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Stragi di Mafia, segreti e complicità ricostruite nel nuovo libro di Salvo Palazzolo

Scrive tanto, dal carcere, Giuseppe Graviano. Non solo alla ministra della Giustizia Marta Cartabia o alla ex ministra della Salute Beatrice Lorenzin, ma anche ai parenti. In particolare a quel suo cugino, Salvatore, tirato in ballo ripetutamente durante il processo 'Ndrangheta stragista in quanto, assieme a lui, avrebbe portato avanti gli affari del nonno, Filippo Quartararo, compresi un investimento che avrebbe operato con l'allora imprenditore Silvio Berlusconi. 
Al di là di questi aspetti, che sono oggetti di approfondimento da parte della Procura di Firenze, che indaga sui mandanti esterni delle stragi del 1993, ci sono anche altri spunti interessanti che vengono dalle lettere di Graviano al cugino. 
Lettere che sono state inserite nell'ultimo libro inchiesta di Salvo Palazzolo, giornalista di La Repubblica, dal titolo "I fratelli Graviano - stragi di Mafia, segreti, complicità" (edito da Laterza). 
E non mancano dei veri e propri "messaggi in codice" contenuti, secondo gli inquirenti, in strane barzellette.
Alcuni esempi: "Dice il maestro: 'Oggi coniughiamo i verbi. Io mangio, tu mangi, egli mangia, noi mangiamo, voi mangiate, essi mangiano. Pierino, ripeti ciò che ho detto'. 'Mangiano tutti'". Un'altra. "Due amici in auto: 'Attento, c'è scritto curva pericolosa'. 'Appunto, per questo sto andando dritto'".
In quei riferimenti, spiega Palazzolo che ha potuto accedere a documenti giudiziari riservati e inediti, vi sarebbero le indicazioni per fare investimenti o recuperare soldi.
Quella dei Graviano è la storia di una famiglia che racchiude i misteri più profondi di Cosa nostra: dagli investimenti al Nord nei primi anni Settanta alle bombe del 1992-1993, alle relazioni con esponenti della nascente Forza Italia. 
Nel libro vengono svelate anche quelle che potrebbero essere alcune bugie di Graviano agli inquirenti, a cui ha sempre detto che gli investimenti al nord venissero dal nonno materno. Invece potrebbe essere coinvolto anche il padre. Ecco un'altra strana barzelletta di Giuseppe Graviano: "Al ristorante un uomo dopo aver visto il conto: 'Cameriere, ma si rende conto. Un piatto di spaghetti e un'insalata: 120 mila lire. Mi faccia almeno uno sconto'. ''No, noi non facciamo sconti''. 'Ma come a un collega?'. 'Perché lei fa il ristoratore?'. 'No, il ladro'". Che messaggio voleva affidare il boss al cugino, curatore degli affari di famiglia?
Nelle lettere dal carcere dei boss Giuseppe e Filippo Graviano, che risalgono al 1996, c'è anche un altro dei segreti più grandi di famiglia: la nascita dei loro figli, concepiti durante la detenzione. "Avete regalato a mia moglie il vaso con i bulbi?", scriveva Giuseppe alla madre e alla sorella Nunzia. E loro rispondevano: "Ci stiamo pensando perché i fiorai li sconoscono e ci devono dare una risposta, ma non preoccuparti che al più presto il vaso con i bulbi lo avrà tua moglie". 
L'ipotesi che il giornalista inserisce nel libro è quella che i due fratelli possano essere riusciti a "fare uscire una provetta dal carcere. Attraverso un insospettabile complice, che potrebbe essere un prete". L'elemento si coglie in altre lettere svelate dal libro. Madre e sorella chiedevano infatti con insistenza se il sacerdote fosse venuto a celebrare messa. Giuseppe rispondeva: "Domenica scorsa, ho fatto la comunione e ho ascoltato la santa messa". 
Altro punto affrontato è proprio quello dei misteri. 
Sono tanti quelli conservati dai due boss di Brancaccio. Alcune indicazioni vengono dalle dichiarazioni di "Madre natura" (così lo chiamavano Giuseppe Graviano i suoi sodali) nel processo 'Ndrangheta stragista, ma anche dai riferimenti che collaboratori di giustizia fanno sul suo conto (si pensi a Brusca che lo indica, assieme a Messina Denaro, come uno dei depositari dei segreti di Riina).
Sono loro i "due picciotti che sanno tutto".
Uno è agli arresti. L'altro è latitante. Insieme costituivano la "Super Cosa" voluta da Riina per lanciare la stagione delle stragi. In un'altra lettera al cugino Salvo, Giuseppe Graviano scriveva: "In questo mondo, Gesù ci ha dato il corpo per servire, perciò vivere 10 anni, 30 anni, o 100 anni non cambia niente, siamo di passaggio, l'importante è vivere in rettitudine per presentarsi davanti a Dio con l'anima pura". Dieci, 30, 100. "Scritte dal padrino delle stragi sembrano rate da riscuotere - dice Palazzolo - Ma in questo caso, sta dicendo, non gli interessano. Invoca piuttosto l'importanza di 'vivere in rettitudine per presentarsi a Dio con l'anima pura'. Che sembra solo una minaccia da fare a qualcuno che non ha rispettato i patti. Sono davvero tanti i segreti dei Graviano, è importante che restino al 41 bis".

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