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“A Trapani potere saldamente nelle mani della famiglia Messina Denaro”

Spesso si parla dell'evoluzione della mafia, sempre più imprenditoriale e fortemente connessa al tessuto sociale ed economico. Una mafia che ha saputo rafforzarsi, nonostante la crisi pandemica. Spesso si ritiene che tra tutte le consorterie criminali ad eccellere in questa connotazione sia la 'Ndrangheta, ma da qualche tempo anche Cosa nostra ha saputo assumere questa forma con maggior forza, fino a diventare quasi invisibile.
L'allarme, adesso, viene lanciato anche da Matteo Frasca, presidente della Corte di Appello di Palermo, nella relazione redatta per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2022: “Nonostante il rilevante rallentamento di tutte le attività economiche di Cosa nostra nella fase più acuta dell'emergenza epidemiologica, si deve rilevare che, al contrario della mafia 'militare territoriale', la mafia 'imprenditrice', nel senso più ampio del termine, non mostra segni di cedimento; anzi si può ragionevolmente presumere nel prossimo periodo, anche in considerazione dell'annunciato incremento del Pil nazionale, un'espansione di tutte le attività con fini di lucro: dall'acquisizione di aziende al riciclaggio in ambito nazionale ed internazionale".
"Non può tacersi - sostiene Frasca - che la realtà palermitana rimane sostanzialmente ancorata a un'associazione mafiosa forte e pervasiva che si è fatta essa stessa impresa o che si è impossessata delle imprese". L'area economica sulla quale punta la mafia è quella dei servizi alberghieri, di ristorazione, di trasporto, di gioco, "attinenti dunque al settore alimentare, al turismo e allo svago, che si stanno rivelando nevralgiche nel reinvestimento dei capitali illeciti".
Altro dato allarmante è che con la pandemia gli uomini d'onore di Cosa nostra hanno "rafforzato la 'funzione sociale' al fine di mantenere il controllo del territorio di riferimento ed allargare la base del consenso, necessario, al pari della forza di intimidazione, per la sopravvivenza stessa dell'associazione". Infatti, è scritto nella relazione, nelle ultime indagini è emerso come Cosa nostra impone le sue decisioni per la risoluzione delle problematiche più varie, come litigi familiari per motivi sentimentali, occupazioni abusive di case popolari, sfratti per mancati pagamenti di affitti, intercessioni per intraprendere attività economiche, modalità e tempi di pagamento di debiti rimasti insoluti, recupero di beni oggetto di furto. E anche feste di quartiere e, in alcuni casi, "sostegno delle famiglie più bisognose mediante la fornitura, diretta o indiretta, di generi di prima necessità".


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Mafia e corruzione in crescita
Concentrandosi in particolare nell'analisi del distretto di Palermo si evince come siano in aumento le denunce per mafia e quelle per corruzione. Diversamente sono stabili quelle per reati contro la pubblica amministrazione. “Anche se le denunce per reati contro la pubblica amministrazione segnalano un lieve incremento (da 3.799 a 3.832 con una variazione dell'1%) - si legge nella relazione - per altre fattispecie le variazioni sono più consistenti. Le concussioni sono aumentate da 12 a 19 (+58%), le denunce per corruzione sono cresciute del 4% (da 81 a 84) mentre quelle per peculato sono diminuite da 104 a 82. Sono tornate a crescere anche le truffe e le accuse di indebita percezione di contributi, finanziamenti concessi dallo Stato, da altri enti pubblici o dall'Unione europea. Da questo punto di vista Cosa nostra, secondo Frasca, continua a esercitare il suo "diffuso, penetrante e violento controllo sulle attività economiche, imprenditoriali e sociali del territorio". Se negli anni precedenti il dato statistico aveva mostrato qualche cenno di diminuzione Frasca rileva che nell'ultimo anno le denunce sono state 79 mentre erano state 50 e 77 nei due anni precedenti. A livello distrettuale quindi si registra un incremento del 58%.

Il potere in mano a Messina Denaro
Per quanto concerne la provincia di Trapani, il potere mafioso "è ancora saldamente nelle mani della famiglia Messina Denaro".
Nell'ultimo anno, "l'azione investigativa ha prodotto alcuni arresti, anche vicinissimi al contesto relazionale del latitante – ha sottolineato il Presidente della Corte d'Appello - Alcune indagini poi, hanno svelato intrecci e cointeressenze tra il mondo imprenditoriale più vicino a Cosa nostra trapanese e il mondo della politica, con diverse indagini durante le quali sono state elevate imputazioni nei confronti di ex deputati regionali e nazionali, esponenti politici locali e canditati nelle diverse competizioni elettorali". "Certamente grave e inquietante - ha evidenziato Frasca - anche al di là della rilevanza penale delle singole condotte, la riservata interlocuzione, registrata nel corso di diverse indagini preliminari, tra esponenti mafiosi e amministratori locali. Consistenti pure le emergenze relative ai rapporti con alcuni dirigenti della burocrazia regionale, coinvolta, in alcune occasioni emerse dalle indagini nei confronti di soggetti contigui a Cosa nostra, in vicende corruttive di notevole rilievo".

La crescita del traffico di droga
Nella relazione un importante spazio viene dato alle fonti di reddito di Cosa nostra. E da questo punto di vista emerge come "il traffico degli stupefacenti gestito da Cosa nostra (e principale fonte di reddito di quest'ultima), nonostante il 'martellamento' costante delle operazioni anti-droga, a parte un modesto rallentamento nel periodo più acuto della crisi epidemiologica, non conosce crisi, anzi appare in espansione; si deve ritenere che il fenomeno sia strettamente legato a problematiche sociali e culturali, alla base della costante 'domanda', che non possono essere risolte solamente dall'attività repressiva; senza entrare nel merito circa il se, il quando e l'entità di eventuali innovazioni in materia (che spettano esclusivamente al Legislatore), si può ragionevolmente presumere che anche 'l'annientamento' di cosa nostra comporterebbe solamente un cambio di 'gestione' dei traffici ad opera di altre organizzazioni criminali".


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Il superboss di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro


Duro colpo alla mafia nigeriana
Tra le criminalità emergenti non manca il riferimento alla mafia nigeriana che, secondo la relazione, sarebbe stata smantellata. Parliamo di una delle organizzazioni più crudeli che si sono registrate nella città di Palermo e che trovava il proprio radicamento in particolare nel quartiere di Ballarò.
“La presenza di membri della Black Axe a Palermo - ha sostenuto Frasca - è venuta meno, come attestato dal chiaro contenuto delle intercettazioni successive agli arresti, nel corso delle quali, i membri di altri cult (gli Eiye, anch'essi poi destinatari di un fermo indiziato di delitto), esultavano per la scomparsa degli Aye, ossia dei membri della Black Axe, da Ballarò". Nel corso delle indagini, è stata accertata una catena di violenze, anche gravissime, nei confronti dei congiunti residenti in Nigeria delle vittime e dei collaboratori di giustizia. "Il rafforzamento della cooperazione - ha aggiunto Frasca - potrebbe, in questi casi, consentire: di individuare efficaci strumenti di tutela delle vittime sul territorio nazionale nigeriano; di agevolare il non semplice trasferimento dei soggetti vittime di intimidazione sul territorio italiano; di reprimere tali condotte direttamente in Nigeria, mediante uno scambio efficace di informazioni".

Il traffico di migranti
Un altro argomento affrontato è quello che concerne il traffico dei migranti, sempre più forte. Nel 2021, è spiegato nella relazione, si è registrata "un'ampia ripresa degli sbarchi provenienti sia dalla rotta libica che da quella tunisina e, di converso, dalla difficoltà di svolgere tempestive indagini a causa della quarantena a cui vengono sottoposti i migranti sopraggiunti nonché dalla elevata difficoltà, per mancanza di adeguata collaborazione internazionale, di identificare compiutamente i responsabili e di eseguire i provvedimenti custodiali". Proprio per approfondire la conoscenza delle singole zone africane in cui operano specifiche associazioni criminali, "sulla falsariga di quanto avviene negli altri settori della Dda, è stato assegnato uno specifico territorio" in modo da consentire "un osservatorio privilegiato e sempre più specialistico".
Dalle indagini compiute è stata possibile compiere “una lettura unitaria delle diverse associazioni transnazionali che, inizialmente apparivano scollegate tra loro, riuscendo ora a individuare l'esistenza di una regia centralizzata e verticistica, riconducibile anche ad appartenenti alle Istituzioni libiche, che governa e condiziona le attività dei numerosi gruppi criminali dediti all'immigrazione clandestina e alla tratta". Quindi “è stato possibile ipotizzare non solo la sussistenza, a monte, di un'organizzazione tunisina dedita al favoreggiamento dell'immigrazione, ma anche ritenere che essa abbia iniziato a operare in stretto contatto con i trafficanti libici".


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© Imagoeconomica


Aumento delle denunce di pizzo e delle misure di prevenzione
Sempre nel distretto di Palermo si registra, seppur a “macchia di leopardo”, un "notevole incremento delle denunzie presentate dalle vittime di estorsione, caratterizzate dalla volontà di collaborare senza riserve con la giustizia". Tra gli esempi differenti messi in evidenza ciò che è avvenuto nel mandamento mafioso di Porta Nuova dove “ben quindici imprenditori, soprattutto del settore edile, indicavano compiutamente gli autori dei reati”, mentre nel mandamento di Ciaculli-Brancaccio “non una sola vittima di estorsione si è fatta avanti".
Dati importanti provengono invece sul fronte delle misure di prevenzione con un incremento delle confische di beni e misure di risanamento delle aziende infiltrate dalla mafia. I procedimenti pendenti alla data del primo luglio 2020 erano 842 a cui se ne sono aggiunti 483. C'è stato quindi un incremento di casi del 48 per cento rispetto all'anno passato. Un esame delle proposte di prevenzione patrimoniali rivela un nuovo orientamento nei provvedimenti di confisca e di sequestro che hanno perso il loro tradizionale primato. Ora viene privilegiata una prospettiva terapeutica che mira alla bonifica e riabilitazione delle attività economiche contaminate.

La necessità di una vera rifondazione della giustizia
Ovviamente non poteva mancare l'accenno sulla necessità di una vera riforma della giustizia, che sappia superare lo stato di crisi che si è registrato negli ultimi anni.
"L'anno giudiziario che ci apprestiamo a inaugurare - ha detto Frasca nell'introduzione - si apre da un lato con la consapevolezza della persistenza dell'emergenza sanitaria con la quale saremo purtroppo costretti a convivere forse ancora non per breve tempo e dall'altro con la speranza che sia stata finalmente avviata, partendo proprio dai danni umani e sociali causati dalla pandemia, una vera e propria rifondazione della giustizia". "L'epidemia ha messo definitivamente a nudo le gravi criticità in cui versa la Giustizia – ha aggiunto - sono bastati i due mesi dell'inedito blocco dell'attività giudiziaria per arrestare il faticoso e lento processo di recupero avviato da un decennio e per determinare una inversione di rotta, fortunatamente temporanea ma al tempo stesso sintomatica del fatto che il sistema operasse al limite delle sue possibilità a prezzo di impegno dei suoi attori talvolta anche oltre il limite dell'esigibile".
Frasca ha evidenziato come "per decenni il processo, soprattutto quello penale, ha costituito terreno di scontro politico e il tema della sua ragionevole durata è stato affrontato con il surrettizio impiego della disciplina della prescrizione del reato, praticamente trattando la patologia cronica della eccessiva durata del processo con un'altra patologia che non ha risolto nulla ma semmai ha aggiunto altre criticità". "Anche nel campo della giurisdizione civile sono intervenute modifiche del codice di rito tanto suggestive quanto inefficaci senza una progettualità autentica e globale - ha proseguito - E' pressoché superfluo elencare le gravissime conseguenze della lentezza del processo civile, non soltanto sul versante dei diritti individuali controversi, ma anche come fattore di accentuazione di diseguaglianza a danno di chi non può attendere tempi lunghi, nonché sulle ricadute nel bilancio dello Stato esposto alle azioni risarcitorie ex legge Pinto, che in questo distretto solo nel 2021 hanno comportato un esborso di oltre 4.350.000 euro". "Oggi - ha concluso il presidente della Corte d'Appello di Palermo - finalmente, si è compresa la necessità di intervenire con proposte organiche di riforma, che mostrano la consapevolezza che la ragionevole durata del processo è ancorata alla sua efficienza e che questa può essere assicurata solo attraverso la contestuale adozione di interventi a diverso livello e che operino sinergicamente. Le complesse e articolate proposte di riforma, sia civile sia penale, al netto di talune criticità, investono praticamente tutta l'articolazione del processo, eliminando o riducendo drasticamente gli inutili fattori di rallentamento privi di reale funzione di garanzia". E poi ancora ha affermato quest'oggi: "Bisogna evitare che la tardiva o insufficiente soddisfazione della domanda di giustizia si traduca in un pericolosissimo fattore di legittimazione sociale di organizzazioni criminali fortemente radicate nel territorio". Quindi ha denunciato le carenze di organico nel Tribunale di Palermo: "L’organico del tribunale — composto dal presidente, da 17 presidenti di sezione, da 111 giudici (aumentato di 1 unità con decreto del 2020), di cui 8 giudici del lavoro, e da 63 giudici onorari — è da tempo inadeguato a far fronte alla domanda di giustizia, aumentata in maniera esponenziale, senza che correlativamente sia stato accresciuto il numero dei magistrati addetti all’ufficio". Attualmente "mancano 9 giudici e 2 presidenti di sezione, oltre che 10 giudici onorari. L’esigenza di un adeguamento dell’organico è rafforzata dalla circostanza che si tratta non solo di uno degli uffici giudiziari di maggiore rilievo nel contesto nazionale, ma anche di un luogo di amministrazione della giustizia dotato di un forte valore emblematico nel contesto internazionale".


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I buchi del 41 bis e le norme premiali come favori alla mafia
Un altro aspetto affrontato nella relazione è quello che riguarda le discipline premiali, previste "anche per i detenuti ergastolani". Quest'ultime, a cui si aggiungono i 'buchi' nel 41 bis, favoriscono anche i detenuti di mafia.
Sul punto Frasca ha sottolineato quanto avvenuto nella provincia di Agrigento dove "oramai da almeno sei anni" si è verificata una serie di fatti di reato quali omicidi e tentati omicidi, ritrovamenti di veri e propri arsenali di armi, anche del tipo da guerra, come kalashnikov ed esplosivi, da cui è possibile desumere "la progressiva recrudescenza di fatti criminosi di sangue nel territorio, dopo un periodo di sostanziale 'silenzio' da parte delle organizzazioni mafiose qui operanti, sia Cosa nostra sia Stidda. Peraltro, proprio con riferimento alla Stidda, è emerso dalle indagini svolte sino al febbraio 2021 che alcuni storici appartenenti, dopo avere ottenuto la declaratoria di 'impossibilità' della loro collaborazione, hanno sfruttato la "disciplina premiale", prevista anche per i detenuti ergastolani, "per ritornare ad agire sul territorio con i metodi già collaudati in passato e così rivitalizzare una frangia criminale-mafiosa, quella della stidda, condannata da tempo all'estinzione, e proiettarla con spregiudicatezza e violenza nel territorio agrigentino in una competizione allo stato pacifica con Cosa nostra specie sul lucrosissimo, e dunque strategico, settore delle mediazioni nel mercato ortofrutticolo, uno dei pochi settori produttivi nella provincia di Agrigento".
Dalle indagini è inoltre emerso che Cosa nostra e Stidda hanno sancito "un accordo di pace tuttora vigente".
Inoltre sono stati registrati nelle carceri (comprese quelle dove vengono collocati i detenuti sottoposti al regime del 41 bis), in diverse occasioni, "preoccupanti spazi di gravissima interazione fra detenuti, fra detenuti e l'esterno nonché fra detenuti e appartenenti alla polizia penitenziaria; interazione che l'attuale sistema penitenziario non è riuscito, in tali momenti, a evitare". Tutti elementi che, mentre in Commissione giustizia si lavora sulla nuova disciplina dell'ergastolo ostativo, dovrebbero essere tenuti in grande considerazione.


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Annamaria Palma © Emanuele Di Stefano


Sull'importanza della legge sull'ergastolo ostativo è intervenuta anche Annamaria Palma, procuratore generale (facente funzioni) a Palermo: "L'ergastolo ostativo è un presidio. Il giusto principio costituzionale del fine rieducativo della pena può essere applicato soltanto se lo Stato persegue la strategia di colpire il punto di forza della mafia, che è il vincolo associativo. Semplice dissociazione e buona condotta non sono requisiti idonei perché il mafioso sposa fino alla morte le regole di Cosa nostra, oppure deve scegliere la strada della collaborazione confessando tutti i propri e altrui reati e i patrimoni illecitamente accumulati". "Il doppio binario, faro delle attuali scelte legislative, non va cancellato - secondo la procuratrice generale di Palermo - con una legislazione buonista che vanificherebbe i positivi risultati raggiunti. Mantenere l'attuale regime significa fare giustizia anche per coloro che, accettando le regole dello Stato, hanno consentito di fare luce su tanti misfatti - ha aggiunto - e di pervenire all'accertamento di verità, purtroppo ancora incompiute".
Successivamente, proseguendo la propria relazione, ha evidenziato come "il Procuratore di Palermo segnala un notevole incremento, seppure a macchia di leopardo, di denunzie senza riserve e di collaborazione con la giustizia degli estorti: nel mandamento mafioso di Porta Nuova ben quindici imprenditori hanno collaborato, nessuna denunzia negli altri mandamenti. L'importante novità nel settore, non induce, tuttavia, ad ottimismo; l'organizzazione non ha avuto alcuna riserva di fronte alle attività economiche piegate dalla crisi e costrette ad un fatturato minimo o anche a chiudere; 216 le estorsioni accertate nella provincia di Palermo, e soltanto il 6% delle vittime ha trovato il coraggio di denunciare". "Assistiamo ad una mafia ancora silente sotto il profilo delle azioni eclatanti - ha continuato -, anche se, grazie alla costante attività investigativa di magistratura e forze dell'ordine, sono stati evitati due omicidi di mafia che si trovavano in fase di progettazione. Più silenzio equivale a maggiore possibilità di infiltrazione nel tessuto economico. Perché cosa nostra - ha aggiunto - non ha cambiato identità: farsi legge al posto dello Stato, anche utilizzando il voto di scambio è il suo modus operandi".

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