Di Matteo: "Non riesco a comprendere perché non sia stata esercitata l’azione disciplinare"
È stata bocciata dal plenum del Csm la proposta di archiviare la procedura di trasferimento d'ufficio per incompatibilità ambientale dell'ex consigliere Massimo Forciniti, a cui viene contestato di aver compiuto con l’ex magistrato Luca Palamara interferenze nelle decisioni di questo stesso Consiglio superiore in carica, dal suo insediamento sino all'esplosione dello scandalo dell'hotel Champagne: la ormai famosa riunione notturna per decidere la nomina del procuratore di Roma svoltasi tra lo stesso Palamara e i politici Cosimo Ferri e Luca Lotti. Nove consiglieri si sono espressi contro la proposta a fronte di 8 favorevoli e 6 astenuti. Nel corso del dibattito ci sono state delle critiche in merito al fatto che nel caso dell’ex consigliere Massimo Forciniti non è stata avanzata l’adeguata azione disciplinare. In particolare il consigliere togato Nino Di Matteo ha detto: "Io non riesco a comprendere, come in presenza di reiterati ed evidenti indebiti tentativi di condizionamento dell'attività di due Consigli superiori della magistratura, non sia stata esercitata l'azione disciplinare. Soprattutto con riferimento ad altre vicende che hanno avuto rilievo disciplinare e che hanno portato anche a dei giudizi di condanna da parte della sezione disciplinare del Csm".
Il caso, venuto alla luce con le chat trovate dalla procura di Perugia nelle chat di Palamara, torna ora nelle mani della Prima Commissione, che con 3 voti a favore e 3 astensioni aveva chiesto al plenum di archiviare, ritenendo che i comportamenti di Forciniti pur incidendo "anche in maniera significativa, sui requisiti di imparzialità ed indipendenza", non avessero però determinato "una effettiva perdita di fiducia e di credibilità" nel territorio dove attualmente svolge le sue funzioni di magistrato, cioè a Crotone dove è in servizio al tribunale come presidente di sezione. Una conclusione che non ha convinto la maggioranza dei consiglieri, rispetto a comportamenti che in tanti hanno definito "gravissimi".
Foto d'archivio © Imagoeconomica
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