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Rabbia e dolore in Messico e nel mondo intero per il suo assassinio

L’impietosa notizia non ci fa tacere, al contrario ci spinge alla ferma denuncia di questo nuovo episodio di violenza contro il giornalismo messicano, e contro la vita della collega Michelle Pérez Tadeo, alias Michelle Simón. Sarebbe la settima vittima della criminalità organizzata dall’inizio dell’anno in Messico: una notizia inquietante, drammatica.
Michelle Simón, non era una articolista, era una conduttrice televisiva e modella di 29 anni ed è stata trovata morta questo martedì nella zona sud della capitale, Città del Messico, secondo quanto hanno riferito le autorità. Si ipotizza si sia trattato di un femminicidio e che la sua professione abbia sicuramente influito.
La giovane giornalista risultava scomparsa da venerdì scorso. Al momento del ritrovamento il suo corpo era avvolto nelle lenzuola, sul ciglio di una strada. È stato trovato da lavoratori impegnati nello spegnimento di un incendio forestale sulla strada Pichaco-Ajusco.
Al momento non ci sono informazioni ufficiali della Polizia né della Procura, solo ufficiose da parte di alcuni organi di informazione che hanno riferito che il corpo presentava multipli colpi - si presume con oggetti contundenti - ma non si scarta che sia stata strangolata. Non è ancora stato definito il movente dell’attacco. Si ipotizza si tratti di un episodio di violenza di genere, ma non ci sono dubbi che la sua condizione di giornalista e conduttrice abbia influito nel fatto di sangue, perché gli autori di un crimine di questa natura possono essere solo sicari o elementi del crimine, già sia per iniziativa propria o perché la professione della vittima rappresenti per loro un ostacolo.
I principali sospetti, contro il giornalismo messicano e mondiale, sono ovviamente i gruppi del crimine organizzato padroni del narcotraffico che, con la collaborazione di funzionari di Polizia corrotti, commissionano incarichi di questo tenore, ai capi mafiosi consapevoli che il giornalismo è un'enorme pietra nella scarpa che bisogna estirpare di radice, affinché non li danneggi nelle loro attività. E così che la pensano e agiscono di conseguenza. Per questo motivo continua ad aumentare l'elenco di giornalisti assassinati in quel paese.
Lo dico onestamente, sinceramente; non so se è pura ipocrisia, pura diplomazia, o pura verità, quel che è certo è che il sottosegretario degli Stati Uniti Anthony Blinken - secondo quanto riferito da agenzie internazionali - avrebbe detto in twitter in riferimento al fatto criminale: “Mi unisco a coloro che chiedono maggiore responsabilità e chi chiedono maggiore responsabilità e protezione per i giornalisti messicani. Il mio cuore è con i cari di coloro che hanno dato la vita per la verità”.
Parole e riflessioni di questo tenore arrivano sempre dopo che accadono i fatti, e per questo servono a ben poco. Non posso impedirle, ma mi posso permettere di crederci o meno, soprattutto considerando in che momento vengono pronunciate e da quale fonte. Ad ogni modo, senza essere estremi, diamo spazio a queste espressioni, per assumere che la situazione è realmente desolante carica di una tale drammaticità difficile oramai da definire per la tragedia in sé stessa, diventata un fatto naturale, che mi sconvolge profondamente.
Sta diventando un fatto naturale la morte di giornalisti in alcuni paesi, e il Messico è in testa a questo ranking del terrore. Del terrorismo di Stato, in definitiva, perché la sua inerzia lo rende complice, per essere più precisi, che piaccia o meno al lettore.
Ci resta dentro solo rabbia e dolore di fronte a questi fatti, rabbia e dolore, e resistenza e denuncia. Pura denuncia, richiamando le autorità affinché frenino queste morti, e fare luce sulle stesse. Per spezzare alla radice le impunità nella quale si cullano, pubblicamente, a livello locale ed internazionale. 
Rabbia e dolore, per te cara Michelle Simón, dalla nostra redazione di ANTIMAFIADosmil di Montevideo, Uruguay.

Foto di copertina: Billy Parker Noticias/Las Protagonistas

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