A Milano la conferenza con Giuseppe Lombardo, Salvatore Borsellino e Alessandro Di Battista
“Questo Paese è indegno nella misura in cui si accontenta di verità parziali, di verità distorte e non ha la forza di cercare fino fondo le risposte che servono per diventare davvero un Paese civile”. Sono state le parole del procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo intervenuto all’incontro dello scorso venerdì, intitolato “Mafie e Massoneria: il patto letale per strangolare l’Italia”. Al dibattito, introdotto dal Consigliere Luigi Piccirillo e moderato dal caporedattore di ANTIMAFIADuemila Aaron Pettinari, hanno partecipato anche Alessandro Di Battista e Salvatore Borsellino.
Durante il convegno, caduto il giorno dell’anniversario dell’attentato di Via dei Georgofili a Roma e a quattro giorni da quello della strage di Capaci, non si è parlato solo del rapporto tra mafia e massoneria, ma anche di mancate verità, di passerelle politiche e di molto altro. Come ha detto Salvatore “a trent’anni di distanza dalle stragi, a Palermo si è scatenato una sorta di carnevale, perché alle commemorazioni erano presenti persone che dovrebbero nascondere i propri volti con delle maschere. Mentre si proclamano come eroi Falcone e Borsellino, si procede ad eliminare quel patrimonio di leggi che avevamo per combattere la mafia e arrivare alla verità sulle stragi”. Chiaro riferimento alla nuova legge sull’ergastolo ostativo di cui il Parlamento discuterà durante l’estate e che a novembre potrebbe subire una pesante modifica da parte della Corte Costituzionale. Un colpo di mano bissato dalla riforma della giustizia, approvata dal Parlamento nel settembre del 2021. “Oggi - ha affermato Borsellino - la giustizia che vorrei vedere è sempre più lontana. La riforma della giustizia attuale è una rinuncia dello Stato ad essere uno stato di diritto. L’improcedibilità è un concetto assurdo, la corte europea ci chiede di accorciare la durata dei processi non di annullarli”. Un’amara constatazione che potrebbe rendere vero un altro pensiero di Salvatore Borsellino: “Si dovrebbe scrivere in tribunale che la legge non è uguale per tutti dato che i potenti potrebbero procrastinare a vita il proprio processo”. Ecco perché, sostiene il fratello di Paolo, è fondamentale continuare a supportare il lavoro dei magistrati: “Sono sempre salito sulle barricate per difendere i magistrati. Ho difeso De Magistris quando gli sono state sottratte le sue inchieste, così come ho sempre difeso Nino Di Matteo. Continuerò a salire sulle barricate anche a 90 anni per difendere la magistratura”. Quest’evento, infatti, è stato fortemente voluto da Salvatore sia per accendere un faro sul rapporto tra le stragi del ’92 –‘93 e la massoneria che per denunciare la mordacchia che la politica sta mettendo alla giustizia. Un campanello d’allarme colto anche da Alessandro Di Battista, anche lui relatore dell’evento: “Oggi la magistratura è delegittimata per colpa di quei magistrati che hanno voluto la delegittimazione. Devono continuare a lavorare a testa bassa al servizio della collettività”. Ecco perché è importante che parlino non solo attraverso le sentenze ma anche in incontri pubblici con i cittadini, come sottolinea lo stesso ex deputato del Movimento 5 Stelle: “Io mi ricordo che conobbi il pm Lombardo qualche anno fa, quando lo invitammo alla Camera assieme a Nino Di Matteo per parlare di lotta alla mafia. Credo sia un nostro diritto ascoltare Lombardo quando parla di 'Ndrangheta perché è un dovere dei giudici parlare, non solo attraverso le sentenze. Queste occasioni poi sono anche un modo per spiegare perché è intollerabile fare parte di questo governo. Stiamo parlando di un governo dove c’è anche Forza Italia”.
Di Battista ha evidenziato l’ipocrisia di “persone che qualche anno fa protestavano davanti al tribunale di Milano” e che “ora sono tutti lì solo per la poltrona”.
Figure che hanno votato la fiducia ad un governo in cui è presente anche il partito fondato da Silvio Berlusconi e dall’ex senatore Dell’Utri (condannato definitivo per concorso esterno), con la scusa della “campagna di vaccinazione”. "Cosa rispondevo loro? - ha aggiunto Di Battista - che c’è anche la lotta alla mafia che ora non fa più nessuno”.
Per l’ex grillino stare dalla parte dei magistrati significa ribellarsi nei confronti di quella classe politica che sta facendo qualsiasi cosa per impedire alla magistratura di proseguire le proprie inchieste, in particolare quelle riguardanti i mandanti a volto coperto delle stragi e le collusioni con i servizi segreti. “Mi ricordo che qualche anno fa, il magistrato Roberto Scarpinato nel giorno dell’anniversario di Via d’Amelio parlò di tutti i depistaggi avvenuti in Italia, dalla strage di Portella della Ginestra alle bombe del ‘93. Tutto questo ci permette di dire che non bisogna più parlare di servizi segreti deviati, ma di servizi segreti che hanno obbedito a degli ordini. Qualcuno ha ordinato di compiere quelle azioni di depistaggio. La sentenza Borsellino Quater ha affermato che quella vicenda è stato uno dei più grandi depistaggi della storia giudiziaria italiana, si parla del principale depistaggio della storia repubblicana. Io ricordo che Francesca Castellese, moglie di Santino Di Matteo, venne intercettata mentre disse al marito di non parlare degli infiltrati della polizia in Via d’Amelio perché ‘abbiamo anche un altro figlio’”.
Nel suo intervento ha poi ricordato un’intervista recente sul Post Internazionale, in cui Lucio Caracciolo affermava che “Dopo la sconfitta della seconda guerra mondiale siamo diventati una democrazia a sovranità limitata e questo può spiegare anche le stragi”.
Una frase che apre un mondo.
“Il mio sospetto - ha aggiunto Di Battista - è che i veri ideatori di quella stagione siano tuttora al potere. Sono sicuro infatti che se Paolo Borsellino, dopo la strage di Capaci, avesse rilasciato un’intervista soft nella quale affermava di volersi prendere una pausa e poi iniziare la caccia dei killer che avevano ucciso il suo più caro amico molto probabilmente non sarebbe stato ucciso. A volte, le interviste servono per mandare dei precisi messaggi”.
Lombardo: 'Ndrangheta militare non conta nulla, è la componente invisibile che ha potere reale
“La ‘Ndrangheta di base, militare, cioè quella visibile non conta nulla, non ha nessun potere reale. Quello che conta sta ad un livello talmente alto che non sembra ‘Ndrangheta: è la componente invisibile della ‘Ndrangheta che conta davvero e quella è una componente massonica”. Con poche e semplici parole Giuseppe Lombardo ha descritto l’evoluzione della ‘Ndrangheta dagli anni ’90 ad oggi, la politica di sommersione che le ha permesso di non apparire mai coinvolta nelle stragi e la capacità di strutturarsi in modo tale da preservare l’organizzazione mafiosa dalle collaborazioni con la giustizia, che invece fin dagli anni ’80 hanno fatto emergere gli assetti interni di Cosa Nostra. Attualmente non si può parlare di Cosa Nostra senza parlare anche di ‘Ndrangheta, Camorra, Sacra Corona Unita o altre organizzazioni criminali. Infatti, come ha spiegato Lombardo “parlare di mafie storiche oggi è assolutamente errato”, in quanto si tratta di qualcosa ormai di “superato e antistorico”. Ma in questo Paese da parte della maggior parte dei mezzi di informazione “è semplicissimo raccontare ciò che è stato accertato, ciò che probabilmente non è più attuale e ciò che certamente non fa più paura”. “Ci sono acquisizioni di grande rilievo, di 30 anni fa”, ha continuato il procuratore, “che ci dicono che questo tipo di approccio non porta a nulla. Questo era il metodo Falcone, il metodo di chi ha capito che un approccio settoriale non fornirà mai risposte chiare su quelle che sono le componenti apicali di questo sistema criminale e spesso e volentieri occulte”. Già 30 anni fa, nel 1992, l’ultimo collaboratore di giustizia sentito fuori verbale da Paolo Borsellino, Leonardo Messina, aveva parlato davanti alla commissione antimafia presieduta da Luciano Violante, di verità che oggi purtroppo in pochi prendono in considerazione. Rispondendo alle domande dei parlamentari, Messina tra le tante cose parlò, citando le sue parole, di “strutture segrete o riservate di Cosa nostra che non comunicano”, perché “non è che tutti gli uomini devono sapere. Vi sono uomini che non sanno oltre la propria famiglia, o la propria decina; non tutti gli uomini, cioè, vengono messi al corrente
di tutto”.
Poi parlò della componente massonica all’interno di Cosa Nostra e del fatto che ci sono persone all’interno dell’organizzazione mafiosa il cui nome deve restare sconosciuto in quanto “rivestono cariche politiche, o perché sono uomini pubblici e nessuno deve sapere chi sono. Lo sa soltanto qualcuno”. Il collaboratore rivelò anche l’esistenza di una commissione mondiale della mafia, di cui Totò Riina a partire dagli anni ’90 sarebbe diventato rappresentante e che non era solo sede di consultazione ma anche sede di decisioni importanti. Davanti a tutto questo “si può fare un contrasto evoluto senza conoscere la verità di 30 anni fa?”, è la domanda che si è fatto Giuseppe Lombardo.
In effetti oggi all’opinione pubblica viene tenuto nascosto il riferimento a questa componente invisibile o riservata che opera oltre o sopra le organizzazioni mafiose e che detiene il vero potere reale: si tratta di due mondi, il “sottomondo” e il “sovramondo”, il cui collegamento il procuratore ha spiegato utilizzando la metafora di una clessidra. La parte che poggia a terra è “la componente di base” che è “necessaria per avere il legame con determinati tipi di territori perché poi bisogna generare delle ricadute sul territorio. Poi c’è il collo stretto della clessidra che crea il collegamento tra il sottomondo e il sovramondo”. Quest’ultimo “è la parte superiore della clessidra. Il sovramondo non si palesa agli occhi della componente di base e comunica con questa attraverso un ristretto numero di soggetti che dalla componente di base vengono considerati la componente apicale e che dalla componente di vertice vengono considerati la parte di base”. La forza della ‘ndrangheta sta quindi proprio nella sua capacità di creare un’apparenza interna, per cui gli associati si sentono parte della struttura criminale e sono anche convinti di prendere decisioni, ma in realtà non sono a conoscenza dell’esistenza del mondo invisibile e quindi di quei pochissimi soggetti che veramente hanno la possibilità di decidere e che dissimulano le decisioni. L’ignoranza della componente di base rispetto alla parte che veramente conta permette all’organizzazione mafiosa di proteggersi da eventuali collaborazioni con la giustizia che potrebbero rivelare la struttura del sovramondo.
Potere economico-finanziario delle mafie in grado di condizionare scelte politiche degli Stati
“Quel sistema criminale di cui parlavamo prima che si è ulteriormente evoluto a cavallo delle stragi, negli anni successivi a quel terribile periodo storico, ha riprogrammato il suo modo di agire, recuperando una dimensione che nei primi anni ’90 del secolo scorso in parte aveva perso: la dimensione economico-finanziaria”, ha spiegato Giuseppe Lombardo. “E lo ha fatto”, ha continuato il dottore, “non perché ha il desiderio di accumulare ricchezze su ricchezze, lo ha fatto perché essendo un crimine particolarmente evoluto e moderno, sa che il potere reale sta lì e il potere reale non significa che il potere economico-finanziario è fine a sé stesso e quindi ha un peso solo all’interno di determinati circuiti, ma anche per la possibilità di condizionare le scelte finanziarie degli Stati. Nel momento in cui quegli enormi capitali c’è il rischio che siano collocati, anche in relazione ai titoli del debito pubblico, questo diventa anche un potere politico”. In effetti, se si considera che gli ultimi dati rispetto alle dinamiche criminali evolute parlano di un volume di affari di circa 220 miliardi di fatturato all’anno, si comprende bene che, ove queste cifre, per esempio, venissero collocate anche solo in parte sui titoli del debito pubblico di uno Stato, “diventano condizionanti sulle scelte politiche”.
Inoltre, un ulteriore elemento che permette di capire la reale evoluzione della ‘ndrangheta nella gestione mondiale del narcotraffico e nell’utilizzo dei nuovi strumenti finanziari, è che questa già nel 2018 “era pronta a pagare partite di cocaina in criptovalute”. Per tale motivo, ha ripetuto Lombardo, “dobbiamo essere immediatamente in grado di immaginare quali sono le tendenze evolutive di questi fenomeni così complicati e complessi, perché dobbiamo ridurre enormemente la distanza nella reazione investigativa che bisogna contrapporre a questi fenomeni”.
L’importanza di un’informazione corretta e il ruolo dei cittadini nel contrasto alle mafie
“Uno dei problemi più seri in questa Nazione è la presenza di agenzie di disinformazione, assolutamente presenti e operanti quali componenti di un determinato sistema criminale”, ha spiegato Lombardo. Sono quelle agenzie che parlano ancora nel 2022 di mafie storiche, che deviano la realtà dei fatti o che raccontano che oggi in Italia è rimasto da catturare un solo grande latitante, Matteo Messina Denaro.
“La Calabria”, ha aggiunto il procuratore, “è totalmente fuori da qualsiasi circuito informativo che abbia una rilevanza nazionale e anche internazionale e per il ruolo che la 'Ndrangheta ha a livello mondiale questo è inaccettabile, perché l’informazione ha un ruolo fondamentale, per la capacità di trasformare il linguaggio giuridico in un qualche cosa che diventi un elemento in grado di demolire culturalmente i fenomeni mafiosi. Senza informazione quelle sentenze rimarranno nella disponibilità di pochissimi”. In questo ognuno di noi, indipendentemente dal ruolo che riveste nella società, può trasformarsi in “veicolo di conoscenza a favore di chi non vive all’interno dei circuiti giudiziari o di polizia giudiziaria”. Così si rendono le mafie “immediatamente riconoscibili e contrastabili attraverso azioni quotidiane, a volte anche banalissime, che diventano particolarmente decisive quando sono strutturate all’interno di una rete di supporto che non fa percepire al singolo cittadino che le subisce un senso di solitudine e di impotenza, che è inaccettabile. Questo dovrebbe fare uno Stato particolarmente evoluto e soprattutto dovrebbe fare uno Stato come il nostro che ha vissuto quello che ha vissuto”. “Io una certezza ce l’ho”, ha concluso il procuratore, “noi siamo molto più forti di loro. Le persone devono avere sempre chiaro qual’è la parte giusta della barricata. E la parte buona di questo Paese non sono soltanto i magistrati, i poliziotti, i finanzieri. La parte buona di questo paese siete voi. Fate fino in fondo la vostra parte e il giorno in cui arriverà la notizia che Messina Denaro è stato catturato fatevi i complimenti”.
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