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Nel mentre sui social il Consolato ucraino a Milano apre le porte ad “aspiranti legionari”. Ma poi cancella il post

L’Italia, con il decreto legge varato lo scorso 28 febbraio, ha autorizzato la cessione di mezzi, missili, mortai, bombe, mitragliatrici, equipaggiamenti militari all’Ucraina e in particolare alle autorità governative ucraine. “Una scelta senza precedenti”, l’aveva descritta il premier Mario Draghi in aula al Senato. A poco sono servite le opposizioni di alcuni parlamentari, come i membri di Alternativa, il Parlamento ha detto sì all’invio di armi.
La fornitura di approvvigionamenti militari ad un Paese in guerra però non è teoricamente giustificabile dal diritto internazionale, come osserva in un articolo il blog byoblu.com: gli articoli 3 e 4 del Trattato Nord Atlantico, citati dal decreto legge come giustificazione, non coprono infatti Paesi al di fuori dell’Alleanza, come appunto l’Ucraina. Ma il governo è comunque riuscito ad evitare questo ostacolo normativo facendo arrivare armamenti nei Paesi confinanti all’Ucraina, in particolare Romania e Polonia. Tuttavia la destinazione ultima di queste armi non è affatto certa. Non è dato sapere chi, in ultima battuta, le impugnerà e adopererà per scopi politici che, non è da escludere, siano persino contrari ai presupposti per i quali sono state inviate. Su chi Palazzo Chigi e il ministero della Difesa facciano affidamento per la consegna di armi non è dato sapere dato che ufficialmente, ad oggi, i contingenti NATO non sono autorizzati ad entrare in territorio ucraino. L’unica risposta plausibile è che queste armi finiscano ai cosiddetti “contractors”, come vengono definiti negli Stati Uniti. In pratica mercenari al soldo di aziende private aventi ingerenze governative e interessi geopolitici. I contractors, il cui termine deriva da Private Security Contractors o Cmp Campagna militare privata, rappresentano ormai una presenza costante nei conflitti internazionali e in Ucraina non sono da meno. Allo stesso modo, anche gli altri Paesi Ue, come l’Italia, potrebbero essersi appoggiati a questa soluzione, ma nulla è certo perché sull’argomento permane il massimo riserbo. L’altra ipotesi è che vengano coinvolte aziende ucraine per rendere più semplice il passaggio di armi oltre frontiera. Ma in questo modo il pericolo è che queste armi vengano poi maneggiate da soggetti con scarse capacità militari, come i civili che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha chiamato a raccolta per difendere il paese dall’avanzata russa.
È ormai noto infatti che il Presidente Zelensky abbia autorizzato la distribuzione di materiale bellico anche per i civili. Non solo. I richiami alle armi sarebbero arrivati anche dall’Italia, in particolare dal Consolato generale dell’Ucraina a Milano che avrebbe fatto sapere di “aver aperto le porte agli aspiranti legionari” che vogliano unirsi alla “Legione Straniera della Difesa Territoriale dell’Ucraina”. Nel comunicato vengono pubblicati i riferimenti a cui far pervenire le richieste per un primo colloquio, la presentazione di un documento di identità e di un passaporto valido e perfino “eventuali documenti comprovanti l’esperienza nel servizio militare/servizio delle forze dell’ordine/partecipazione a conflitti armati” che si ritiene “siano importanti ai fini del colloquio”. Si cercano volontari non mercenari, viene precisato dal Consolato, come riporta il sito farodiroma.it. Il comunicato, ad ogni modo, oggi non si trova più. Era infatti contenuto in un post del 28 febbraio della pagina Facebook del Consolato che però è stato improvvisamente cancellato quattro giorni dopo la sua pubblicazione per non creare inconvenienti legali. Al suo posto, il 2 marzo, è apparso un nuovo post con il quale però si informano i lettori sulle modalità per partecipare alla raccolta fondi destinata alle forze militari.

Fonte: byoblu.com

Foto:
it.depositphotos.com

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