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Trasmesso su La7, in esclusiva per l’Italia, il docu-film 'Corleone - Il potere e il sangue' di Mosco Lévi Boucault potere e sangue''

Mercoledì sera è andata in onda su La7 il programma “Non è l’Arena” con una puntata speciale sulla mafia e la lotta alla criminalità organizzata. "La mafia non è più quella della lupara e della coppola, quella delle stragi; oggi la mafia è a Milano, Berlino, Amsterdam, in Belgio, a Londra: fa comodo a tutti non parlarne perché la nostra è una società che ormai ricicla quantità industriali di denaro, bisognerebbe bussare a qualche banca per capirlo”, aveva detto Massimo Giletti, conduttore del programma, in un’intervista a Il Corriere della Sera annunciando l’appuntamento. Ospiti della serata sono stati l’ex Procuratore capo di Caltanissetta, Sergio Lari (oggi in pensione), l’avvocato Luigi Li Gotti e la giornalista Sandra Amurri. Tra i vari temi toccati in trasmissione, emerge, sugli altri, quello inerente all’ergastolo ostativo e la normativa che a breve il Parlamento dovrà ritoccare seguendo le linee guida della sentenza della Cedu e della Consulta, la quale ha reso incostituzionale l’ergastolo ostativo e allargato, di fatto, le maglie per i boss irriducibili consentendo loro di accedere a permessi premio senza collaborare. Sul punto Li Gotti - legale del pentito Giovanni Brusca, boss di cosa nostra condannato per la strage di Capaci (oltre a decine di omicidi) e ora di nuovo in libertà dopo 25 anni di carcere - ha affermato in studio che “il rischio più grande che corrono i mafiosi è la condanna all’ergastolo”. “Cioè la definitività della carcerazione”, ha puntualizzato. “Ma fin quando si apre la possibilità di avere degli accessi non collegati più alla presunzione, ma da dimostrare - addirittura intervenendo con l’inversione dell’onere della prova e l’accusa deve dimostrare la persistenza di legami con la criminalità - allora è chiaro che c’è un ritorno al comando”, ha osservato il legale. “Perché dentro (le carceri, ndr) ci sono centinaia di mafiosi condannati all’ergastolo. In questo modo si spalanca una porta, è un grimaldello”. Dello stesso parere è anche la giornalista Amurri la quale sostiene che “la specificità del fenomeno mafioso non la si può equiparare ad un’organizzazione segreta”. Sul punto anche il conduttore Giletti ha detto la sua ricordando come l’allentamento delle misure contro i boss irriducibili, e quindi del 41bis, “fa parte del papello”. “Tutto riconduce alle famose richieste che la mafia fece allo Stato per far cessare le stragi”.


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Nel corso della serata si è parlato anche di tematiche interessanti come il no, da parte dell’ex Procuratore capo di Caltanissetta, Sergio Lari, alla richiesta avanzata dalla Pm Ilda Bocassini di essere applicata alle indagini sulle dichiarazioni del collaboratore, Gaspare Spatuzza. L’ex magistrato della procura nissena ha confermato quella circostanza precisando che glielo “chiese anche Piero Grasso, ma rifiutai lo stesso, perché - ha spiegato Lari - lei aveva, più volte, interrogato Scarantino prima di capire che era un falso pentito" e "aveva collaborato con l'allora Questore Arnaldo La Barbera e noi dovevamo sentirla come testimone". A seguito del dibattito è stato trasmesso da La7, in esclusiva per l’Italia, il docufilm 'Corleone - Il potere e il sangue' del regista francese Mosco Lévi Boucault. Un lavoro, questo, presentato alla Festa del Cinema di Roma del 2019, che narra, attraverso la testimonianza degli assassini del clan divenuti in seguito collaboratori di giustizia (Gaspare Mutolo, Giuseppe Marchese, Gaetano Grado e Giovanni Brusca) la sete di potere di una mafia sanguinaria, come quella dei cosiddetti ''corleonesi'' e i disegni criminali e gli orrori del loro capo, Totò Riina. Non solo, nel docufilm si riflette anche sull'eterno conflitto tra il male della mafia e la virtù della legge incarnata dall'impegno di uomini della caratura di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ma anche di tanti magistrati e servitori dello Stato.

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