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Se subentra la NATO sarà guerra totale. E Guterres preme per colloqui urgenti con Putin e Zelensky

In Ucraina, l’impasse della guerra accende l’interventismo dei neocoon americani. I Paesi europei della NATO frenano su un possibile intervento diretto dell’Alleanza atlantica in Ucraina. E mentre si aggrava la situazione della guerra, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, chiede di vedere subito Putin e Zelensky. E’ questo il quadro generale dello scacchiere geopolitico in Est Europa.

Attorno ai militari ucraini trincerati nell’acciaieria Azovstal si concentrano gli interessi degli Stati Uniti. Mariupol è caduta ieri nelle mani di Mosca, ma nell’acciaieria ci sarebbero ancora 2 mila militari di Kiev. Interessante a questo proposito è l’analisi dell’esperto militare Antonio Li Gobbi scritta per il Fatto Quotidiano secondo il quale i falchi statunitensi starebbero cercando di far entrare la NATO nel conflitto. Victoria Nuland (in foto), sottosegretaria di Stato USA, il 20 aprile ha proposto di salvare i militari ucraini della Azovstal tramite un intervento della NATO. Questo significherebbe l’entrata in guerra dell’Alleanza atlantica contro la Federazione Russa.   

La Nuland è la moglie di Robert Kagan, politologo, neocoon, interventista, convinto sostenitore della supremazia del popolo americano, membro del think tank Brookings Institution e fondatore dell’istituto di ricerca Project for the New American Century, legato al partito Repubblicano. “L’unica visione che possiamo accettare è quella di un mondo dominato dagli Stati Uniti d’America. E questa visione va imposta. Non bisogna vergognarsi di dire che va imposta anche con la forza, se necessario”, scrisse Kagan che è pure antirusso, “bisogna eliminare con ogni mezzo l’influenza che ha la Russia su qualsiasi Paese straniero. La Russia è il cancro e noi siamo la cura”.

Victoria Nuland era molto vicina alla ultranazionalista Kateryna Chumachenko, moglie di Viktor Yushchenko che divenne Presidente dell’Ucraina grazie all’annullamento del voto per mezzo di proteste popolari, la cosiddetta Rivoluzione Arancione del 2004. Entrambi i coniugi Yushchenko avevano un forte sentimento antirusso, e la Chumachenko, che aveva fatto carriera alla Casa Bianca, sposava non solo l’ultranazionalismo ucraino ma anche gli ambienti apertamente neonazisti. Guarda caso, fu sempre la Nuland a spingere nel 2008 per l’entrata dell’Ucraina e della Georgia nella NATO, come ricorda Li Gobbi, a cui si opposero Francia e Germania per evitare di rovinare i rapporti con Mosca. Poi arrivò il 2013, quando divenne Assistente del Segretario di Stato per gli Affari europei e eurasiatici, e scoppiarono le prime proteste popolari in Ucraina, che nel febbraio 2014 sfociarono nel colpo di stato di piazza Maidan, a Kiev. All’epoca Barack Obama era Presidente degli USA e Joe Biden ricopriva la carica di Vicepresidente. La ‘rivoluzione di Maidan’ fu un vero  proprio colpo di stato da parte di gruppi paramilitari neonazisti ben organizzati ed armati, per deporre il Presidente filorusso Viktor Yanukovich, che era stato democraticamente eletto. Tra loro anche alcuni cecchini georgiani che raccontarono poi di essere stati assoldati da un “americano, istruttore di contractor” di nome “Cristopher Bryan”, per sparare sia sui manifestanti che sulla polizia dal palazzo antistante la piazza.

Partiti di estrema destra, ultranazionalisti, anticomunisti e atlantisti come Svoboda, Pravyj Sektor e Una-Unso entrarono così a far parte della vita politica dell’Ucraina con il pieno appoggio statunitense (con tanto di foto ufficiali). Il Consiglio dell’ONU per i diritti umani disse di questi movimenti: “devono essere considerati illegali e devono esser disarmati, sciolti e mandati a processo”, siccome sono legati ai gruppi neonazisti, gli stessi del colpo di stato. In seguito, queste formazioni paramilitari neonaziste, come il battaglione Azov, vennero addirittura integrate nell’esercito regolare ucraino.

E fu proprio la NATO ad addestrare, oltre all’esercito ucraino, anche combattenti di questi schieramenti neonazisti, ad esempio in Estonia e Polonia.

A conferma dell’analisi di Li Gobbi ci sono le parole del ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu: “alcuni Paesi all’interno della Nato vorrebbero che la guerra continuasse, vogliono che la Russia diventi più debole”. Il riferimento è soprattutto ai Paesi più interventisti, cioè Stati Uniti e Gran Bretagna, i quali oltre alle armi forniscono a Kiev addestramento militare sul campo. La Turchia, che ha ospitato l’ultimo round di negoziati, punta alla pace. Troppo importante riportare la stabilità nel Mar Nero. Ankara teme un'escalation che potrebbe coinvolgere anche i Paesi NATO, infatti già un mese fa aveva chiuso lo stretto dei Dardannelli a tutte le navi militari in entrata e in uscita, appellandosi alla Convenzione di Montreux.

La Turchia si colloca in una posizione di equilibrismo. Membro dell’Alleanza atlantica e fornitore di droni militari Bayraktar al governo di Kiev, cerca il dialogo con la Russia non imponendo sanzioni contro Mosca.

Fin dall’inizio della guerra ucraina è stata chiara la posizione interventista degli USA, a cui ora, purtroppo, si è allineata anche l’UE. Se l’intervento diretto della NATO a Mariupol rimane per ora escluso, continua quello indiretto con l’invio di armi all’esercito ucraino nella speranza, fuori da ogni logica, che Putin capitoli. Il portavoce del Pentagono, John Kirby, ha confermato che il capo del Pentagono, Lloyd Austin, si incontrerà con gli alleati NATO nella base militare di Ramstein in Germania. L’incontro sarà incentrato sulle “necessità militari dell'Ucraina” e sul supporto a Kiev nella guerra contro la Russia.

In questo quadro di tensione, è stato confermato da Joe Biden il pacchetto da 800 milioni di dollari per gli armamenti all’Ucraina che oltre ai cannoni Howitzer e all’artiglierie pesante, comprende anche droni da combattimento. Per il Presidente americano “Putin non vincerà mai in Ucraina, non riuscirà mai ad occuparla del tutto”. Ma non ci sarebbero solo aiuti militari. 500 milioni di dollari di aiuti finanziari verranno stanziati per Kiev, lo ha annunciato il Dipartimento del Tesoro americano.

Dopo l’incontro di ieri nella capitale ucraina tra il Premier spagnolo Pedro Sánchez e il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky, la Spagna ha annunciato l’invio di 200 tonnellate di armi per l’esercito ucraino.

Per il Cancelliere tedesco Olaf Scholz e il Presidente francese Emmanuel Macron la priorità ora è non estendere il conflitto coinvolgendo la NATO. La “priorità assoluta per me è evitare una escalation con la Nato” ha detto Scholz in una intervista con Der Spiegel, e “un solo errore potrebbe avere conseguenze drammatiche”. La Germania non invierà carri armati e missili tedeschi all’Ucraina, come invece richiesto da Zelensky. Berlino non vuole il coinvolgimento diretto nel conflitto, ma manda i suoi carri armati alla Slovenia che a sua volta cederà a Kiev i propri di epoca sovietica. Secondo il Presidente francese, che non intende recarsi in visita nella capitale ucraina, bisogna “evitare un allargamento del conflitto” e “riportare la Russia alla ragione per ottenere un cessate al fuoco e liberare il territorio ucraino”.

Contraria all’invio di armi è anche l’Austria che non è membro della NATO. Lo stesso vale per l’Ungheria del rieletto Presidente Viktor Orban, il cui Paese dipende fortemente dalle fonti energetiche russe. Si oppone all’invio di armi all’Ucraina anche la Bulgaria, Paese che ospita importanti basi della NATO ma che non vuole assolutamente portarsi la guerra in casa.

Josep Borrell, l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, getta altra benzina sul fuoco, “vogliamo la vittoria dell’Ucraina” e “Putin non vuole i negoziati […]. Per fare la pace bisogna essere in due. Come il tango”.

E nonostante il tira e molla militare tra Paesi NATO, UE, Ucraina e Russia, c’è ancora qualcuno che vorrebbe una tregua. Il Segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, vuole incontrare il prima possibile Zelensky e il Presidente russo Vladimir Putin. La situazione in Ucraina è molto delicata e vede coinvolti troppi attori internazionali. Il Cremlino rimane sulle sue e continua l’avanzata nel Donbass, Kiev non vuole cedere contando soprattutto sul sostegno di USA, NATO e UE. Guterres vorrebbe incontrare personalmente i due leader a Kiev e Mosca per trovare un accordo e porre fine alla guerra. Anche Papa Francesco ha richiesto una tregua ai contendenti, possibilmente per la Pasqua ortodossa, cioè domenica 24 aprile.

Improponibile rimane invece la proposta di Israele per ospitare i prossimi negoziati di pace, soprattutto ora che il Paese mediorientale sta bombardando la Striscia di Gaza.

Se l’incontro di Guterres con i leader di Ucraina e Russia avesse successo, potrebbe scongiurare un futuro intervento della NATO. Una guerra tra la Federazione Russa e i Paesi dell’Alleanza in Europa è assolutamente da evitare.

Foto © Ssturner71

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