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Che le elezioni amministrative di Palermo 2022 fossero diverse dalle precedenti lo si intuiva già dalla fine del 2021, quando durante le prime campagne elettorali a sostegno del neosindaco Roberto Lagalla si sono fatti avanti i due gattopardi Totò Cuffaro con la sua Dc Nuova e Marcello Dell’Utri, sceso a Palermo a inizio 2022, in qualità di “delfino” di Silvio Berlusconi, per rinsavire il centrodestra e supportare l’ex magnifico rettore. Entrambi soggetti condannati per mafia (Dell'Utri per concorso esterno in associazione mafiosa; Cuffaro per favoreggiamento). In pochi però avrebbero immaginato che a pochi giorni dalle elezioni due candidati al consiglio comunale, Pietro Polizzi (FI) e Francesco Lombardo (Fdi), entrambi della coalizione di centro-destra spinta dai due pregiudicati, venissero arrestati con l'accusa di scambio elettorale politico-mafioso.
Analizzando i dati delle elezioni, però, possiamo dire che è come se nulla fosse accaduto: Roberto Lagalla è il nuovo sindaco della città e il centrodestra - colpito dalle manette di Polizzi e Lombardo - spopola comunque a Palermo riuscendo a guadagnarsi il podio tra i primi partiti del capoluogo. Dati alla mano, si scopre che la coalizione uscita vincente dalle elezioni ha ottenuto oltre il 60% dei voti a Brancaccio; il 54,5% allo Zen; all’Uditore, invece, il 45,1%. Quartieri, questi, tra i più a rischio della città, in cui la tassonometria mafiosa è ancora alta. Non solo. Dalle statistiche emerge che a Brancaccio il primo partito è Fratelli d’Italia, con il suo 15% (ca.), mentre la Dc di Totò Cuffaro si ferma al 6%. Allo Zen, invece, la lista di Forza Italia supera il 16% mentre quella di Totòvasa vasa” (che ha ottenuto l’elezione di tre consiglieri comunali) è quasi al 6%. Se a tutto ciò aggiungessimo il fatto che all’Uditore il boss al quale si era rivolto il candidato di FI Pietro Polizzi era il fratello del padrone di casa di Totò Riina, e nella scuola che si trova a pochi metri dalla villa in cui fu catturato Riina ci sono seggi in cui la lista di Forza Italia supera il 20%; e che il forzista Pietro Polizzi ha ottenuto 61 voti e il meloniano Francesco Lombardo 171, il quadro che emerge è a dir poco inquietante.
Dell’Utri e Cuffaro, giunta la notizia dell’elezione di Lagalla come nuovo sindaco di Palermo hanno plaudito per il risultato ottenuto rinnegando, però, eventuali meriti per la vittoria: “Avevo semplicemente espresso un mio parere dicendo che l’ex rettore era il candidato più indicato - ha minimizzato il braccio destro di Berlusconi ai microfoni dell’Adnkronos -. Era il parere di un semplice cittadino. Invece, sono stato massacrato”. “Ma quale ‘ombra di Dell’Utri’? - ha continuato -. Semmai l’ombra di Dell’Utri ha illuminato le menti offuscate”. Cuffaro, invece, ha la testa sulle regionali di autunno: “Quando ci siederemo a un tavolo per ragionare insieme - ha detto - faremo anche noi la nostra proposta: noi lavoreremo perché possa esserci un candidato donna. In ogni caso, al di là dei nomi, dovrà essere una candidatura condivisa da tutti e se a unire sarà il nome di Nello Musumeci non disdegneremo di stare con lui”.
Quanto emerso durante questa corsa a Palazzo delle Aquile invita ad una riflessione. Le amministrative di Palermo 2022 passeranno alla storia: l'impressione è che l’ombra dei clan stia tornando alla ribalta (qualora se ne fosse mai andata dalla politica).
Mentre per Polizzi e Lombardo la giustizia farà il suo corso, a noi spetta il compito di porci delle domande: com’è possibile che in alcuni quartieri il centrodestra di Roberto Lagalla abbia sfondato nonostante il palese sostegno avuto da uomini in odor di mafia come Dell'Utri e Cuffaro denunciato anche dalle cronache? Com’è possibile che nonostante gli arresti per scambio elettorale politico-mafioso Polizzi e Lombardo abbiano ricevuto ugualmente cospicui voti? E infine: dov’è l’opposizione “al puzzo del compromesso morale” di cui parlava Paolo Borsellino, ucciso nel ’92 in via d’Amelio?
Ecco, forse è nelle sue parole e nel suo esempio che troveremo le risposte a queste domande. Nella speranza che ciò avvenga prima del 19 luglio, data dell’attentato al magistrato, perché il rischio che incombe è quello di vedere un luogo di memoria come via d’Amelio presidiato da uno stuolo di soggetti che “il puzzo del compromesso morale” lo hanno cercato o accettato.

Foto © Paolo Bassani

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