Freccero: "Anche un solo morto abbandonato sulla strada si ritorcerebbe contro l'esercito sovietico"
“Scaturisce spontaneo il dubbio di trovarsi di fronte ad una false flag… nessun attaccante in campo, dopo un autogol fortuito si accanirebbe a segnare una serie infinita di autogol per stracciare per sempre la possibilità di vittoria della sua stessa squadra”.
A dirlo è l’ex direttore di Rai 2 Carlo Freccero ad Adnkronos, all’indomani dei filmati pubblicati dal ministero della Difesa ucraino, dal New York Times e dall'Agence France-Presse che mostravano i corpi di uomini in abiti civili che giacevano per le strade di Bucha, a nord-ovest di Kiev.
Una sequela di scene strazianti dove figurano vittime uccise a sangue freddo con le mani legate utilizzando stracci bianchi. Un gratuito massacro in piena regola.
"Anche un solo morto abbandonato sulla strada si ritorcerebbe contro l'esercito sovietico, in un momento in cui tutti gli occhi del mondo sono puntati sull'Ucraina", osserva Freccero. "A maggior ragione una strage".
Una catena di eventi che cade effettivamente proprio mentre i colloqui russo-ucraini stavano conducendo ad una potenziale fine delle ostilità.
Il 29 marzo si era svolto un round di negoziati tra Mosca e Kiev presso il Palazzo Dolmabahce di Istanbul, nel quale la Russia aveva ricevuto proposte scritte dall'Ucraina rispetto alla questione chiave dello status neutrale e non nucleare dell’Ucraina.
Lo stesso assistente del presidente della Federazione russa Vladimir Medinsky aveva salutato positivamente questa apertura che segnava la strada ad una vera trattativa in grado potenzialmente di fermare il conflitto.
Pochi giorni dopo veniva bombardato un deposito di carburante nella città russa di Belgorod; hanno fatto il loro battesimo in Ucraina i nuovi missili a guida laser Starstreak, inviati dalla Gran Bretagna, che abbattevano l’elicottero russo nella regione di Lugansk; l’amministrazione Biden ha iniziato a lavorare con gli alleati in Europa per inviare carri armati di fabbricazione sovietica in Ucraina, ed ecco ora una strage che ha ulteriormente chiuso la possibilità di una soluzione diplomatica nel breve termine.
Mentre tutti i media occidentali hanno già emesso la sentenza di colpevolezza nei confronti del folle sadismo di Putin e dell’esercito russo, è lo stesso Pentagono, stando alle dichiarazioni di un alto funzionario della difesa citate dalla giornalista Katelin Doornbos, ad annunciare l’impossibilità di confermare in modo indipendente le informazioni sugli eventi nella città ucraina.
Il Pentagono ha indicato chiaramente che "le immagini provenienti da Bucha richiedono ulteriori studi"; studi che dovremo attendere con distanza critica, molto lontana dal trascinamento emotivo alla guerra totale a cui queste immagini debitamente commentate ci stanno conducendo.
Vi sono altri elementi contrastanti che gettano non poche perplessità sulla vicenda: curioso il fatto che la città fosse stata liberata 4 giorni prima della divulgazione dei filmati; ne ha dato annuncio lo stesso sindaco di Bucha, Anatoly Fedoruk, che si è detto trionfale il 31 del fatto che in città non vi fossero militari russi. Non si era fatta menzione nel suo messaggio di cittadini colpiti con le mani legate per strada.
Come indicato dal Ministero della Difesa russo, l'esercito russo aveva lasciato la città il 30 marzo e le prove dei crimini a Bucha sono apparse solo il quarto giorno dopo la loro partenza, quando ufficiali della SBU e rappresentanti della televisione ucraina sono arrivati nella città.
Freccero analizza anche altri dati: "C'è un filmato che annulla tutti i filmati della strage. Una macchina percorre la strada ricoperta di cadaveri e poco dopo, nello specchietto retrovisore, un cadavere si alza in piedi credendo di essere ormai fuori dal campo visivo”.
Non sarebbe la prima volta che l’occidente fabbrica artatamente prove di presunti eccidi in grado di alimentare la macchina di propaganda per l’opinione pubblica:
lo ha fatto in Libia nel 2011, dove le tombe di un normale cimitero sulla spiaggia risalenti all’anno prima erano diventate le fosse comuni dei massacri compiuti da Gheddafi. Si erano evocati stupri, torture, una sequela di crimini che hanno dato avvio alla tristemente nota operazione Odissey Dawn, smentiti poi in seguito dalle organizzazioni internazionali Human Rights Watch e Amnesty International. È accaduto lo stesso per la guerra in Serbia nel 1999 con gli orrori della fossa di Racak: 44 civili inermi albanesi, della cui esecuzione furono subito additati i serbi e lo stesso Milosevic, allora presidente della federazione Jugoslava. Persino il Centro di intelligence americano Stratfor pubblicò un dossier in cui mise in dubbio l’esistenza di fosse comuni del Kosovo ed evidenziò come le stime ufficiali fossero viziate dalla metodologia utilizzata dagli enti governativi e da altri osservatori. Per l’Iraq bastò la famosa fiala agitata da Colin Powell al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Non è la prima volta dunque che la forza propagandistica delle immagini ha dettato le scelte politiche ostacolando una razionale lettura dei fatti. Questa volta almeno, dovremo fermarci a indagini più approfondite prima di alzare le fiamme su una possibile terza guerra mondiale.
Foto: it.depositphotos.com
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