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Matteo Grutta: “Scortai Falcone alla Caserma Lungaro. Ho ricordo vago che si incontrò con Agostino”

L’attività del Commissariato San Lorenzo, il rapporto di collaborazione con l'estremista nero Alberto Volo e il rapporto tra Giovanni Falcone e il poliziotto Nino Agostino. Sono questi i temi attorno ai quali si è a lungo dibattuto durante l’udienza celebratasi lo scorso venerdì 11 febbraio davanti alla Corte d'Assise di Palermo, presieduta da Sergio Gulotta, nell'ambito del processo sul duplice omicidio Agostino-Castelluccio che vede imputati il boss Gaetano Scotto, accusato, appunto, di duplice omicidio aggravato in concorso e Francesco Paolo Rizzuto, accusato di favoreggiamento. Ad essere chiamati a testimoniare sono stati Di Simone Perricone, Elia, Grutta e Tavolacci.

Primo tra questi a sedere dinnanzi alla Corte è stato Francesco Elia, uomo di fiducia dell’ex dirigente del Commissariato San Lorenzo Elio Antinoro. Ha confermato di aver conosciuto l’agente Agostino nel Commissariato San Lorenzo e che erano colleghi di divisa anche se “lui faceva la volante e io la giudiziaria”. Ha detto di non sapere nulla dei rapporti fra Nino Agostino ed il maresciallo Mannino del quale, però, ha sottolineato che trattasi di “un super poliziotto che si metteva contro i mafiosi senza nessun timore o problema” e che “tutto ciò che hanno detto gli altri non mi interessa, perché mi interessa ciò che ho visto”. Ai pm conferma anche di aver parlato, al tempo, delle possibili motivazioni dell’omicidio Agostino con alcuni colleghi: “Inizialmente si disse che era stato fidanzato con una ragazza che apparteneva ad una famiglia mafiosa e quindi si indrizzò un discorso su questo. Poi si disse che fuori servizio facesse di tutto e di più… (Nino Agostino, ndr) Si diceva che stesse indagando su qualcuno”. E ancora: “Tra le possibili causali dell’omicidio di Agostino tra i miei colleghi si diceva anche che potesse essere per una ricerca di qualche latitante. Nell’immediatezza del fatto si è parlato che l’agente Agostino potesse fare ricerca di latitanti. Si diceva che fuori dal servizio faceva ricerca di latitanti”.

Alberto Volo: più che un confidente
Altro tema cardine attorno al quale è ruotata l’udienza è stata la figura di Alberto Volo ed il legame che lo stesso avesse instaurato con Elia Francesco. Una lunga carriera quella di Elia, entrato in Polizia nel 1978 prestando servizio prima a Milano nel reparto Celere poi al secondo nucleo territoriale, successivamente aggregato alla Digos (intorno al '79), trasferito a Palermo nell’82 e poi nel '93 entrato nei servizi di sicurezza. Infine, il rientro in Polizia.
Tramite il dottor Antinoro ho conosciuto Volo, che alla fine era un confidente della Polizia giudiziaria e ci ha fatto fare un sacco di operazioni - ha detto l’ex agente Elia -. La moglie del Volo gestiva una scuola privata che frequentavo per attingere informazioni investigative e allo stesso tempo per diplomarmi. L’ho frequentato fino al 1990-’91 poi non ci siamo più visti”. Sempre in merito alla figura dell’'estremista nero, i pm hanno poi chiesto ad Elia se gli risultasse che il Volo rese dichiarazioni a qualche magistrato. “Per sentito dire mi pare che Antinoro lo portò da Falcone. Ma è un dato che non ho mai confermato né chiesto al dottore Falcone. Ho parlato con qualcuno della giudiziaria che mi diceva: ‘Ma sai può essere che Falcone lo sta gestendo…’”.

Francesco Elia e Bruno Contrada
Tra i tanti reparti di cui ha fatto parte Elia c’è anche il servizio di sicurezza dietro al quale vi era il nome dell’ex dirigente del Sisde Bruno Contrada. “Me lo presentò il dottore Salerno che era un mio funzionario - ha detto alla Corte -. Io ero molto addentrato sul discorso mafiosi, cosche e non cosche, e siccome mi vide preparato (Salerno, ndr) mi disse che voleva farmi conoscere una persona per farmi un regalo: forse era proprio entrare nei servizi. Andammo così a Roma a conoscere questa persona in un edificio. Parlammo di cosche ecc. Questa persona era Bruno Contrada. Questo avvenne circa otto mesi prima che io entrassi nei servizi. Mi voleva parlare per vedere se capivo qualcosa di mafia e quando mi sentì parlare (Contrada, ndr) rimase affascinato nel sentire la mia preparazione, soprattutto sul forte Partanna-Mondello”.
E poi: “Contrada sorpreso delle mie conoscenze mi chiese come mai sapevo tutto ciò e io gli dissi che era perché frequentavo la strada. Lui mi disse: ‘Ma perché non entri nei servizi’ e io gli risposi (ero ancora ragazzetto): ‘Mi ci faccia pensare, so che ogni tanto qua ne scompare qualcuno dei servizi. Mi ci faccia pensare’. E così presi una settimana di tempo e lo richiamai per dirgli che se avesse voluto io sarei passato ai servizi. Dopo una settimana, mi recai a Roma e mi assunsero ma non sono mai stato attivo”. Nel mentre ha instaurato un rapporto personale con l’ex membro del Sisde “che è andato avanti tanti anni”.

Matteo Grutta: “La Monica mi disse che Agostino gli risultava vicino ai servizi segreti”
Dopo due veloci testimonianze, quella di Diego Di Simone, colui che per delega della DNA iniziò l’attività investigativa per identificare “Faccia da mostro”, e del sostituto commissario coordinatore Giuseppe Tavolacci che ha confermato quanto riportato nella relazione di servizio redatta quando si recò con un collega da Volo per notificargli la citazione da parte della Procura di Palermo (in cui l’ex estremista nero dice di ricordarsi di Agostino come “uomo di Antinoro” che “ogni tanto mi faceva la scorta”), è stata poi la volta di Grutta Matteo, ultimo testimone dell’udienza.
Oggi in pensione, anche lui ha prestato servizio presso il Commissariato di San Lorenzo ma in tempi più recenti: “Dal 2000 al 2017”, mentre prima - dall’86 sino all’89 - prestò servizio presso l’ufficio scorta di Palermo. Grutta è stato impiegato anche nel servizio di scorta a Giovanni Falcone che almeno una volta “ma forse anche due” ha “accompagnato presso la Caserma Lungaro tra l’87 e l’89 ma non posso essere più preciso”. Ad ogni modo “forse poco prima” del fallito attentato all’Addaura.
Anche Grutta ha accennato ad attività dell’agente Agostino esterne al servizio. Facendo riferimento ad una conversazione intercorsa con l’ispettore Domenico La Monica, infatti, ha detto di avere “chiacchierato della possibilità che il collega Agostino fosse stato ucciso perché potesse far parte dei servizi segreti”. Trattasi di un episodio che “si collegava ad un mio ricordo molto vago o per un chiacchiericcio o per una notizia appresa, comunque priva di fondamento perché non riesco a dare origine al ricordo. Mi convinsi in parte del fatto che Agostino poteva essere un appartenente ai servizi segreti ed essere colui che probabilmente si incontrava con il dottore Falcone. Ma non è un dato certo e non è un dato che ho mai approfondito nel merito”. Inoltre, “La Monica mi disse che gli risultava che Agostino era vicino ai servizi segreti”. Insomma, anche se con ancora poche certezze, il potenziale ruolo nei servizi segreti dell’agente Nino Agostino ed il suo possibile rapporto con Giovanni Falcone sembrano delinearsi sempre di più.
La prossima udienza del processo Agostino è stata fissata per venerdì 18 febbraio: ad essere ascoltato in videoconferenza sarà il collaboratore di giustizia Vito Galatolo.

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