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Nino Di Matteo, Sebastiano Ardita e Stefano Cavanna contrari

Il Csm ha deciso di archiviare definitivamente il caso del pm Filippo Santangelo, trasferito dalla procura di Forlì al Tribunale per i minorenni presso la Procura di Bologna per via, come si legge nel documento, di “una situazione idonea ad incidere sull’indipendenza ed imparzialità nello svolgimento delle sue funzioni di pubblico ministero”. Nello specifico avrebbe, secondo quanto aveva riportato in seduta plenaria il consigliere togato Nino Di Matteo lo scorso dicembre, interloquito fino ad un certo periodo sia “con il dott Luca Palamara” per chiedergli di continuo consigli e informazioni per i conferimenti di incarichi direttivi e semi direttivi che gli interessavano e sia con “l’imprenditore Gianluca Pini al quale chiedeva e intanto otteneva” incontri “con altri esponenti politici tra i quali l’onorevole Ferri” sempre per la sponsorizzazione di incarichi direttivi e semi-direttivi.
A parte i togati Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita assieme al laico Stefano Cavanna che hanno votato contro, il resto del plenum si è detto favorevole alla proposta di archiviazione (11 a favore e 6 astenuti) ignorando il grave profilo di incompatibilità funzionale relativo al pm Santangelo.
Palazzo dei Marescialli infatti, partendo della relatrice della delibera, Paola Maria Braggion, è stato dell’idea che i profili di incompatibilità ambientale e funzionale dipendevano esclusivamente dall’ufficio nel quale Santagelo operava.
Tuttavia per Di Matteo l’incompatibilità funzionale non è venuta meno con il trasferimento del pm: “Per me questo trasferimento in prevenzione non elimina quello che è un evidente profilo di incompatibilità funzionale” ha detto il consigliere togato ricordando che Filippo Santangelo è un pubblico ministero che si era rivolto all’ex parlamentare della Lega Gianluca Pini per ottenere questi vantaggi indebiti” e “contatti con esponenti politici e con esponenti del consiglio superiore della magistratura”. Pini inoltre, ha sottolineato Di Matteo era anche stato indagato da Santangelo “nel procedimento 426/2012 modello 21 per il reato di cui all’articolo 346 del codice penale, definito con sentenza di ‘non doversi procedere per prescrizione’ dalla Corte d'Appello”. “Quindi - ha detto Di Matteo - il dottor. Santangelo aveva chiesto e ottenuto anche la condanna del dottor. Pini perfino in un giudizio dibattimentale”.
Per me questo trasferimento in prevenzione non doveva essere autorizzato (infatti Di Matteo aveva votato contro nel plenum del dicembre 2021, ndr) e quindi oggi io voto in maniera contraria rispetto alla archiviazione della pratica già aperta in prima commissione nei confronti del dottor. Santangelo facendo anche notare che lo stesso canale (quello del dottor. Pini ex politico)” avevano cercato di sfruttarlo anche altri colleghi al fine di “ottenere incontri e appuntamenti anche con esponenti politici di rilievo. Non è un contesto da sottovalutare, e non lo è ancor di più perché la vicenda del dottor. Santangelo ha riguardato anche questa consiliatura e il tentativo di influire sulle scelte di questa consiliatura”.
Inoltre secondo Di Matteo il consiglio poteva tenere aperta la pratica senza ricorrere all’archiviazione e continuare a “valutare invece quella ipotesi che era stata formulata dalla commissione nonostante sia intervenuto il trasferimento in prevenzione”. “Santangelo ha cambiato uffici - ha concluso Di Matteo - ma non ha cambiato funzione, sta svolgendo le attività di pubblico ministero. Io voterò contro per questo motivo perché ritengo che archiviando definitivamente questa pratica il consiglio abbia rinunciato a pronunciarsi sulla incompatibilità funzionale che invece a mio avviso sussiste”.
Il trasferimento del pm è stato definito “un errore” anche dal consigliere Cascini e dal consigliere Marra, il quale ha riferito che “molti colleghi dell’Emilia Romagna hanno letto questo trasferimento con molta perplessità”.


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L'ex procuratore capo di Firenze, Giuseppe Creazzo


Creazzo lascia la procura Firenze, Csm accoglie la richiesta di trasferimento
Giuseppe Creazzo
, il procuratore della repubblica di Firenze che ha chiesto il rinvio a giudizio per Matteo Renzi nell'ambito della vicenda Open e che è stato con gli altri pm titolari dell'inchiesta denunciato dal senatore di Italia Viva, lascia la guida della procura di Firenze per trasferirsi, come da sua richiesta, alla procura per i minorenni di Reggio Calabria con le funzioni di sostituto procuratore. Il Csm riunito in seduta plenaria ha accolto la richiesta anche in considerazione del fatto che l’incarico di Creazzo sarebbe scaduto a giugno. Il tempo, inoltre, che rimane al magistrato sino alla pensione (compirà 70 anni nel 2025), non gli consente più di concorrere per altri incarichi direttivi visto che bisogna assicurare una permanenza di almeno 4 anni. A maggio dell'anno scorso, dopo che era stata resa nota la vicenda disciplinare, Creazzo aveva annunciato che aveva chiesto al Csm di andare in pensione in anticipo. A Reggio Calabria Creazzo è stato sostituto alla procura e poi giudice al tribunale e in seguito consigliere alla Corte d'appello. Dal 2009 e sino al 2014, quando è stato nominato procuratore di Firenze, ha guidato la procura di Palmi. E negli anni in cui è stato in servizio in Calabria si è occupato di processi importanti: è stato pm nei processi per gli omicidi dei magistrati Antonino Scopelliti e Cesare Terranova e di Francesco Fortugno, il vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, ucciso a Locri nel seggio allestito per le Primarie dell'Ulivo.


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Il neo procuratore generale di Cagliari, Luigi Patronaggio


Luigi Patronaggio è stato nominato Procuratore Generale di Cagliari
Ieri a larga maggioranza il plenum del Csm ha nominato procuratore generale di Cagliari Luigi Patronaggio, il pm che ha messo sotto accusa Matteo Salvini, contestandogli il sequestro di persona e l'omissione di atti d'ufficio per aver impedito, in due distinte occasioni, lo sbarco dei migranti a bordo della Nave Diciotti e della nave di Open Arms, nell'ambito di due processi poi trasferiti al Tribunale dei ministri di Palermo, di cui uno e' ancora aperto. Patronaggio ha ottenuto 19 voti, contro i 2 andati a Lucia Musti, sostituto procuratore generale a Bologna. Attualmente procuratore di Agrigento e in passato di Mistretta, Patronaggio ha lavorato anche a Palermo, dove dal 1992 al 1997 ha fatto parte della Direzione distrettuale antimafia. In quegli anni ha partecipato alle indagini sull'omicidio di Padre Giuseppe Puglisi, richiedendo e ottenendo ordini di custodia cautelare nei confronti dei mandanti e degli esecutori materiali dell'omicidio successivamente condannati con sentenza definitiva. E ha contribuito alla cattura dei più pericolosi latitanti, fra cui Salvatore Riina, Salvatore Biondino, Leoluca Bagarella, Giuseppe e Filippo Graviano , Salvatore Grigoli e Gaspare Spatuzza. Inoltre come ricordato dal consigliere togato Nino Di Matteonella sua veste di giudice ha presieduto i due maxi processi che si sono svolti ad Agrigento. Maxi processi di complessità particolare perché non hanno riguardato soltanto numerosissimi episodi di omicidi e anche qualche strage e numerosissimi imputati e fatti di reato”. Tra questi Di Matteo ha ricordato “il processo Alba Filippo + 53, il primo maxi processo di Agrigento denominato Akragas, ed è stato il coestensore di una sentenza di 1500 pagine che segnano la storia oltre che” a fotografare all’epoca la situazione della “mafia agrigentina”.  “Inoltre è stato anche presidente di un’altra Corte di Assise di Agrigento che ha celebrato un altro processo” il cosiddetto “Aletto Croce + 77” la cui sentenza costituisce ancora un importante “punto di riferimento giurisprudenziale per la ricostruzione delle principali vicende degli assetti di Cosa Nostra nell’agrigentino. La sentenza è stata pressoché interamente confermata nei gradi di giudizio e in sede di legittimità”.
“Quanto all’esperienza di inquirente e requirente. Il dottor. Patronaggio a Palermo si è occupato in primo grado
” di tutta l’indagine “cosiddetta ‘Mafia e Appalti’ dal ’93 in poi che ha portato diciamo a disvelare una rete di gestione illecita degli appalti pubblici, con il patto del cosiddetto ‘tavolino’ al quale sedevano contemporaneamente elementi di vertice di Cosa Nostra, esponenti politici ed esponenti di grandi imprese siciliane e non”. “Si è occupato di numerosissimi e delicati processi sia in fase di indagine sia in fase dibattimentale a carico dei maggiori esponenti di Cosa Nostra” e “in procura generale a Palermo si è occupato, come rappresentante del pubblico ministero in secondo grado, sostanzialmente di tutti i processi che in primo grado avevamo istruito” sopratutto “con particolare riferimento ai rapporti esterni a Cosa Nostra con il mondo del potere”. E poi ancora: “ha rappresentato la procura generale - l’ufficio del pubblico ministero - in secondo grado nel dibattimento nei confronti dell’ex senatore della Repubblica Dell’Utri; ha rappresentato in un altro processo l’accusa nei confronti del già presidente della Regione Siciliana Cuffaro; ha rappresentato la pubblica accusa nel processo in Appello per il sequestro e l’omicidio del noto giornalista Mauro De Mauro e l’accusa nei confronti di alti ufficiali del Ros, ai quali avevamo contestato il favoreggiamento aggravato per la protrazione per la latitanza di Bernardo Provenzano. Tutti i processi che hanno comportato l’approfondimento di fatti complessi”.

Foto © Imagoeconomica

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