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Dalla separazione delle carriere alla responsabilità civile

Oggi la Corte Costituzionale è chiamata a valutare l'ammissibilità dei quesiti referendari proposti dalla Lega e dal Partito Radicale. A parte quelli che riguardano l'eutanasia e la cannabis, tutti gli altri, sembrano nascondere un fortissimo senso di rivalsa di una certa politica nei confronti della magistratura.
Sul piatto c'è la possibilità di esprimersi sul sistema elettorale del Csm, la responsabilità civile ed equa valutazione dei magistrati, la separazione delle carriere, i limiti alla custodia cautelare, e l'abolizione della legge Severino in materia di incandidabilità.
Una sorta di "resa dei conti" che in parte era stata già avviata con la riforma della giustizia firmata Marta Cartabia, ma che assume contorni pericolosi laddove l'obiettivo, non dichiarato ma consequenziale, è quello di colpire la magistratura limitandone l'autonomia e l'indipendenza.
La prima domanda a cui rispondere è semplice: i quesiti proposti sono compatibili coi principi costituzionali?
Al di là delle idee personali sulla coltivazione della cannabis il quesito, sul piano della legittimità costituzionale, non presenta punti critici anche se si può discutere se effettivamente si possano fare distinzioni tra droghe leggere o pesanti.
Nello specifico si eliminerebbe il reato di coltivazione della cannabis (pur mantenendo dunque le pene per lo spaccio, il trasporto, l’esportazione, eccetera). Al contempo si chiede di eliminare la sospensione e il ritiro della patente di guida per chi coltiva (ma non per chi si mette alla guida sotto l’uso di cannabis).
Anche il quesito sull'eutanasia, promosso dall’Associazione Luca Coscioni, con una raccolta di oltre 1,2 milioni di firme, potrebbe anche essere convalidato, ma vista la delicatezza dell'argomento in questione, di cui si è a lungo dibattuto con casi come Piergiorgio Welby, Eluana Englaro o Dj Fabo, forse sarebbe stato opportuno che la politica sapesse andare oltre al semplice interrogativo "Sì o No", dibattendo dentro il Parlamento al fine di raggiungere una legge ponderata.

La questione giustizia
Ma veniamo ai nodi più forti che riguardano la giustizia.
Il primo punto critico è quello della Responsabilità civile diretta dei magistrati. Da tempo il messaggio che si vuole far passare ai cittadini è che il magistrato, nell'esercizio dell'azione penale, agisca con pregiudizio.
Lega e Radicali, promuovendo il quesito, sostengono che chi si sente vittima di una ingiustizia in sede processuale o di indagine abbia il diritto di rifarsi direttamente con il giudice.
Si dimentica però che già oggi chi subisce un torto è tutelato. Si possono infatti chiedere i danni allo Stato, che a sua volta ha tutti gli strumenti per punire il magistrato che si è comportato in maniera impropria.
Con questo referendum si rischia di far saltare la mediazione dello Stato con un pericolo altissimo nei confronti dell’autonomia del magistrato, che saprebbe di essere esposto al rischio di denuncia e potrebbe essere condizionato nel suo lavoro.
Chi potrà avere il coraggio di procedere nei confronti di potenti e facoltosi che, proprio in virtù delle proprie grandi possibilità, potrebbero trascinare i giudici in contenziosi eterni?


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Il ministro della Giustizia, Marta Cartabia


Discutibile è anche l'idea della "pagella ai magistrati". Attualmente è il Csm a valutare l'operato, anche sulla base dei giudizi dei Consigli giudiziari, ovvero organismi territoriali nei quali però, ai fini della “pagella”, hanno voce solo i componenti della magistratura.
L'idea è quella di allargare il compito delle valutazioni anche ad avvocati e docenti universitari, i cosiddetti laici.
Balza all'occhio una criticità immediata che anche l'Anm ha sottolineato le scorse settimane: un avvocato si potrebbe trovare di fronte, in aula, il giudice del quale potrebbe poi influenzare, col suo voto, un eventuale avanzamento di carriera.
E ancora una volta ad essere colpito è il magistrato che non potrebbe più essere né sereno né veramente super partes, nella conduzione del processo.

Altro quesito critico è quello sulla separazione delle carriere. Parliamo di un tema storico, dibattuto anche ai tempi di Falcone e Borsellino. Nel 2000 la Corte corresse il titolo del referendum: da "separazione delle carriere" a "separazione delle funzioni". Ma il referendum fallì lo stesso perché non fu raggiunto il quorum minimo di partecipazione. Al momento la legge consente ai magistrati di lavorare per un periodo come pubblici ministeri e poi come giudici (o viceversa), senza vincoli di tempo. Il quesito proposto mira invece a mettere uno steccato tra le due carriere, creando “un sano e fisiologico antagonismo tra poteri, vero presidio di efficienza e di equilibrio del sistema democratico”. A parte l’assurdità del merito, va ricordato che l’“ordine giudiziario”, unico fra pm e giudici, è sancito dalla Costituzione. E la Costituzione non può essere cambiata con referendum abrogativi, ma con un'eventuale riforma costituzionale.
Per comprendere quanto è complesso il tutto si dovrebbe provare a leggere il testo del quesito, lungo due pagine scritte in maniera fitta, che travalica il criterio di "chiarezza" che si prevede quando si fanno i referendum.
Non presenta criteri di incostituzioanlità il quesito che riguarda il Csm per la la cancellazione dell'obbligo di 25 firme di magistrati per proporre una candidatura.
Lo stesso non si può dire di quello che vorrebbe eliminare la legge Severino, ovvero quella che sancisce la sospensione per i sindaci condannati in primo grado per certi reati e stabilisce l’incandidabilità (anche in Parlamento) per i condannati in via definitiva.
Eliminare la Severino significa andare contro l'art.54 della Costituzione per cui “i cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore”.
Infine c'è il tema della custodia cautelare. L'obiettivo dichiarato è quello di limitare i casi in cui è possibile disporre la custodia cautelare, cioè la detenzione di un indagato o imputato prima della sentenza definitiva.
Rimarrebbe comunque possibile arrestare una persona prima che sia riconosciuta colpevole nei casi di rischio di fuga o inquinamento della prova e rischio di commettere un reato di particolare gravità "con uso di armi o altri mezzi di violenza personale". Fermo restando che la norma non riguarderebbe i reati di mafia e terrorismo, è evidente il disastro. Infatti rientrano nel disegno "tutti i delitti puniti con pene sopra i 5 anni”. Così ladri, scippatori, bancarottieri, evasori, frodatori, corrotti, corruttori, concussori, truffatori, stalker verrebbero fermati e subito scarcerati dopo 48 ore. Un vero e proprio delirio.


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Il Presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato


Gli obiettivi della P2
Delirio che si rende ancor più manifesto se si pensa che molti argomenti portati con il referendum erano inseriti all'interno del Piano di Rinascita 2, di Licio Gelli.
Al quinto punto si parlava della magistratura “che deve essere ricondotta alla funzione di garante della corretta e scrupolosa applicazione delle leggi”.
Un obiettivo da raggiungere con una serie di riforme, tra cui, per l’appunto, “la responsabilità civile (per colpa) dei magistrati; il divieto di nominare sulla stampa i magistrati comunque investiti di procedimenti giudiziari; la normativa per l’accesso in carriera (esami psico-attitudinali preliminari); la modifica delle norme in tema di facoltà di libertà provvisoria in presenza dei reati di eversione - anche tentata - nei confronti dello Stato e della Costituzione, nonché di violazione delle norme sull’ordine pubblico, di rapina a mano armata, di sequestro di persona e di violenza in generale”.
Tra gli aspetti previsti anche la volontà di togliere l’autonomia al Csm (“Riforma del Consiglio superiore della magistratura che deve essere responsabile verso il Parlamento”) o ancora il concetto per cui, sempre nell'ottica della separazione delle carriere: “Riforma dell’ordinamento giudiziario per ristabilire criteri di selezione per merito delle promozioni dei magistrati, imporre limiti di età per le funzioni di accusa, separare le carriere requirente e giudicante, ridurre a giudicante la funzione pretorile”.
Il Presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, nei giorni scorsi, con un tweet ha affermato che "i referendum sono una cosa molto seria e perciò bisogna evitare di cercare ad ogni costo il pelo nell’uovo per buttarli nel cestino”.
La speranza è che si ricordi della Costituzione, anziché delle logiche di partito che lo avevano visto protagonista come ex vicesegretario del Psi, ex Presidente del Consiglio ed ex ministro.

In foto di copertina: seduta della Corte Costituzionale uno scatto d'archivio

© Imagoeconomica

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