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Grande partecipazione in Uruguay alla mobilitazione contro la violenza sessuale

"Queste azioni non appartengono all’essere umano né al genere maschile". Queste sono state le parole del presidente uruguaiano Luis Lacalle Pou riguardo alla violenza di gruppo subita da una donna di 30 anni la settimana scorsa nel quartiere Cordón di Montevideo. Una frase terribile, scaturita da una mente che si è formata all’insegna del maschilismo e che trascende verso tutto lo Stato. 

È proprio a causa di queste espressioni, e dell’ammissione da parte di una funzionaria giudiziaria delle carenze del sistema nel rispondere adeguatamente ai casi di violazioni come richiesto dalla legge, che migliaia di donne in tutto l'Uruguay hanno deciso di scendere in piazza, stanche di essere rese invisibili, o peggio, oggetto di abuso ogni giorno.

Lo scorso venerdì 28 gennaio, donne, dissidente e femministe si sono date appuntamento per per manifestarsi in tutto il paese. “Ci mobilitiamo contro la cultura della violazione, che bruci!”, esclamavano durante la manifestazione. Alle 18:00 l'Uruguay è dovuto restare in silenzio di fronte ad una moltitudine di persone che hanno alzato la loro voce contro il patriarcato e del suo silenzio complice di fronte alle violazioni. Dubitando sempre della vittima dell’abuso, ritardando le risposte e sottovalutando le responsabilità, atteggiamento che ha stancato migliaia di persone che hanno manifestato rivendicando rispetto stufarono e si manifestarono, reclamando il rispetto alle relazioni consensuali e alla donna come tale.


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Il punto di incontro era in Piazza Indipendencia, in uno degli estremi del viale principale, 18 de Julio, dove si sono radunate migliaia di persone. Previamente, la commissione femminista del Movimento Culturale Our Voice si era ritrovata in quello spazio, di fronte alla Torre Ejecutiva - sede del governo uruguaiano – a un lato della statua del padre della patria uruguaiano, dove visibilmente emozionate, si sono esibite in un intervento artistico che abbracciava ogni persona nel più assoluto silenzio, in vibrante contemplazione ed emozione.

La marcia è iniziata attorno alle 18:40 e la strada gremita di pugni e cartelloni innalzati ha tenuto alta l’attenzione per un paio di ore nel centro della città, vicina a una nuova manifestazione femminista. Arrivati a Piazza Cagancha gruppi di donne e dissidenti hanno improvvisato scene, condiviso letture e denunciato con microfono in mano il maschilismo radicato nello Stato, nella società, nella cultura e nella Giustizia stessa che non protegge debitamente le vittime di abuso. 

"E la colpa non era mia, né di dove mi trovavo, né come vestivo". Un canto che echeggiava più è più volte, come un richiamo insistente e persistente di libertà e di rispetto. Tra altri canti, il fragore di tamburi ha annunciato la lettura accompagnato il momento, e fece simultaneamente largo alla lettura di un proclama comune, letta insieme e tradotta nel linguaggio dei segni. 

Nel proclama denunciavano la "cultura della violazione radicata e naturalizzata come pratica di abuso di potere, di guerra, di colonizzazione, e ancora taciuta sotto quei meccanismi perversi che sostengono i mezzi di comunicazione, la giustizia, la famiglia, la chiesa, i militari, lo Stato”.


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Nella loro forte denuncia contro la cultura della violazione hanno anche espresso che “il consenso è un diritto umano”, concetto che incredibilmente è necessario ricordare.

"L'abuso sessuale e la violazione sono delitti che attentano alla vita delle donne e dissidenti", hanno puntualizzato. 

Hanno rimarcato l'importanza di un'educazione sessuale integrale, sottolineando il ruolo fondamentale che giocano i mezzi di comunicazione, richiamandoli "a rivedere il loro modo di fare e offrire un racconto più onesto e giusto”, al fine di "raccontare la realtà senza violenza verso le vittime e senza nascondere  i fatti”.

“Il linguaggio è un’arma molto potente", hanno segnalato, "che questi utilizzano per riprodurre e perpetuare la cultura della violazione, mettendo sempre in  questione le vittime”.

“Meritiamo un altro modo di informare" che “non ci esponga mentre gli aggressori continuano a essere protetti", hanno detto.

Le parole del presidente uruguaiano Lacalle Pou
Forse il punto più forte delle parole lette, e della mobilitazione stessa, è stato la critica verso le parole del presidente Luis Lacalle Pou, interpellato a seguito della notizia di una violazione ai danni di una donna di 30 anni da parte di quattro uomini.

"Quando il presidente disse 'che le violazioni non è propria dell'essere umano né del genere maschile', non fa altro che negare la realtà e nascondere un problema grave come società”.

Le partecipanti gli hanno chiesto di ritrattare le sue parole e passi ai fatti, dimostrando un reale impegno e la "sua responsabilità come capo di Stato, di proteggere a tutta la cittadinanza, comprese le donne, dissidenti, bambine, bambini ed adolescenti”.

"Sappia Lei, signor presidente, che i violentatori sono esseri umani e principalmente maschi, figli sani del patriarcato!", e gli reclamarono: "Si educhi, uomo!".

Così come si legge in un cartello riportante le parole del presidente cancellate e riformulate dal gruppo di giovani di Our Voice "queste azioni sono propri dei sani figli del patriarcato”.


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La realtà: l"imbuto" denunciato dagli operatori giudiziali
Ore prima, le dichiarazioni ai mezzi stampa del pubblico ministero specializzato in Reati Sessuali, Silvya Lovesio, sono stati chiarificatrici su una realtà che ci colpisce. Ha detto in concreto: "Sono molte le investigazioni che parallelamente continuiamo a portare avanti ed è impossibile avere pronte le risposte che ci piacerebbe avere in tempo". Dopo queste parole, l'indignazione è salita ancora echeggiando in ogni angolo del paese.

Gli operatori della giustizia in servizio alla Procura di Delitti Sessuali hanno manifestato che, per questo motivo, esiste una priorità al momento di investigare i casi che poi si riflette nei ritardi nel presentare i rapporti, redigere dati e realizzare perizie. Esistono anche ritardi nel chiedere misure cautelari e nella preparazione di prove per i processi. 

Tanto Lovesio come un altro pubblico ministero, Darviña Vedesse, hanno insistito nella necessità di creare più sedi per essere in grado di rispondere a queste denunce che sono aumentate in modo esponenziale nell'ultimo anno.

I fatti di violazione che accadono nella nostra società sono prodotto di un maschilismo radicato nel nostro modo di essere. La cultura della violazione fa parte delle istituzioni, dei posti di incontro comune, e dei vincoli che manteniamo dentro i parametri che questa società ci ha inculcato.


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Non c’è altra scelta, non c'è altro modo, di sradicare questo male endemico, che continuare ad insistere. Con perseveranza senza mai arrendersi fino a quando, finalmente, il patriarcato smetterà di esistere, e l'uguaglianza regni tra gli esseri umani, tra le figlie e figli di questa terra.

Foto di copertina © Mediared

Foto interne © Our Voice/Antimafia Dos Mil: Romina Torres

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