ed essere informati" come sancito dall'articolo 21 della Costituzione. Sicuramente interessanti anche gli interventi di Paola De Simone: "La memoria è fondamentale - ha ricordato - a differenza del ricordo non rappresenta solo un'immagine di qualcosa che è stato, ma ne fissa l'idea generando cultura, conoscenza e alimentando riflessioni. Io penso che questa sia una definizione corretta. Quello che si fa con incontri come quello di oggi è alimentare riflessioni e mantenere vivi valori ed esperienze. In questo la scuola diviene fondamentale. Ai giovani vanno dati gli strumenti per comprendere e conoscere perché così, con piccoli segni, si alimenta la responsabilità di ognuno di noi". Anche IMD, che con i suoi libri racconta spaccati di verità fondamentali della storia, si è soffermato sull'importanza della cultura: "Noi dobbiamo conoscere la nostra storia. Perché senza di essa il futuro diventa difficile. La scrittura diventa una necessità. E c'è bisogno di raccontare storie. Come quella del poliziotto Agostino che racconto in questo libro. Per fare una memoria viva, magari anche con strumenti diversi, inserendo tra le pieghe del libro storie reali che ci portano a riflettere. Un modo per far conoscere soprattutto ai giovani uno spaccato della realtà di ciò che accade. I giovani devono trovare la loro verità, che magari poi corrisponde alla vera verità che noi cerchiamo".
Da sinistra: Leopoldo Laricchia, questore di Palermo, e Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo
Interessanti anche gli interventi della Commissaria Straordinaria, che ha tracciato e illustrato il difficile cammino di “risanamento” della città dalle presenze mafiose che hanno portato allo scioglimento del Consiglio Comunale e quello di Salvatore Borsellino, che ha espresso la sua amarezza per i risultati del processo Borsellino cinque, conclusosi ieri a Caltanissetta con l’assoluzione o la prescrizione di tutti gli imputati, appartenenti alle forze dell’ordine, senza che ci sia stata, a suo parere la voglia di puntare più in alto verso i mandanti e i responsabili occulti delle stragi, in particolare di quella che portò alla morte di suo fratello Paolo e della sua scorta. Il questore di Palermo Leopoldo Laricchia ha concluso i lavori con un lungo excursus sulla costante presenza del fenomeno mafioso in Sicilia, dai tempi del rapporto del questore di Palermo Ermanno Sangiorgi scritto tra il novembre 1898 e il febbraio 1900, alle rivelazioni di Buscetta, che hanno sostanzialmente confermato l’impostazione, rimasta quasi immutata della mafia negli ultimi cento anni. I vari interventi sono stati intermezzati da letture, come quelle di Monica Appresti, di Priscilla La Franca, dal suo libro “Fino alle stelle”, e di Salvo Vitale, che ha letto questa sua poesia:
Parole
(Poesia di Salvo Vitale)
"Siamo tutti bravi,
facciamo le manifestazioni,
ci mobilitiamo per ricordare i morti,
sì, la memoria è necessaria,
un popolo senza memoria
è un popolo senza storia,
e blablabla,
sapienti architetture di parole,
con fiocchetti, analisi,
interventi scritti, applausi,
giacca e cravatta sotto il sole torrido,
apprezzamenti per i successi conseguiti,
parate disparate,
presenza d’obbligo delle forze dell’ordine,
strette di mano, baci, targhe,
e più recentemente alberi,
rassegne dei tipi più squallidi,
in rappresentanza delle istituzioni,
il presidente, il deputato,
il sindaco, gli assessori,
il capitano, l’arciprete, i parenti,
apoteosi del cerimoniale,
passeggiate sul sangue dei morti,
scoramenti, scornamenti,
se ci va lui non ci vengo io,
verifiche dei partecipanti,
la città che non c’era,
Peppino è vivo,
non certo tra i compagni a pugno chiuso,
perché Peppino è morto
e non lotta più insieme a noi,
Paolo vive,
non certo tra i camerati a braccio alzato,
perché Paolo è morto nel caldo di luglio,
assieme ad altri di cui possediamo l’elenco
e ad altri ancora che non ne fanno parte,
e poi, dopo la morte l’imbalsamazione,
la tumulazione nel pantheon dell’immobilità
la cera nelle orecchie per non sentire le urla,
lo stupore, l’angoscia del mare della morte
che si chiude sulle loro teste per sempre,
dentro uno spazio senza tempo.
L’applauso è un addio che ci distanzia
dalla condivisione delle loro scelte.
Più amara l’apparenza dell’impegno
che nasconde un qualche interesse.
“Noi ci dobbiamo ribellare…”
E come?
Chi si permette di dirlo è un sovversivo"